Italia Today - “Come spiegare diversamente la sintonia fra Stato e Chiesa nel promuovere una forma di governo monocratico, gerarchico, autoritario?”
Stefania Friggeri Mercoledi, 08/04/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2009
Un intellettuale cattolico, V.Mancuso, scrive a proposito del testamento biologico: “Io ritengo che la deliberazione della libertà sulla propria vita…sia la condizione per essere conformi al volere di Dio. Il senso dell’esistenza umana è una continua ripetizione dell’esercizio della libertà.” E mentre in Germania, dove il pluralismo religioso tiene a freno le spinte integraliste, un cardinale cattolico e il presidente delle Chiese protestanti firmano insieme un modello di testamento biologico (“Dunque non è questione di essere cattolici, ma di essere un certo tipo di cattolici” commenta Augias), in Italia “assistiamo allo spettacolo di una Chiesa isterica: che non è amareggiata ma arrabbiata, che non parla ma grida, anzi talora insulta, che non suggerisce ma ordina...facendo pressioni su chi tiene il bastone del comando.” (ibidem). Scrive “le Monde”: il Vaticano “ha invaso” l’Italia, sì ma non da oggi: lo Stato del Vaticano, stato straniero, non vuole lasciare ai cittadini italiani l’autodeterminazione sulle questioni che riguardano la vita e la morte: la legge 40, i Dico, le linee guida della 194, l’obiezione di coscienza ed ora il testamento biologico. Ma in questi anni non sono mancate voci, anche di cattolici, che denunciavano il progressivo avanzare in Italia di una controriforma confessionale e chiamavano le forze politiche a difendere la laicità dello Stato, il solo strumento per fermare la bulimia della Cei. Ma l’appello non è stato raccolto e la situazione si è degradata al punto che l’associazione “Libertà e giustizia” ha pubblicato a sua volta un appello a pagamento sulle pagine di “Repubblica”. “Rompiamo il silenzio” è la denuncia del degrado morale e del disfacimento sociale di un paese dove la democrazia cede alla demagogia, dove la laicità è diventata un valore negoziabile. E Zagrebelsky, primo firmatario, chiama alla difesa della Costituzione perchè non diventi un guscio vuoto “ciò che ci si dà quando si è sobri perché valga quando siamo ubriachi”. E quando il caso Englaro divide il paese in guelfi e ghibellini, quando ancora una volta viene chiesto al legislatore di prendere posizione fra due diritti (qui quello della volontà di Eluana e quello dei “difensori della vita”, ma anche: quello dell’embrione e quello della madre, quello del medico e quello del paziente terminale, quello della donna che chiede l’aborto e quello del medico obiettore…) ancora una volta è la Costituzione che può ridare serenità ad un paese disarticolato e incattivito: come l’ “Habeas corpus” (1679!) essa limita la sovranità dello Stato riconoscendo al cittadino la sovranità sul suo corpo. Ma questa difesa dell’ “habeas corpus” non può essere condivisa dalla destra che aspira a trasformarci tutti da cittadini soggetti di diritti in consumatori e non si fa scrupolo di mettere le mani sul corpo delle donne, dei migranti, di Eluana. Ma neppure condivisa dal Vaticano che avrebbe preferito che anche in questo caso, come in quello dell’aborto o degli omosessuali dichiarati, i cittadini, anziché farsi scudo dei diritti garantiti dalla Costituzione, facessero la scelta tutta italiana del “si fa ma non si dice”, del procedere discreto in silenzio, come richiede l’ipocrisia del perbenismo sociale. Questa rinnovata alleanza trono-altare contro un cittadino che si è rifiutato di agire di nascosto col consenso di un medico compiacente, ma si è rivolto al diritto per sapere come procedere nel rispetto delle norme vigenti, ha costretto il PD ad uscire dalle incertezze. E quello che preoccupa non è la posizione, scontata, dei teodem ma la posizione della Bindi: che ieri ha presentato un progetto di legge sulle coppie di fatto così annacquato che solo alla Cei poteva sembrare innovativo, e oggi si unisce al coro di chi rimprovera ad Englaro di avere creato un caso politico. Non v’è dubbio che per un cattolico italiano l’autorevolezza delle parole del Papa è tanto grande che rischia di trasformarsi in autorità (Locke, uno dei padri delle libertà civili, dichiarava indegni del beneficio della tolleranza i cattolici perché “sono al servizio di un altro sovrano e a lui devono obbedienza”). Anche di fronte alle forme più gravi di interferenza nella vita politica italiana, i politici cattolici hanno sempre dichiarato la loro doverosa e filiale attenzione, animati dal desiderio di accogliere le indicazioni dell’alto magistero. E intanto, grazie alla politica mediatica della destra (vedi gli ecclesiastici invitati in tv a dare le direttive su problemi etici), in Italia è passata l’idea che in tema di etica la Parola, con la p maiuscola, spetta alla Chiesa cattolica. Ma Zagrebelsky la vede così: “Le posizioni in tema di etica possono essere prese in due modi: in nome della verità e del dogma; con regole generali e astratte oppure in nome della carità e della compassione…un approdo comune (fra cattolici e laici) sarà possibile soltanto se prevarrà l’amore cristiano contro la verità cattolica”. A mio modo di vedere una impostazione lontana dalla “virtù del dubbio” nasce paradossalmente dal peccato che la Bibbia chiama il più grave: il peccato d’orgoglio, il peccato di Lucifero che infatti venne punito per avere sfidato l’onnipotenza divina. Un peccato che nella storia abbiamo incontrato nelle forme più varie di “superomismo”, fenomeno pericolosissimo perché contempla la figura del leader carismatico e dei seguaci acritici ed obbedienti.Una forma latente di superomismo è ora presente in Italia , sia a livello politico che culturale e religioso. Come spiegare diversamente la sintonia fra Stato e Chiesa nel promuovere una forma di governo monocratico, gerarchico, autoritario? Infatti il ricavato dell’8 per mille, distribuito dalla Cei, ha permesso a Ruini di smorzare ogni voce dissenziente che si richiama allo spirito del Concilio Vaticano II. Ha scritto il giornalista cattolico R. Beretta: “Quale vescovo…sapendo che poi dovrà ricorrere alla Cei per i soldi necessari a sistemare un seminario o a riparare la cattedrale, alzerà mai la mano in assemblea generale per contestare le posizioni della presidenza?…E infatti i soli che in Italia si permettono di parlare schiettamente sono alcuni vescovi emeriti, ovvero quelli ormai in pensione, che non hanno più niente da perdere”. Ci si chiede insomma se è una coincidenza che negli anni in cui il Vaticano operava una silenziosa restaurazione al suo interno, in Italia si indeboliva lo spirito antifascista e si avviava quel processo che oggi mette sotto gli occhi di tutti il degrado civile del paese e l’annebbiamento della democrazia. Per i governi di centrosinistra sgarbi e severi ammonimenti, ma nessuna ribellione di fronte alla strumentalizzazione della Chiesa da parte della destra: è amore per la vita abolire le direttive di Prodi per fermare le morti sul lavoro? E’ amore per il prossimo la “cattiveria” di Maroni ? E così via. E infatti “Famiglia cristiana” protesta, ma l’ “Avvenire”, giornale della Cei, precisa che la rivista non rappresenta la “linea” (sic) della Santa Sede. Che infatti se ieri non aveva scrupoli a firmare concordati con regimi dittatoriali, non si preoccupa certo oggi del degrado del senso civico e dell’etica pubblica in cui siamo caduti. Perché la storia dei concordati dimostra chiaramente che per il Vaticano due punti sono irrinunciabili: il finanziamento economico e l’insegnamento religioso. Oggi tardivamente ci si rende conto che la denuncia dell’interferenza vaticana non era anticlericalismo ottocentesco ma un grido d’allarme che chiamava a difesa di un principio basilare della democrazia: la laicità dello Stato.
Lascia un Commento