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Il Corano secondo le teologhe e femministe

Il Corano secondo le teologhe e femministe

- Il ruolo delle donne nel lento processo di laicizzazione dell’Islam. Le lotte comuni delle femministe occidentali e di quelle musulmane

Stefania Friggeri Lunedi, 01/06/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2015

 “È il Corano l’ultima fonte di autorità … io credo fermamente che il Corano sia aperto ad interpretazioni multiple, come risultato dell’opera umana nel tentativo di comprenderlo a fondo … non esiste un’interpretazione congelata, ma varie interpretazioni dovute ad evoluzioni spaziali e temporali, nonché a differenze nella classe sociale, nell’ educazione, e nel genere di chi legge il Corano”. Queste le parole di Zeinah Anwar, intervistata da Anna Vanzan nel suo “Le donne di Allah” dove dà voce alle femministe che cercano di smontare la lettura tradizionale del Corano in chiave patriarcale e misogina. Afferma ad esempio Rashida: “l’Islam prevede già i pieni diritti delle donne, il femminismo islamico altro non è che la riscoperta di quei diritti” ed aggiunge “in questo senso il femminismo islamico si pone in fase inversa rispetto a quello occidentale: quest’ultimo rappresenta un balzo in avanti, mentre quello islamico deve tornare indietro, andare alla scoperta di quei diritti”.



 La figura delle teologhe che cercano la legittimazione dei loro diritti e chiedono di superare i vecchi dogmi giurisprudenziali, è presente da sempre all’interno del mondo musulmano ma la loro rivisitazione del Corano viene giudicata un freno alla modernità da parte degli intellettuali che professano idee eterodosse. Hamid Zanaz, ad esempio, fuggito all’estero, nel suo “Sfida laica all’islam” definisce il loro impegno “una rivisitazione mitica”, un tentativo fallimentare di modernizzare la società fornendo un “alibi razionale ad idee ormai scadute”, ovvero: il femminismo, se rimane prigioniero del Corano, non potrà vincere la sua sfida perché manca l’obiettivo di estromettere la religione dalla sfera pubblica e dai costumi della società. In verità anche all’interno dell’Islam in molti si fanno una domanda: è possibile progredire verso la modernità senza laicizzarsi? Alcuni paesi a maggioranza musulmana si stanno muovendo verso la laicità (in prima fila la Tunisia) ma altrove la laicità è vista come un’invasione culturale dell’Occidente, anzi viene vissuta come sinonimo di ateismo (Arabia Saudita in testa). E le femministe, che reinterpretando il Corano cercano di superare la contraddizione fra teologia e modernità, sono accusate di slealtà verso la cultura di appartenenza, di importare idee dall’Occidente colonialista: ancora una volta nella storia il corpo delle donne (l’uso del velo, il controllo della sessualità) viene strumentalizzato per marcare l’identità di una cultura e la sua diversità rispetto alla cultura dell’altro. Le teologhe/femministe, secondo il costume abituale dei commentatori dei testi sacri, cercano con la loro straordinaria competenza filologica di enucleare il significato esatto del testo ma dalle università e dall’autorevolezza di singoli studiosi sono uscite, e tuttora escono, interpretazioni diverse dei versetti, alcuni molto discussi.



Sono parecchi, infatti, i versetti che mettono in difficoltà le teologhe musulmane. Nella sura Nissa (donne) il versetto 3 recita (traduzione di F. Peirone, Mondadori): “Se avete paura di non trattare con equità gli orfanelli sposate pure due, tre o anche quattro donne di cui siete innamorati; ma se temete di diventare ingiusti, sposatene una sola, o ricorrete alle vostre schiave”, e il versetto 34: “Gli uomini hanno sulle donne autorità per la preferenza che il dio ha concesso al maschio sulla femmina e a causa di ciò che essi hanno speso per loro delle sostanze proprie. Le femmine che si rispettano sono sottomesse, gelosamente custodiscono l’onore in assenza del marito in cambio della protezione che Dio ha concesso loro”. E ancora: il Corano non si rivolge genericamente all’umanità ma si rivolge ai maschi, talora con un tono autoritario ed insieme simpatetico, ad esempio “anche se siete perdutamente innamorati” è meglio sposare una schiava credente di una donna non musulmana. La storia ci insegna che l’Europa è passata dall’impianto teologico tradizionale dei doveri (verso Dio e verso il principe) a quello secolarizzato dei diritti solo quando ha provato disgusto ed orrore per tutto il sangue versato nelle guerre di religione (la guerra dei Trent’anni ha provocato, in proporzione, più morti della Seconda guerra mondiale). Ed oggi nel mondo islamico, per conquistare il dominio della “umma” (e per la supremazia geostrategica), i sunniti, sostenuti dall’Arabia Saudita filoamericana, combattono gli sciiti, che guardano all’Iran filorusso. Oggi, sullo sfondo delle primavere arabe, la barbarie criminale dei conflitti di matrice religiosa induce molti musulmani a guardare senza sospetto al principio tradizionalmente rifiutato come prodotto di importazione, ovvero la laicità. Le femministe/teologhe forse preparano davvero il terreno all’avvento della laicità, ma intanto conforta vederle lottare insieme alle femministe laiche, consapevoli, queste e quelle, che per mutare il contesto culturale occorre riunire le forze e combattere insieme sui punti comuni, a partire dal diritto di famiglia.

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