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Ieri ed oggi il fascino di raccontare le donne

Ieri ed oggi il fascino di raccontare le donne

Intervista a Wilma Labate - La brava regista e documentarista di nuovo nelle sale con La Signorina Effe, storia di una famiglia meridionale a Torino e di un amore impossibile consumato nel 1980 durante i trenta giorni di sciopero degli operai Fiat

Colla Elisabetta Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2008

Incontrarla è un piacere: Wilma è una donna intelligente e vitale. Risponde alle domande di NoiDonne come una persona in carne ed ossa, con autenticità e spessore, umano e professionale. Parla con voce roca e animata, osservando il mondo con occhi pieni di acume ed ironica indulgenza. In certi momenti sembra ancora una ragazzina, e forse è per questo che riesce così bene a descrivere personaggi femminili complessi ed imprevedibili. Regista di opere come ‘Ambrogio’,’La mia generazione’, ‘Domenica’, è tornata nelle sale con ‘La Signorina Effe’, storia di una famiglia meridionale a Torino e di un amore impossibile consumato, come l’ultima stagione della lotta operaia in Italia, nei trenta giorni di sciopero degli operai Fiat nel 1980.

Come hai scelto di diventare regista e cosa ha sostenuto la tua motivazione in questi anni?
Ho cominciato da studentessa, facevo una ricerca di linguistica per un documentario ed ho avuto occasione di partecipare alle riprese: i pazienti del Santa Maria della Pietà (un ex-manicomio romano) uscivano per la prima volta dopo quasi trent’anni. Venne organizzata una gita con lo psichiatra, il regista, la troupe ed i 20-25 pazienti, tutti a bordo di un pullmann. Ci fermammo in una spiaggia brutta e sporca dove gli ex-pazienti si guardarono un attimo e poi, senza dire nulla, si spogliarono e si buttarono in acqua. Per me fu un’emozione e pensai “devo fare questo mestiere”: poi, molto faticosamente, ho iniziato con piccoli documentari per la RAI, che sono stati la mia palestra. Ho fatto il primo film, intitolato Ambrogio, quando ero già grande. Fare questo lavoro oggi è una scelta sempre più difficile e complessa, soprattutto se si vuole fare un certo tipo di cinema e raccontare determinate storie, io impiego anni a trovare i finanziamenti per i film che scelgo.

Essere donna in questo lavoro ti ha creato problemi, ti ha aiutato o è stato indifferente?
Mi ha sicuramente creato problemi e non mi ha aiutata affatto: spesso nel settore sono stati diabolici con me e molto più esigenti che con altri, anche perché io oltre ad essere donna sono stata anche accusata di avere una simpatia politica, di aver fatto scelte politiche un po’ “ideologiche ed estremiste” che ai più non piacciono e che non sono state rispettate. Ho scontato tutto ed ancora sto scontando. Per le donne è più difficile, come sempre, devono fare il doppio del lavoro e tutti sono doppiamente critici nei loro confronti.

Quali sono i personaggi femminili ai quali sei più affezionata, nei quali hai messo qualcosa di tuo?
Sono affezionatissima ad Ambrogio, il personaggio femminile della commedia con cui ho esordito, a Domenica, la protagonista del mio terzo film (interpretata da una ragazzina molto talentuosa di 11 anni dalla quale ho imparato tante cose) e ad Emma, la protagonista di La signorina Effe, interpretata da Valeria Solarino. Emma è un personaggio pieno di contraddizioni, con un’identità spezzettata: appartiene agli anni Ottanta sì, ma ho pensato anche alle ragazze di oggi, che hanno un’identità frammentata poiché non s’identificano nel lavoro, a causa della precarietà, non hanno un’identità politica forte (come potevano avere quelle della mia generazione) né un’identità legata al costume, alla famiglia, ma non esiste ancora neppure un’identità alternativa quindi le vedo potenzialmente interessanti ma molto sole, e pagano un prezzo molto alto. Emma è una che si dibatte fra diverse scelte, ma poi perde perché pur tornando sui suoi passi, viene comunque licenziata. E’ una sopravvissuta degli anni Ottanta e provo anche un po’ di tenerezza e indulgenza verso questo personaggio femminile. M’incuriosiscono, affascinano ed inteneriscono le ragazze di oggi perché per me sono abbastanza misteriose, anche se talvolta le vedo un po’ perse. Non penso che quelle della mia generazione fossero particolarmente meglio perché questo non sarebbe giusto, sarebbe un atteggiamento di supponenza, di superbia. Io non ho niente da insegnare a nessuno, ed ho ancora tanto da imparare.

Quali conquiste devono fare ancora le donne di oggi secondo te?
Tutto, se pensi che nella vita politica non ci sono donne e quelle che ci sono non ci piacciono tanto, nemmeno quelle di sinistra. Forse per la prima volta potrebbe esserci un Presidente degli Stati Uniti donna e, benchè i meccanismi politici americani siano lontanissimi da noi, questa cosa andrebbe sostenuta, se accadesse sarebbe una piccola rivoluzione. In questo momento le donne, tutte noi, ce la vediamo piuttosto male, basti pensare a quello che si muove intorno all’aborto, ma quella è una legge che non si tocca, andrebbe al massimo perfezionata e messa a punto.

Le donne oggi socialmente attive hanno ancora la stessa determinazione su certe battaglie ?
No, negli anni Settanta c’era grande entusiasmo, le donne hanno fatto vivere un movimento di massa. Nonostante la bella manifestazione dello scorso novembre, davvero partecipata, siamo una nicchia piccolina che si muove. Il problema delle giovani è che oggi non c’è uno spirito di genere, nemmeno sul lavoro: le donne sono molto più maltrattate, molto più precarie ma tutto è taciuto. Si parla tanto di operai ma mai di operaie: com’è possibile? Le operaie lavorano 12 ore come quelli della Tyssen, alla linea, con le braccia in alto e la macchina sopra per otto ore, non si può non parlarne. Le donne fanno comunque sempre il doppio lavoro (la spesa, la casa), sembrano banalità dell’altro secolo, le ragazze giovani si mettono a ridere quando ne parlo.

Cosa ti ha dato ‘La Signorina Effe’, in questo momento della tua vita lavorativa?
Sono abbastanza contenta di questo film ed ho avuto una risposta molto calda dal pubblico, nonostante non tutte le critiche siano state favorevoli. Volevo raccontare una storia operaia e volevo raccontare una donna a tutto tondo, ancorché piena di contraddizioni, con molti bianchi, neri e grigi. Credo di essere riuscita a fare entrambe le cose e di ciò sono abbastanza soddisfatta. Ho sollevato una grande polemica, si è parlato di questo film, alcuni hanno discusso animatamente fuori dalle sale, e per me questa è una cosa buona. Nessuno voleva che raccontassi questa storia, neppure i sindacati, ma è proprio in quel periodo che sono nate parole come mobilità e flessibilità. Spesso mi chiedono di andare a presentare questo film in giro: Termini Imerese, Pomigliano d’Arco, ecc. e questa per me è una piccola soddisfazione.

Che consigli darebbe alle giovani donne che vogliono intraprendere il mestiere di registe?
Direi loro di proteggersi bene, perché è un mestiere difficile ma suggerirei di farlo questo lavoro perché è bello e appassionante. Bisogna essere molto forti, c’è sempre un sottile senso di fastidio verso la regista donna, c’è un’enorme intransigenza. A volte è molto doloroso, si soffre, ma se ti piace, se ci credi e ti esponi, rischi di soffrire tantissimo, specie se si fanno certe scelte. Inoltre va detto che le donne vengono pagate meno, non solo le autrici, registe e sceneggiatrici ma anche le attrici: a pari merito un attore costa di più anche quando è giovane e sconosciuto.

Quali progetti hai per il prossimo futuro?
Mi vengono in mente ancora storie di donne, perché raccontare le donne è molto affascinante. Non sono personaggi, come si dice in gergo, “dritti”, sono personaggi “storti” e al cinema se c’è una cosa banale è un personaggio prevedibile. Chi scrive per il cinema deve sorprendere lo spettatore e le donne sono spesso molto sorprendenti, non sono mai banali o scontate. Ecco perché è interessante raccontarle.

(25 marzo 2008)

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