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Il 15° censimento inventa l’hobby domestico

Il 15° censimento inventa l’hobby domestico

NOTE AI MARGINI -

Castelli Alida Domenica, 27/11/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2011

Compilare il questionario del censimento per molti è stata vista come una faticaccia. L’obbligo e le sanzioni previste ci hanno convinto a farlo. La possibilità di avere dati interessanti ha spinto alcuni ad affrontare questo 15° censimento della popolazione in Italia con attenzione e speranza.

Purtroppo la fatica e l’obbligo non saranno ricompensati da tutti quei dati che vorremmo finalmente fossero utilizzati per garantire una migliore efficacia ed equità da parte dei decisori politici, e non solo da loro. Alcune domande anagrafiche ci potranno tra l’altro dire quante coppie di fatto sono conviventi, sia di sesso diverso che del medesimo sesso, altro discorso sarà prendere atto di questa situazione per accogliere anche i diritti e i bisogni di queste persone.

Non si capisce però, anzi risulta tristemente comprensibile, quando parlando di attività lavorativa si precisa che per “lavoro” si intende “qualsiasi attività diretta all’ottenimento di una retribuzione, salario, stipendio, profitto ecc. Non devono essere considerate le ore impiegate per i lavori casalinghi, piccole manutenzioni, o riparazioni domestiche, hobbies e simili”.

Insomma il lavoro domestico non interessa, tanto si sa che è gratis, non importa nemmeno chiedere chi lo svolge, tanto si sa che sono le donne di solito a farlo. Il marito che aggiusta un rubinetto una volta all’anno, se ne è in grado, non viene censito, ma non viene censita nemmeno quella donna che si alza tre ore prima di andare al lavoro, se lavora, o che sfaccenda tutto il giorno gratis per la famiglia, assiste gli anziani, alleva i figli.

E pensare che poco dopo si precisa che viene considerato lavoro anche quello non pagato purché svolto presso la ditta di un famigliare. Ma è considerato lavoro anche il tirocinio o lo stage retribuito non in denaro, ma con buoni benzina, buoni pasto, e/o ricariche di cellulari.

Insomma tutto questo tempo, tutto questo denaro, per guardare che cosa? Che consideriamo occupati perfino quelli che vengono pagati con una ricarica di cellulare? E sicuramente ci sentiremo dire che gli occupati sono molti, ma molto di più di quelli che pensavamo. Poi tra qualche anno l’Istat finanzierà una nuova indagine per capire quanto le donne italiane lavorano in casa: ma perché non ce lo avete chiesto ora? Forse capire che esiste il lavoro casalingo e che qualcuno era interessato a saperne di più ci avrebbe invogliato a perdere tutto il tempo richiesto per la compilazione.

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