Login Registrati
Il costo sociale della violenza contro le donne - intervista a Oria Gargano

Il costo sociale della violenza contro le donne - intervista a Oria Gargano

Post legge 1540 - Donne dentro i movimenti e sul territorio

Giovedi, 24/10/2013 -

La violenza contro le donne nella narrazione dei media è ritornata nello spazio che le è stato da sempre assegnato, ovvero tra le pagine di cronaca nera. Eppure questo è un momento che andrebbe raccontato e narrato perchè proprio a seguito dell'approvazione "d'urgenza" del decreto 93 - noto come Decreto sul femminicidio, in realtà si tratta più propriamente di un pacchetto sicurezza - trasformato in legge (1540) lo scorso 11 ottobre, si è creato un enorme fermento dentro i movimenti femministi e tra le operatrici e gli operatori impegnati nel contrasto alla violenza contro le donne, e le opinioni in merito al provvedimento e a quello che ne seguirà sono varie e diverse. La convizione che ha animato i sostenitori della legge, all'interno dei due maggiori partiti, era che occorresse intervenire d'urgenza per arrestare le morti e le violenze subite dalle donne, quasi sempre da parte di partner, ex, padri, mariti, figli, fratelli, ecc...



Queste morti, 124 nel 2012, 100 al momento nell'anno in corso, ad un mese e un giorno dall'approvazione della legge, non accennano a diminuire e continuano a riempire gli spazi di cronaca nera sui giornali. Italiani o stranieri le vittime e gli aguzzini, i femmicidi avvengono da Nord al Sud e non si arrestano. Insomma, tutto come prima quell'11 ottobre, che era stato salutato dal Governo di larghe intese come il raggiungimento di un traguardo importante nella lotta alla violenza maschile contro le donne. E invece nulla è cambiato, e quello che maggiormente inquieta è che i politici, sopratutto quelli favorevoli alla legge, non parlano già più del fenomeno e di come intendono intervenire sulla cultura e sugli stereotipi di genere, argomenti centrali della Convenzione di Istanbul, luminoso faro al quale ispirarsi per riequilibrare quel potere sbilanciato tutto a favore degli uomini all'interno della nostra società e causa profonda della violenza contro le donne. "Fatta la legge, trovato l'inganno", verrebbe da dire, e la mistificazione della legge in questo caso è dentro la norma stessa che affronta il tema come un problema di ordine pubblico e sicurezza, dimenticando la violenza e il sessismo degli spot, degli insulti sui social media e nella vita reale, ma anche le disparità salariali, la mancanza di donne nei ruoli decisionali e tutti quegli aspetti che, messi in relazione, il World Economic Forum elabora nel Global Gender Gap Index, un indicatore che ci dice come sono messi i paesi del mondo in fatto di equità di genere. L'Italia è al 71° posto, lontana dai paesi limitrofi dell'UE, e c'è ancora tanta strada da fare in tutti i campi per arrivare ad una situazione dignitosa. 



Insomma, non c'è da stare sereni, ed è evidente che sarebbe un clamoroso errore pensare che questa legge potrà segnare, per il semplice fatto di essere stata approvata, una svolta concreta. Ad ogni modo, dato che si parla di un legge in vigore, da adesso e nei prossimi mesi, occorrerà monitorare, senza sconti, il miglioramento della risposta delle Istituzioni a fronte delle denunce delle donne maltrattate e l'efficacia delle aggravanti introdotte. E, per quanto riguarda i media, a servizio dei lettori e dei cittadini, è da augurasi che lavorino per tenere alta l'attenzione sul dibattito e sui contributi che provengono dai movimenti femministi e dalle organizzazioni che lavorano sul territorio. Noidonne si impegna in questo compito e proporrà settimanalmente un report sui nuovi casi e sugli avanzamenti, nonchè l'intervista ad una donna impegnata, nell'ambito della sua professione, nel contrasto alla violenza contro le donne. 




Nel mondo del femminismo romano, e direi nazionale, donne come Oria Gargano, Presidente della Cooperativa Sociale BE FREE contro la tratta, le discriminazioni e la violenza contro le donne, non ha bisogno di molte presentazaioni. Un lavoro sul campo quotidiano con progetti come lo sportello all'interno del Pronto Soccorso dell'Ospedale San Camillo di Roma, il Servizio antiviolenza SOS DONNA H 24 di Roma Capitale, l'assistenza per le vittime di tratta all'interno del CIE di Ponte Galeria. Oria, insieme alle rappresentanti di altri centri anti-violenza e di associazioni che lavorano sul territorio, si scontra quotidianamente con la miopia che spesso colpisce le istituzioni quando decidono di legiferare-regolare-intervenire nel contrasto alla violenza contro le donne. Tentativi maldestri, spesso frutto della logica frequentemente in uso in Italia in molti settori del "calare dall'alto" politiche e strumenti, conditi dall'inadeguatezza delle risorse. Noidonne le ha chiesto un'opinione su come andare avanti, adesso che il decreto è legge, provando almeno a spendere bene quelle poche risorse stanziate per i centri e per il Piano di educazione e prevenzione.



Quali sono le pratiche che, dopo questi lunghi anni di esperienza sul campo, lei e la sua cooperativa si sente di promuovere? 

 

“Bisogna innanzitutto rivedere la definizione di centro anti-violenza che in Italia erroneamente è considerato nell'immaginario di tutti solo quello con la residenzialità, ma questo è uno dei modi  per fare degli interventi. Il nostro servizio H24 SOS donna del Comune di Roma è un centro anti-violenza, così come lo è lo sportello dentro il Pronto Soccorso dell'Ospedale San Camillo. E' giusto dunque finanziare i centri ma è necessario pretendere determinati requisiti. Al momento non esiste infatti in Italia la definizione di operatrice di centro anti-violenza, considerata “operatore sociale”, una definizione generica che non tiene conto della professionalità che obbligatoriamente un’operatrice antiviolenza deve avere, perchè un'operatrice non competente può fare enormi danni nella vita di donne che di tutto hanno bisogno tranne che di altri guai. Sulla tratta degli esseri umani, esiste un lavoro della Comunità Europea con esperti di ogni paese, i cui referenti per l'Italia erano Isabella Orfano, Pippo Costello e la magistrata Elisabetta Rosi, che stabilisce come deve essere costituita l'equipe che si interfaccia con le vittime di traffico umano: un'equipe stabile, constantemente formata e supervisionata. Sembra una cosa normale, ma invece no, perchè, nell'ambito dei centri antiviolenza, sono poche le realtà che osservano questi standard e che tengono adeguatamente alla formazione delle operatrici, spesso sottopagate, lasciate sole, senza una supervisione clinica. Bisogna dndare dunque a definire il ruolo professionale dell'operatrice e creare dei network tra i centri. A questo si aggiunge il tema della raccolta dati sul fenomeno e proprio i centri antiviolenza insieme, se ben coordinati, potrebbero fornire questi dati. Il Governo deve dunque dare ai centri le risorse che ha stanziato, con procedure lineari e bandi chiari, ma chiedendo che osservino degli standard.”

 

Il Piano nazionale contro la violenza sulle donne in scadenza a novembre è stato giudicato inefficace. Quali sono i punti più importanti su cui occorre ragionare?

 

"Un requisito fondamentale del Piano è la concertazione, bisogna dunque incontrare tutte le associazioni che operano sul territorio e farlo insieme. Il Piano deve poi diventare mainstreaming in tutte le politiche: deve esserci rspetto per la questione di genere dentro il Ministero dell'Economia, nel MIUR. La violenza non è un fenomeno a parte, ma sta dentro una serie di rapporti squilibrati tra maschile e femminile. Andare a rimuovere queste disparità è il vero senso del Piano nazionale contro la violenza sulle donne. Intendo per esempio un programma di educazione di genere fin già dalle classi di bambini più piccoli, così come la possibilità per i datori di lavoro di intervenire nei casi di violenza: se l'azienda è di grandi dimensioni, dovrebbe essere normale ad esempio spostarla agilmente in un'altra sede se è a rischio pedinamenti; nel caso in cui l'azienda sia di piccole dimensioni, occorre comunque immaginare un meccanismo per evitare che le donne perdano il lavoro. Le donne dovrebbero essere aiutate veramente, non basta dare delle forti pene ai maltrattanti, le donne devono essere messe in condizione di affrontare questo tipo di vicende con un sostegno adeguato."


Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®