Domenica, 06/12/2015 - “Il complesso della vedova. Il volto oscuro della mente” è un romanzo di Stefania Rinaldi, edito da Lussografica nel 2014.
“Il complesso della vedova” è un libro che comunica, attraverso uno stile narrativo semplice e, per volontà della stessa autrice, accessibile ad un vasto pubblico, estrema dolcezza.
E’ la dolcezza, a tratti ossimoricamente amara, che trapela dalla voce calda di una nonna; dallo sguardo incerto di una fanciulla, che freme per il primo amore; dalle gote solcate da lacrime, con cui si suggella il perdono; dalle mani abili, che inseguono melodie struggenti sui tasti di un pianoforte.
La storia è ambientata in una grigia Milano, ma profuma di sud Italia e si snoda fra case impregnate di agrumi e salsedine, fra ventri tesi di donne che sono madri per somma missione e vocazione, fra segreti serbati da matriarche, fra addii sussurrati, stringendo una valigia fra le mani, fra frasi colloquiali, nelle quali i verbi intransitivi vengono seguiti da un complemento oggetto.
Le protagoniste del romanzo sono due donne, Barbara e Giulia, apparentemente distanti per età e condizione, eppure accomunate dall’intreccio delle trame di un destino bizzoso, che, a volte, parla nel suadente idioma francese ma che sa rivelarsi anche crudele, offrendo il posto in prima fila a spettacoli atroci, che culminano in lamiere contorte e bare di legno lucido.
Eppure, oltre il dolore per gli sbagli commessi e per le onte subite, c’è la speranza di una catarsi e di una rinascita, grazie alle quali una ossessiva vedova si sublima in amorevole nonna e una sedia a dondolo non cessa di cullare dolci sogni. Per sempre.
“Mi sono chiesta perché proprio io che avevo fatto di tutto per creare la mia splendida famiglia con tutto l’impegno e l’amore possibili, dovessi essere sottoposta al martirio di veder crollare tutto in una frazione di secondo. […] Poi sei arrivata tu nella mia vita, una ragazza giovane, inesperta, ma con una storia come la mia. Sola, senza famiglia, senza un punto di riferimento, in cerca di stabilità pur continuando a girare e rigirare come l’ago impazzito di una bussola che non trova la sua direzione”.
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