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Il conflitto generazionale e il welfare del futuro

Il conflitto generazionale e il welfare del futuro

Well_B_Lab - L’aumento vertiginoso del carico di cura di anziani e bambini richiederà un crescente coinvolgimento delle donne in età adulta. Un impegno che, se non condiviso con gli uomini e soprattutto con lo Stato, ne peggiorerà la qualità della v

Badalassi Giovanna Lunedi, 22/09/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2014

 Negli ultimi anni il dibattito pubblico si è molto concentrato sui vari aspetti del conflitto generazionale, e sull’impatto negativo che questo sta avendo sulle prospettiva di crescita del paese, in termini di mancato dinamismo e incapacità reagire ai cambiamenti epocali che abbiamo di fronte. Il tema è infatti molto complesso e, anche se con forte ritardo, si sta avviando un tentativo di rinnovamento. Il conflitto generazionale è infatti trasversale a molti aspetti, riguardando i problemi ad esempio occupazionali, previdenziali ed abitativi dei giovani rispetto alle opportunità che i loro padri (e madri) hanno avuto ai loro tempi e tuttora hanno. Il sentimento comune è quello di una forte penalizzazione sociale ed economica dei più giovani a favore di una non più sostenibile serie di privilegi di cui godrebbero le generazioni più anziane. Al solito, la verità è molto più articolata rispetto a un giudizio così drastico, ma è innegabile che questo problema si può risolvere solo con un riequilibrio nella distribuzione delle risorse e delle opportunità nel quadro di un processo di crescita dell’economia.



In questo contesto generale un aspetto che va sottolineato riguarda l’impatto di genere del conflitto generazionale. La lettura di genere legata al mondo della riproduzione sociale mette infatti in evidenza una serie di criticità importanti che dovrebbero occupare un posto di rilievo nel dibattito pubblico. Al censimento del 1971 i 20-45enni erano 18,6 milioni, gli over 60 erano 9,1, per una differenza di 9,6 milioni di persone in più a favore dei 20-45-enni. Quarant’anni dopo, nel 2012, tale differenza si è ridotta a 5,7 milioni e le prospettive demografiche medie dell’Istat prevedono che tra 7 anni, nel 2021, tale differenza si ridurrà a 841.000 persone. È indubbio che tale squilibrio produce un forte impatto a livello di peso elettorale e politico, ma anche un peso di cura per le generazioni più giovani che, a meno di cambiamenti importanti nella nostra società, graverà soprattutto sulle spalle delle donne.



Il tema generi e generazioni è dunque cruciale sia in via diretta che indiretta. In via diretta occorre ricordare che il tema degli anziani va declinato essenzialmente al femminile: sono donne il 64,9% degli over 80. Le politiche di welfare per gli anziani le riguardano pertanto direttamente e anche questo ne spiega forse la debolezza rispetto ad altre priorità. In via indiretta il carico di cura per le donne caregiver, che riguarda sia la cura di bambini ma, in prospettiva, soprattutto di anziani, è destinato a salire drammaticamente nei prossimi anni. Rapportando il numero di bambini 0-4 anni e anziani over 75 ogni 100 donne in età 15-64 anni, si ottiene un indicatore di carico di cura che era di 36,2 nel 1971, è stato di 45,4 nel 2012, e si prevede che nel 2021 arrivi a 49,2 (Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT). Un’analisi dell’Istat mette ancora più in chiaro questo schiacciamento generazionale che si produce sulla popolazione femminile in età adulta. Una quarantenne nata nel ‘40 condivideva il carico di cura di bambini e anziani con altri 9 adulti e aveva nella rete di parentela almeno un anziano per 12 anni. Una quarantenne nata nel 1970 può invece condividere la cura di bambini e anziani con soli altri 5 adulti e ha almeno un anziano nella rete di parentela per 22 anni. È chiaro che si tratta di una criticità demografica e di cura che sta già avendo, ma che avrà sempre di più, delle conseguente importanti non solo sulla qualità di vita e sulla fatica delle donne, ma anche sulla loro possibilità di mantenere un’occupazione e di contribuire allo sviluppo economico e sociale del paese. Che fare? Certamente un maggiore impegno familiare da parte degli uomini sarebbe auspicabile, ma è innegabile che le dimensioni epocali di questo problema chiamano in causa il ruolo cruciale delle politiche per il welfare.



Paradossalmente, infatti, nel momento in cui si mettono in discussione le risorse per il welfare, se ne manifesta il massimo bisogno sociale, soprattutto da parte delle donne. Si tratta di un problema che, producendo delle conseguenze negative sulle dinamiche occupazionali, obbliga a rivalutare le politiche di welfare come indispensabili per lo sviluppo economico e sociale, e quindi a rivederne l’ordine di priorità che fino ad oggi è stato loro attribuito. È quindi molto importante che, tra i primi segnali di rinnovamento che si sono potuti osservare, molte giovani donne abbiano avuto di recente la possibilità di accedere a posti di rilievo nella politica e nelle cariche pubbliche. Questo progresso avrà però una ricaduta positiva per la nostra società solo se tali nuove responsabilità sapranno cogliere adeguatamente la dimensione dei nuovi problemi sociali e avranno forza e impegno sufficiente per dare alle politiche per il welfare il ruolo preminente che meritano.

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