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Il diario di Gloria Chilanti

Il diario di Gloria Chilanti

La nostra Storia - Lezioni di democrazia e di dissenso attraverso il diario di una tredicenne di sessanta anni fà che descrive Roma e le donne della Resistenza tra gennaio e settembre del 1944

Providenti Giovanna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2007

Mentre cercavo di conoscere qualcosa in più sulla realtà delle donne italiane durante la Resistenza, in particolare nei 272 giorni dell’occupazione nazi-fascista di Roma, ho fatto due scoperte che vorrei condividere con lettrici e lettori di “noidonne”.
La seconda scoperta, scaturita dalla prima, mi conferma qualcosa che vado capendo ogni giorno di più nel mio percorso di studiosa esterna alle logiche dell’accademia: moltissime cose belle, interessanti e “di spessore” si trovano al di fuori delle istituzioni di potere (siano esse politiche, culturali, religiose o artistiche), e trovano una sempre maggiore rispondenza tra sempre più persone che stanno imparando a perdere l’abitudine di essere solo ricettori passivi. Si crea una sorta di “propagazione” non ideologica né di mercato, un dono poco impegnativo, e anche poco regolamentabile che passando di cuore in cuore (oltre che di “bocca a bocca”, o “di mano in mano”), al di fuori dei canoni propagandistici consuetudinari (e “di regime”) può trasformare il mondo in maniera lenta, profonda e… altrove da logiche lineari e manichee.
La prima scoperta voleva essere l’argomento di questo articolo, ovvero il mio dono a chi mi legge: il diario di una adolescente, che, a distanza di mezzo secolo, diventa un libro stampato, e poi viene trasposto in teatro, e poi diventa anche un film, vincendo persino dei premi e facendo parlare di sé, facendosi conoscere da un pubblico piccolo e attento. E due professoresse di una scuola media di Roma (J.J. Winkelmann) hanno invitato i propri allievi a realizzare scritti, disegni e un cd (“1944 - Il sogno degli italiani: la libertà”), ispirandosi alle vicende della loro coetanea di sessant’anni fa, ma a partire da sé: dal modo in cui risponde una ragazza o un ragazzo di oggi all’esperienza di una ragazza che aveva la loro età mentre a Roma piovevano bombe e bisognava fare qualcosa per cacciare via i tedeschi.
Sì, sentiva questo come un bisogno Gloria Chilanti, la tredicenne autrice del diario, intensamente scritto tra il gennaio e il settembre 1944, pubblicato da Mursia nel 1998 con il titolo “Bandiera rossa e borsa nera. La resistenza di una adolescente.” Per Gloria così come bisognava procurare il cibo che scarseggiava era urgente e importante darsi da fare all’interno delle fila della resistenza al fascismo e al nazismo per liberare Roma (e se stessa e la propria famiglia) da una condizione di indigenza e di mancanza di libertà di espressione provocati dalla Storia.
Vedendola più da vicino, e mi commuovo nel leggerla, mi commuovo ancora di più a pensare alle due professoresse della scuola di Roma che guardando i disegni e gli elaborati dei loro ragazzi li scoprivano sensibili e motivati, e desiderosi di potere anche loro “fare qualcosa”. Certo forse per Gloria era, da un certo punto di vista, quasi più facile. Almeno finché rimangono chiare le priorità, e la stanchezza è compensata dal desiderio dell’imminente liberazione: “sono molto stanca ma sono tanto felice perché so che presto sarà finita, in questi giorni si sente un’aria nuova”, scriveva il 26 maggio 1944.
Nel diario, scritto giornalmente, la si segue nei suoi lunghissimi tragitti “a piazza Vittorio, Campo de’ Fiori, Tor di Nona, Monte d’oro, tutto a piedi per trovare delle uova e delle verdure”, tra fatica, scarpe rotte e clandestinità, per bisogno sia di cibo che di libertà. Figlia di partigiani (“ovvio che non potevo andare a scuola essendo mio padre ricercato dalla polizia fascista in quanto ex confinato politico”) la giovanissima Gloria comincia la sua militanza politica nel novembre del ’43: “avevo ancora 12 anni perché nata il 10/2/1931, spinta da mia madre cui servii a volte per coprire qualche collegamento mancato, qualcuno che per paura non era venuto”. E non si limita ad aiutare la madre ma fonda anche una organizzazione di ragazzi “liberi e ribelli”, chiamata COBA dal diminutivo infantile di Stalin, “riconosciuto come organo giovanile del Movimento, esattamente il 24 gennaio 1944” e che aveva “assoldato anche degli adulti, chiamati baffuti, tra cui Ennio Flaiano, Guido Piovene, Fidia Megaroni”. Ma accanto e attraverso tutta una serie di carichi famigliari e politici, che possono apparire poco adatti ad una ragazza di quell’età, traspare l’anima di bambina che pensa a ornare la sua bambola, a non far dispiacere la propria mamma, a divertirsi andando al cinema, a trasformare in vantaggio la propria condizione (“anche se non sono andata a scuola conosco tante cose che nessun bambino sa: so vivere e ho in mano tante ricchezze”) e che sta partecipando ad un gioco molto intrigante anche se pericolosissimo: “oggi la mamma sul tram si è presa uno spaghetto bello forte perché mentre andava alla Città Universitaria a portare le copie di “Bandiera Rossa”, sul tram 10, una scema di una donna aveva smarrito i documenti e allora la polizia sbarrava le porte e stava già cominciando a perquisire quando quella si trovò i documenti in un angolo della borsa. Figurarsi lo spavento della mamma che aveva quel po’ po’ di pacco di giornaletti. Anche questa volta la sua buona stella l’ha seguita.”
Il gioco cambia dopo la liberazione. Dopo i primi momenti di entusiasmo, la fame e le difficoltà quotidiane compaiono al ritmo di prima, e anche se adesso volantini e bandiere rosse possono essere esposti pubblicamente insorgono nuovi problemi, nuove arroganze e conflitti all’interno delle file degli antifascisti. E a questo punto del diario emerge in tutta la sua limpidezza la protagonista di questo testo fin dalle prime pagine: Viviana Carraresi, la madre di Gloria. Prima della liberazione compare attiva nel compiere tutto quanto competeva alle donne partigiane dell’epoca: nascondere, sfamare e vestire i perseguitati, accompagnare i prigionieri fuggitivi o i disertori in nuovi nascondigli, fare la postina della stampa clandestina, trasportare armi ed esplosivi etc. Dopo la guerra la vediamo assumersi carichi ancora più difficili: di quelli che vanno in tutt’altra direzione dalla logica dei vincitori e vinti. La vediamo lucida e attenta a impedire che donne che avevano avuto contatti coi fascisti (spesso per ragioni di sopravvivenza), e che ora erano considerate spie, venissero trucidate dalla follia vendicativa di alcuni esaltati; a non permettere che alcuna donna (Gloria stessa batteva a macchina le liste delle donne di “bandiera rossa”) venisse esclusa dal passaggio del gruppo al P.C.I., e a contrastare le arroganze maschili vestite di liberazione. Racconta Gloria: “Stamattina sono stata al Congresso a via dei Giubbonari dove hanno parlato Poce e Filiberto e tutti i capi (zona, sezione, gruppi cellula) e c’erano più di cento donne (tutte della nostra sezione e tutte le nostre capo-zona). Ad un certo punto, mentre parlava Sbardella ad un cenno di mamma tutte le compagne sono uscite dall’aula… Sbardella parlava come Mussolini con gli stessi gesti”.
Lezioni di democrazia e di dissenso: apprendistato di una ragazzina di più di sessant’anni fa.
Il libro è stato trasposto in film diretto da Andrea Molaioli nella serie “Diari della Sacher “, documentari per Raitre e Tele+, prodotti da Angelo Barbagallo e Nanni Moretti. La riduzione teatrale è invece opera di Alessandra Pasi (attrice-autrice-regista,), “già attivista teatrale col suo spettacolo d'esordio dedicato al G8 di Genova, pure in questo lavoro muove da una spinta a comprendere e a far meglio comprendere, a partire dalla propria generazione, la storia recente del nostro paese”.

(7 agosto 2007)

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