A tutto schermo - Da Milano alla Sicilia, il viaggio della regista Roberta Torre che produce i suoi film perché in Italia “c’è poco spazio per la sperimentazione”
Mirella Mascellino Venerdi, 23/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2011
Roberta Torre è una regista milanese, impegnata, brillante e singolare, siciliana d'adozione, ma cosmopolita nella dimensione. Tano da morire, musical-sceneggiato, nel 1997 le fa conquistare la popolarità, seguito da Sud Side Story. Ad essi seguono film drammatici come Angela, o noir come Mare nero, fino all'ultimo poetico I baci mai dati, girato nel quartiere popolare di Librino a Catania. Nel suo cinema emergono sempre delle figure femminili originali e un'umanità travagliata e sognatrice. Interessanti i suoi reportage girati a Palermo, inchieste socio-antropologiche in cui vi è una stretta commistione tra documentario e finzione, dove la realtà più cruda è mescolata a toni teatrali e stranianti. Tra questi Angelesse ritratti di donne della periferia palermitana o Spioni, girato nel quartiere Borgo Nuovo di Palermo, sulle opinioni dei bambini sui significati di mafia, mafioso e pentito. (Info: www.robertatorre.com)
Sei la regista dello spot “doppia difesa” contro la violenza sulle donne, video dell'associazione di Giulia Bongiorno e Michelle Hunziker. Com'è nata la collaborazione?
Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno mi hanno chiesto di realizzare questo spot ed io l’ho fatto con grande piacere, abbiamo lavorato un paio di giorni e il risultato è stato bello, uno spot forte e semplice contro la violenza, interpretato da donne e uomini.
Il cinema e le donne. É un mondo amico delle donne o si registra come nella maggior parte dei campi una difficoltà più elevata per le donne, soprattutto se si tratta di una regista singolare come te?
Io ho avuto più difficoltà per il mio modo di fare film che per il fatto di essere donna. Credo che in Italia non ci sia molto spazio per la sperimentazione, manca proprio un pubblico che sia disposto ad accogliere un linguaggio lontano dagli stereotipi e mancano i produttori coraggiosi, infatti alla fine ho deciso di produrmi i miei film perché non sopportavo l’idea di dover rinunciare a un metodo di lavoro che avevo costruito e sperimentato negli anni e spesso non veniva compreso dai produttori.
“Il cinema, un arcipelago d'amore”: oggi a me sembra che il cinema come valore per una comunità, per la società, sia un po’ perduto, soprattutto per le giovani generazioni, distratte dalla tv, da internet dalla tecnologia in generale. Che ne pensi?
È una società molto individualista, dunque non credo che ci possa essere un cinema per la comunità in generale. Oggi non c’è più un senso comunitario. È l’apoteosi dell’individuo, c’è molto protagonismo ed è sempre più difficile ascoltare. È l’individuo che non dà più valore all’idea di comunità. Il cinema non può cambiare il mondo, è comunicazione per grazia di arte, non è giornalismo. È narrazione, è arte.
Le donne dei tuoi film sono figure tenere, forti, femminili e “vere”. Sono tutte donne che hai dentro? Che hai incontrato e conosciuto? O donne che hai immaginato? Insomma come nascono queste figure?
I personaggi dei miei film sono tutte donne che ho avuto dentro di me in diversi periodi della mia vita, una sorta di reincarnazione, in un certo senso si potrebbe dire che piuttosto che averle incontrate o conosciute le ho vissute in prima persona. La loro creazione nasce dalla mia vita di tutti i giorni, dalla realtà mutabile che mi trovo a vivere dalle mie esperienze.
Il tuo cinema è poetico, visionario, delicato nel mostrare l'animo dei protagonisti. Ma è anche comico, ironico, “vero”. Per me è eccezionale il trionfo della passione sana e della speranza che vi si trova, che emerge. Si esce dal cinema che hai più voglia di vivere e di amare. La passione sana può salvare il mondo oggi?
È sana la passione? Non lo so. Per me la passione non ha perseguito sempre strade di sanità, ma molto più spesso di ossessione. Io credo che sia vitale, questo sì, ma non sempre alla luce del sole. La passione ci spinge e mi ha spinto spesso verso l’ombra. Mi ha fatto fare viaggi anche oscuri, ma ne sono sempre uscita. Tutto questo ho cercato di raccontarlo nei miei film e nel mio lavoro.
La questione attuale sul corpo delle donne, sulla pubblicità che offende l'immagine della donna, la politica e la società che favoriscono le belle e premiano le donne che “danno via la jolanda” (come direbbe Luciana Littizzetto). Che diresti a proposito?
Da sempre ci sono state le cortigiane, da sempre la donna sa di avere un potere legato al proprio corpo, non è poi una questione così attuale. La questione è quanto ne sia consapevole e quanto scelga di utilizzare il potere che ha per questo motivo non sviluppandone contemporaneamente anche altri, legati ad altre capacità. La bellezza è un potere e questo è innegabile, ma l’intelligenza è anche un potere, il talento è un potere, la creatività lo è. Penso che una donna deve sviluppare quanti più poteri può e soprattutto deve esserne consapevole. Deve arrivare ad avere la possibilità di scegliere, perché è a quel livello che si gioca la partita. Oggi ancora molte donne non hanno il potere della scelta e non fanno nulla per conquistarlo. Il vero problema non è la bellezza, o il corpo invece che l’intelligenza o il talento, ma la scelta. Molte donne non hanno altro da usare e non si pongono il problema, diciamo che si accontentano di usare quello che in fretta gli darà la possibilità di modificare la loro vita non rendendosi conto che potrebbero avere anche altre scelte. Si potrebbe dire che mancano di creatività e si vedono solo proiettate in una direzione. Che l’Italia sia poi maschilista cattolica e bacchettona non è una novità.
Tu che hai una visione artistica, cosmopolita e senza pregiudizi, come vedi lo stato della cultura in Italia? C'è posto per le giovani e i giovani talenti, soprattutto se sconosciute/i?
La situazione attuale della cultura italiana è desolante e familista. Il talento vale pochissimo. Solo casi rarissimi arrivano per talento, la maggior parte giunge a destinazione grazie al ‘talento’ di procurarsi conoscenze di buon livello nei modi più disparati. Negli ultimi anni questa è diventata la prassi, quella che io chiamo ‘la logica delle quote latte’. E paradossalmente viene premiata la medietà, il conformismo. Io ho avuto la fortuna di lavorare in anni diversi quando al talento e alla creatività si dava peso, anni in cui la cultura era tenuta in considerazione e non demonizzata, quando c’era ancora spazio per la ricerca di linguaggi e temi, quando il coraggio era premiato. Ora vincono le commediole da incasso, le storielle rassicuranti da happy end, il buonismo e la melassa, il politicamente corretto da sbadiglio assicurato. Il cinema italiano non riesce a oltrepassare i confini nazionali tranne in rari casi, ma dirlo è un’eresia. Sono stata con il mio ultimo film, I baci mai dati, in America al Sundance, a Mosca e ho potuto respirare un po’ di aria fresca, entusiasmo, domande e osservazioni che avevano un senso. Sto cercando di produrre il mio prossimo film fuori dall’Italia, o almeno cercando capitali all’estero.
Da ultimo ti sei cimentata con successo in teatro, con la Ciociara, col testo di Annibale Ruccello, attualizzato. Ti ha dato gioie, immagino. Se dovessi scegliere tra cinema e teatro cosa sceglieresti e perché?
Il Teatro mi ha dato gioie, credo ancora poche rispetto a quante me ne potrà dare. È stato uno spazio di invenzione e di lavoro con gli attori che ancora non ho scoperto del tutto e spero davvero di non dover scegliere tra cinema e teatro…
Cosa c'è nel tuo futuro artistico-professionale? Vuoi parlare del tuo prossimo lavoro a Palermo, o di altri?
Il mio prossimo film parlerà della disabilità e del sesso, di come sia complicato e importante per un disabile avere una vita sessuale. È un tema forte e delicato che ti obbliga a un viaggio profondo nella malattia e nella diversità. Sto cercando di trovare produzioni estere, sia per la situazione che illustravo prima, italiana, sia perché il tema lo impone: in Italia rischia di essere un tabù.
Tu sei milanese, trapiantata in Sicilia, da dove vai e vieni. Come vedi la Sicilia e perché l'hai scelta?
La Sicilia è la terra dove sono nata artisticamente e resta sempre nel mio immaginario. Non so quanto io l’abbia scelta o lei abbia scelto me, ma a questo punto, dopo vent’anni, non posso far altro che considerarla la mia terra adottiva, o comunque un posto privilegiato nel mio cuore e nella mia testa. Con tutte le difficoltà, l’amore e la rabbia che ho provato per lei, vivendoci e rendendomi conto delle contraddizioni che la solcano.
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