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Il Brasile torna indietro sull'aborto

Il Brasile torna indietro sull'aborto

Un disegno di legge, ora in discussione al Senato, limiterebbe l’accesso all’IVG in caso di violenza sessuale. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni due giorni una brasiliana muore per essere ricorsa all’aborto clandestino.

Martedi, 22/12/2015 -
Ancora restrizioni all’interruzione volontaria di gravidanza. A chiederle è il nuovo disegno di legge presentato da Eduardo Cunha, presidente della Camera dei deputati e membro del Partito del movimento democratico brasiliano. Una decisione che rafforzerebbe gli ostacoli già riservati a chi sceglie di abortire.



Lo Stato permette di ricorrere all’IVG solo in specifiche occasioni: la violenza sessuale, la circostanza in cui la vita della madre sia messa in pericolo e la malformazione celebrale del feto. In tutti gli altri casi, l’aborto è illegale e punibile con il carcere. Il progetto di legge, ora in discussione al Senato, renderebbe più difficile la somministrazione della pillola del giorno dopo e la possibilità di abortire in caso di stupro. Secondo il disegno, se una donna che ha subito violenza sessuale vorrà interrompere la gravidanza dovrà denunciare la violenza e sottoporsi a un esame medico.



Una proposta quella di Cunha che non tiene conto del reale stato delle cose. In Brasile si registrano ogni anno 500mila stupri, che lo rendono il quinto paese più violento del mondo. Le donne vittime di violenza hanno già difficoltà ad abortire: in ospedale molti medici non acconsentono all’intervento chirurgico perché non credono alla versione raccontata dei fatti. Con un sensibile aumento del ricorso all’aborto clandestino, conseguenza reale che il progetto di legge non prende in considerazione. Eppure esempi del Sudamerica dimostrano che una legalizzazione dell’IVG produce l’effetto di un calo negli stessi aborti. Come il caso dell'Uruguay, dove l’IVG è stata legalizzata nel 2002. Se dal 1995 al 2002 si potevano stimare 33mila aborti illegali annui, nei dodici mesi successivi alla nuova legislazione i numeri sono scesi a 6,678 casi.



È contro il conservatorismo del governo che in migliaia sono scese nelle strade di diverse città del paese. Le proteste sono partite il 31 ottobre a San Paolo e sono proseguite durante tutto il mese di novembre. L’iniziativa, riporta El País, ha destato sorprese. Al punto che alcune riviste, come Epoca e Istoé, hanno parlato di una primavera femminile: «dopo anni di battaglie per ottenere pari diritti, la discussione è tornata al punto di partenza: la libertà di decidere del proprio corpo. Negli anni sessanta e settanta le donne hanno ottenuto vittorie importanti, ora devono fronteggiare un’ondata conservatrice».



Le manifestazioni hanno preso di mira anche la cultura maschilista del paese. Motivo scatenante le proteste sono stati i commenti volgari, sessisti e pedofili rivolti a una concorrente minorenne della nuova edizione di Junior MasterChef. La giornalista Juliana de Faria, animatrice del blog femminista Think Olga, ha lanciato su Twitter una campagna di raccolta a testimoniare. Con l’hashtag #primeiroassedio, le donne sono state chiamate a raccontare e a condividere la loro prima esperienza di molestia sessuale. In soli quattro giorni le organizzatrici hanno ricevuto più di 82mila messaggi. I dati raccolti hanno messo in luce che l’età media della prima violenza si aggira tra i 9 e i 10 anni.

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