Viaggi svelati - Come si coniuga l’onore in un codice d’abbigliamento e ornamento corporeo altamente strutturato, da cui ogni deviazione ha valore simbolico ?
Marzia Beltrami Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2006
L’agenzia di pubblicità Memac Ogilvy ha lanciato una campagna a Dubai per il nuovo cellulare della Motorola: una donna mostra il cellulare, sottile quasi quanto la feritoia del suo burqa, dal quale si vedono gli occhi pesantemente truccati. Lunghe e aggressive unghie artificiali. L'immagine è originale e creativa, in un paese in cui la comunicazione è spesso tristemente blanda e ritrita, un po’ per carenza di idee, un po’ a causa della natura cosmopolita del paese e dell’esigenza di rispettare tutte le sensibilità dei consumatori.
E si è gridato allo scandalo! I manifesti pubblicitari esposti nelle strade sono stati rimossi, la campagna outdoor bloccata e l’agenzia ha perso l’account, anche se la foto è continuata ad apparire sui giornali. Ecco la spiegazione di Nayla Al Khaja, Emiratina titolare di un’agenzia di pubblicità a Dubai: “Non e’ un’immagine accurata della nostra cultura: per esempio, le unghie così lunghe sono ridicole. Se ti copri il volto significa che sei una persona molto religiosa e se sei religiosa, non porterai le unghie finte e il trucco pesante perchè è un segno di immodestia. E’ come mostrare una suora con unghie da strega.”
La cosa interessante è che un’altra esecuzione della stessa pubblicità, raffigurante un immacolato Emiratino (maschio) con un pizzetto sottile quanto il cellulare, non ha scandalizzato nessuno e continua a fare mostra di sé nelle strade.
L’incidente è eloquente: nell’industria della comunicazione medio orientale tanti addetti ai lavori sono occidentali e non riescono a distinguere ciò che è appropriato da ciò che è fuori luogo per la cultura locale. Non solo: esplode anche la frattura tra la realtà della donna Emiratina moderna (che davvero ha gli occhi truccati sotto il burqa e il manicure fresco) e l’immagine mentale stereotipata delle donne a cui questa società rimane attaccata.
Quando mai le donne locali stanno in cucina a lavare i piatti, come le pubblicità in TV mostrano? Gioca con lo stereotipo invece in maniera deliziosa e divertente la prima produzione di cartoni animati interamente locale: ‘Al Freej’. Quattro nonnine Emirate con il burqa dorato nel salotto di casa, con il loro gahwa (il caffé), chiacchierano, scherzano, litigano e complottano. Degli uomini nemmeno l’ombra e sullo sfondo della vecchia casa araba e dei tappeti, i grattacieli e gli enormi centri commerciali di Dubai. L’uso del dialetto locale e la rappresentazione della vita famigliare locale fa di queste nonnine quasi delle eroine nazionali.
Infine, un esempio di come si limitano i danni all’immagine di una famiglia reale (e di un paese) grazie all’autocensura dei media: recentemente gli Stati Uniti hanno fatto causa ai più importanti membri della famiglia reale di Dubai con gravissime accuse di schiavizzazione e sfruttamento di migliaia di bambini asiatici, rapiti o ‘comprati’ e letteralmente ‘usati’ come fantini per le gare di cammelli nel corso degli ultimi 40 anni. La notizia è apparsa su un quotidiano britannico e su poche altre pubblicazioni internazionali, in Medio Oriente la notizia ha generato solo una manciata di articoli e negli Emirati Arabi non è apparsa per nulla, come se la faccenda non esistesse. Dopo pochi giorni di mormorii e sussurri di chi aveva letto la notizia su internet, tutto è finito nel dimenticatoio. Reputazione salvata, dissenso taciuto, regole rispettate, sorriso sulla faccia, abiti modesti, armonia ripristinata: tutto sotto controllo.
(29 novembre 2006)
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