Domenica, 27/05/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2012
Nel dibattito sull’obiezione di coscienza non viene quasi mai messo in discussione il principio che gli operatori sanitari possano rivendicare un diritto all’obiezione di coscienza. La premessa è che una società liberale dovrebbe consentire ai propri cittadini di vivere in maniera conforme ai propri valori e di veder rispettata la propria autonomia. La conclusione è che un medico che non riconosce l’accettabilità morale dell’interruzione di gravidanza dovrebbe avere sempre il diritto di non praticarla. Tuttavia, a parte che è paradossale che nel dibattito sull’interruzione di gravidanza il diritto all’obiezione di coscienza venga invocato anche da quelle agenzie come ad esempio le gerarchie della Chiesa cattolica che rifiutano un assetto della società liberal-democratico, il fatto di difendere il valore dell’autonomia e della libertà personale non comporta necessariamente l’accettazione del diritto all’obiezione di coscienza. Non c’è contraddizione del resto nell’affermare che l’autonomia e l’integrità rappresentano valori irrinunciabili e sostenere che per promuovere il benessere generale e la tutela dei diritti fondamentali dei singoli cittadini (ad es. alla salute) è giusto che lo stato limiti gli spazi di scelta dei singoli all’interno delle professioni. È ovvio che lo scenario ideale sarebbe quello di trovare una soluzione che permetta di conciliare il diritto alla salute e l’autonomia del paziente con quella del medico: la libertà della donna di decidere se continuare o no la gravidanza con la libertà del medico di decidere se partecipare o no all’interruzione di gravidanza. Dobbiamo prendere atto, però, che la ricerca di questa soluzione ideale è fallita. I ginecologi obiettori sono ormai più dell’80% e l’obiezione di coscienza cresce anche tra gli anestesisti e le ostetriche superando ormai abbandonamento il50 % e per le donne diventano ogni giorno più difficile riuscire a interrompere la gravidanza. È arrivato il momento di scegliere se tutelare l’autonomia del professionista sanitario (e quindi, del ginecologo, dell’anestesista o dell’ostetrica) oppure schierarsi dalla parte delle donne e della loro battaglia per la libertà e i diritti. La Consulta di Bioetica Onlus ha scelto e il 6 giugno lancerà in tutta Italia la Campagna contro l’obiezione di coscienza “IL BUON MEDICO NON OBIETTA. RISPETTA LA SCELTA DELLA DONNE DI INTERROMPERE LA GRAVIDANZA”. La Campagna ha due obiettivi: da una parte, incoraggiare un dibattito pubblico sulla legittimità del diritto all’obiezione di coscienza a più di trent’anni dall’approvazione della legge sull’interruzione di gravidanza e, dall’altra, rendere più chiaro che il buon medico non è quello che non pratica le interruzioni di gravidanze ma quello che sta vicino alla donna e non la lascia sola in un momento difficile. Il lancio della Campagna avverrà il 6 giugno a Firenze al termine di un Convegno organizzato dalla sezione fiorentina della Consulta di Bioetica. In contemporanea si svolgeranno eventi e incontri promossi dalla stessa Consulta e da altre associazioni. Invitiamo tutti a partecipare e a organizzare altri eventi a sostegno della Campagna: per informazioni sulle iniziative e per aderire alla Campagna potete contattare la segreteria segreteria@consultadibioetica.org oppure scrivere a consultaromanadibioetica@gmail.com.
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