Poesia - calandrone de bellis fantato gentili inversi musetti renzi vicentini
Otto poetesse italiane contemporanee interpretano i versi e la musica di Gustav Mahler
Benassi Luca Martedi, 18/10/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2011
In epoche antiche la divisione di poesia e musica, come forme d’arte diverse e separate, era cosa difficilmente comprensibile. Chi si accingeva a comporre versi doveva necessariamente avere competenze tecniche e musicali, e l’ascolto dei versi era prima di tutto un ascolto di suoni, melodie e ritmi che accompagnavano la poesia. Questo sodalizio, continuato nei secoli, sembra oggi essersi rotto definitivamente: salvo qualche sperimentazione performativa, chi mette insieme parola e musica è il cantautore, soggetto distante e non più assimilabile a quello del poeta. E se le due arti non si cercano più, in tale divorzio si è persa quella ricerca dell’unità, di quel luogo misterioso e palpitante dove senso e suono sono una cosa sola. Queste brevi riflessioni introduttive non possono non aver albeggiato nella mente delle 8 poetesse raccolte ne “Il Canto della terra” (a cura di Maria Inversi, Samuele Editore, Pordenone 2011), un’antologia costruita sottotraccia all’omonima sinfonia per mezzosoprano, tenore e orchestra di Gustav Mahler (composta nel 1908). E se Mahler, nel comporre questa sorta di sinfonia di 6 Lieder, si era ispirato alle traduzioni romantiche e approssimative di altrettante liriche antiche cinesi di Li-Po e Wang-Wei, le contemporanee Maria Grazia Calandrone, Carla De Bellis, Gabriela Fantato, Sonia Gentili, Maria Inversi, Gabriella Musetti, Rossella Renzi, Isabella Vicentini riscrivono Mahler, i suoi versi e le sonorità, le sue movenze polifoniche dissolte in una prosa musicale ormai vicina all’espressionismo. “Cercano il linguaggio” come sottolinea Wilhelm Pfestlinger “il suono definitivo, vero, eterno, utilizzando la musica […]. Scrivono se stesse incontrando, parlando, sentendo, vedendo, litigando, familiarizzando con questo autore.” In questo sistema di vasi comunicanti, dalla poesia cinese alla musica romantica ai versi contemporanei, si tendono i fili, i nessi, gli incastri le chiavi di volta di un universo, un cosmo fatto di ordine e tempesta. “Scrivere una sinfonia vuol dire costruire un mondo” diceva Mahler, entrare in una sinfonia con i versi vuol dire implodervi dentro deflagrando come una granata, mirando alla “totalità del verbo”, rimodulando ancora e ancora il canto sommesso e gorgogliante della terra. Si tratta di un canto fatto di bellezza, giovinezza, solitudine, dolore, il canto dell’ubriaco, della nascita e dell’addio. Temi che travalicano i secoli e i continenti, ma che le otto poetesse interpretano con una percezione contemporanea e palpitante della realtà, innestando su una sensibilità maschile (di Mahler e Li-Po) quella femminile, conciliando opposti e differenze, ricercando “il maschile del femminile e il femminile del maschile” (Wilhelm Pfestlinger), in un’inedita, coraggiosa polifonia nella quale i singoli io lirici si sgranano a favore di una compattezza musicale e poetica.
Quando chiuderai gli occhi
quel momento sarà
quello solo che non ebbe
un prima né un dopo
come quei tanti che pure
furono diseguali e se ne andarono
come la vanessa che si levò
dal petalo della violacciocca.
(MARIA INVERSI)
Sogno su un mucchio d’alghe
Quieti perché forti
d’una diabolica violenza sotterranea
che è la potenza stessa del presente
ottusa come l’acqua che straripa
quieti e violenti assalti
del mio esistere attuale
nel giardino di ciò che sono stata
questo giardino bianco di neve e linfe
congelate è la potenza
stessa dell’assenza:
qui il mondo è stato quando qui
era altrove. Io immersa sempre in acque
sonnolente a mezza coscia, che dicono di me
“tu sei”, al presente, e sentono impassibili
la pena del guado che mi forza le ginocchia,
io amo crollare di stanchezza,
gettando in terra il fagotto del mio tempo,
su un mucchio di alghe disseccate al sole
fu allora, a dodici anni, al primo crollo,
che un sogno portò il mio tempo altrove
il mio sognare lotta con le acque.
Bestemmio la fatica e lo trattengo
come ho imparato a tenere
l’aquilone: per uno spago, un legnetto
a manovella, e la carta colorata
tra me e il sole
(SONIA GENTILI)
Storia di due
Nel cercare un appiglio, nel dire
- l’addio, ha lasciato la traccia del suo mondo,
un perimetro inciso nella pietra
tra memoria e sogno.
Ora lei chiede esatta la parola,
la sua legge muta
dove il silenzio è stato anni di fughe,
unghie dentro la stanza e solo
l’alfabeto per la cima, solo le fiabe per la notte
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