Messico - Centinaia di ragazze violentate e uccise, oppure scomparse. E le autorità hanno altro da fare. Una denuncia delle donne in Nero di Bologna
Angelucci Nadia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2006
Digitando “Ciudad Juarez” in un motore di ricerca il primo collegamento che appare è quello dell’Università Autonoma di Ciudad Juarez, in Messico. In mezzo a tante informazioni accademiche ci sono anche notizie turistiche e geografiche per gli studenti e raccomandazioni sulla sicurezza – durante il giorno si può andare in giro senza problemi, durante la notte, invece, raccomandiamo di muoversi in gruppo -. Ma l’informazione è fuorviante ed è inspiegabile che non si faccia neanche un piccolo accenno a quello che da più di 10 anni sta accadendo a Ciudad Juarez.
Dal 1994 ad oggi infatti, in una città di 1.500.000 abitanti, 500 ragazze sono state sequestrate, violentate, torturate ed uccise e altrettante sono scomparse e si presume che abbiamo fatto la stessa fine. La maggior parte di loro avevano tra i 13 e i 27 anni, erano per lo più operaie, povere, con un fisico minuto e capelli neri lunghi.
Un Femminicidio denunciano le associazioni di donne: un genocidio contro le donne che attenta alla loro integrità, alla loro salute, alla loro libertà e alla loro vita. L’attacco è realizzato da persone conosciute o sconosciute, violenti, violentatori, assassini individuali o di gruppo, occasionali o professionali e conduce sempre alla morte crudele della vittima. Tutti questi atti hanno in comune una visione della donna che è considerata come un oggetto “usa e getta” che si può violare ed eliminare.
Luz Estela Castro detta Lucha è un’avvocata di Justicia para nuestras hijas, associazione di madri di ragazze che sono state assassinate o sono scomparse, che si sta battendo per cercare la verità e denuncia le autorità locali per inadeguato impegno ed attenzione nella risoluzione dei casi. Lucha sta tornando in Messico dopo un viaggio nel nostro paese dove, grazie all’interesse delle Donne in Nero di Bologna, ha potuto incontrare altre realtà associative di donne, ONG e istituzioni e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla strage di donne di Ciudad Juarez.
“E’ dal 1994 che hanno cominciato ad apparire nel deserto cadaveri di ragazze, mutilati e seviziati. Il Centro de Asesoría de las Mujeres ha cominciato ad investigare. Le ragazze erano tutte molto simili fisicamente e provenivano da famiglie povere; in genere erano impiegate nelle maquilas . Non venivano uccise il giorno del loro sequestro ma erano tenute in ostaggio, violentate e torturate prima di essere uccise. Abbiamo immediatamente fatto un collegamento tra gli omicidi e la natura povera e violenta della città, propria delle realtà di frontiera. Su 1.500.000 abitanti 800.000 sono immigrati, messicani e latinoamericani in generale, che si affollano sul confine aspettando l’occasione per entrare negli Stati Uniti. Quelli che non riescono a passare la frontiera si fermano qui, nelle periferie più povere e, se ci riescono, cominciano a lavorare nelle maquilas. Ma il conflitto sociale e di genere è molto forte perché le imprese tendono a contrattare sempre più manodopera femminile che è meno costosa e quindi, a fronte delle conquiste economiche e sociali delle donne, c’è un universo maschile sempre più destabilizzato, povero e dipendente. E’ in questo panorama che sono cominciati gli assassinii. ”
Che ipotesi avete fatto su questa strage?
Secondo noi ci sono varie possibilità. Quella che abbiamo esplorato per prima è quella di un serial killer. Oltre che dai tratti comuni degli omicidi c’è il fatto che negli Stati Uniti chi si è macchiato di crimini di aggressione sessuale deve rimanere sotto osservazione e ci sono alcune zone in cui queste persone vengono mandate al confino. Una di questi è El Paso, in Texas, che è il corrispettivo statunitense di Ciudad Juarez. Le due città, infatti, sono divise solo da un fiume, quindi è molto facile passare da un posto all’altro. In questo momento a El Paso ci sono al confino 700 persone incriminate e giudicate per aggressione sessuale. L’ipotesi del serial killer quindi è più che plausibile anche se non è possibile che una persona abbia ucciso 1000 donne. Per questo noi pensiamo che uno o più maniaci possano essere stati la causa scatenante ma che poi si sia innestato un fenomeno di emulazione perversa che ha coinvolto altri soggetti criminali.
Quali potrebbero essere questi soggetti?
Come ti dicevo le ipotesi sono parecchie. Sempre legato al mercato del sesso e delle crudeltà sessuali c’è l’ipotesi di produzione di snuff movies (film in cui la vittima viene violentata, torturata e uccisa di fronte alla macchina da presa n.d.r.) o di “tratta delle bianche”. A tutto questo si aggiunge il narcotraffico: il Cartello di Juarez è uno dei più violenti e controlla il 70% della droga che proviene dalla Colombia. I legami di questa organizzazione criminale con la mafia e con le istituzioni locali garantiscono loro immunità e l’impunibilità. E’ questo il tratto più assurdo delle vicenda. In più di 10 anni solo pochi individui sono stati condannati per questi crimini e a livello generale regna l’impunità.
Perchè questo atteggiamento da parte delle autorità?
Prima di tutto perchè questo fenomeno coinvolge prevalentemente donne povere e, in un posto come Ciudad Juarez in cui la vita non è un bene prezioso ma una mercanzia che può essere facilmente rimpiazzata da altra manodopera economica, la vita di una donna povera, che non conosce i suoi diritti non vale nulla. Per questo lo Stato pensa che ci siano sempre problemi più importanti ed urgenti della vita delle donne. Anche l’impegno più forte che il Governo sta mettendo ultimamente è solo una reazione alla Campagna che stanno portando avanti le associazioni delle donne e non una reale presa di coscienza della necessità di mettere in atto politiche pubbliche che incidano sulla disuguaglianza e sull’iniquità di genere e che creino le condizioni per una convivenza egualitaria e equitativa tra uomini e donne. E poi la polizia è implicata nelle morti delle ragazze perchè esiste una rete di complicità e impunità, come ti dicevo, con i poteri criminali.
Come vivono le donne a Ciudad Juarez?
E’ un luogo molto pericoloso per le ragazze e quelle senza mezzi, sprovvedute, sono le più vulnerabili. La situazione è molto incerta, c’è in atto una specie di psicosi collettiva che sta portando le stesse ragazze a rinchiudersi, a evitare di uscire, di lavorare, una sorta di censura autoimposta. E questo è proprio lo scopo che il conservatorismo vuole raggiungere.
(31 marzo 2006)
Nota
* Una maquila, in Messico, è un impresa, solitamente a capitale interamente straniero, che contratta manodopera locale e non è soggetta pagamento delle imposte; importa materiale che deve essere solo assemblato o montato e i cui articoli non sono commercializzati in Messico. La maggioranza di queste fabbriche sono situate in città messicane vicine alla frontiera con gli USA e il capitale è generalmente statunitense anche se ci sono importanti imprese giapponesi e coreane.
De haber sabido que era la ultima vez que te iba a ver,
te hubiera dado un beso y un abrazo.
Te hubiera tomado de la mano para que caminaras junto a mi,
te hubiera protegido y cuidado para siempre.
Le pido a Dios que me dé el tiempo necesario para seguir diciendote che TE AMO.
Tu mamà Vicky
Donne in Nero di Bologna
Patricia Tough delle Donne in Nero di Bologna è il contatto italiano dell’Associazione Justicia para Nuestras Hijas. Nel mese di febbraio ha ospitato l’avvocata Luz Estela Castro e l’ha accompagnata a vari incontri con Associazioni donne, ONG e istituzioni Locali. “La risposta che abbiamo avuto dalle donne italiane è stata molto buona – dice – sia nel privato che nelle istituzioni. Puntiamo ad un diffusione sempre più grande di ciò che sta avvenendo in Messico e ci siamo impegnate, supportate da alcune Assessore locali, a sostenere una Campagna per l’8 marzo che consiste nella diffusione di cartoline postali dell’Associazione che devono poi essere inviate al Governo messicano come forma di pressione internazionale perchè si fermi il femminicidio”.
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