Intervista a Maria Mauro Pastorino - Donne, futuro, Paese. Sono le parole chiave con cui l'associazione affronta le sfide del Terzo Millennio
Giovanna De Simone Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2006
Sono un po' appassionata di storie personali, quindi, prima di chiedere ad Anna Maria Mauro Pastorino, presidente nazionale del CIF, notizie circa le attività dell'associazione e dei suoi obiettivi mi piace conoscere qual è stato il suo personale cammino e quali le motivazioni o le passioni che l'hanno spinta a ricoprire l'incarico che occupa oggi.
Ho 72 anni, un’età che in parte racconta già una storia. Il mio modo 'diverso' di guardare al mondo femminile lo devo soprattutto a quattro donne: mia madre che aveva frequentato nel 1915 la scuola per ragionieri - una vera eccezione a quel tempo - e le sue tre sorelle che erano altrettanto speciali. Una di loro in particolare è stata la prima donna libera docente di Ragioneria applicata all’università. Ho frequentato il Liceo “Andrea Doria” di Genova - allora uno dei più duri in Italia - e lì ho cominciato a verificare che nei miei libri di storia mancava qualcosa, la storia socio-economica. I miei studi universitari alla facoltà di Scienze Politiche di Genova sono stati così una ricerca di approfondimento di questi temi ed è cresciuta in me sempre più anche una passione per la partecipazione e la politica in generale. Con il matrimonio e la famiglia ho dovuto fare una scelta: mio marito era spesso in mare e per seguire i miei tre figli ho preferito non lavorare e dedicarmi completamente a loro. Quando gli impegni familiari sono diminuiti ho ricominciato ad occuparmi di politica. E proprio in quel periodo (1975) conobbi il Centro Italiano Femminile, associazione nella quale ho ricoperto varie cariche: presidente comunale e provinciale di Genova, poi presidente regionale della Liguria ed ora Presidente nazionale. Negli anni Ottanta ho inoltre ricoperto l’incarico di presidente di una circoscrizione della mia città e il compito di garante DC. L’incarico che oggi ricopro l’ho accettato volentieri, pur se complesso. Si è trattato di un caso di 'fatalità', direbbe un laico, o - direbbe un cristiano – di una 'Volontà' che non mi appartiene. E ovviamente questa seconda ipotesi non mi tranquillizza per niente, poiché al carico di lavoro che comunque un ruolo di dirigenza impone sento di essere chiamata ad aggiungere qualcosa di più. La fede in questo però mi è di grande aiuto.
Qual è l'immagine della donna per la vostra associazione e a quale donna in particolare intende rivolgersi?
Il CIF si rivolge a tutte le donne, poiché le loro storie, la loro Storia, ha uno zoccolo duro di bisogni e problematiche condivisi. Il CIF desidera aiutare le donne ad inserirsi nella società in tutti i settori a seconda delle proprie capacità e a ricoprire ruoli più significativi nella società civile. Siamo convinte che da un lato le donne devono educarsi ad essere cittadine consapevoli attraverso la “scuola” della collaborazione partecipativa ai diversi livelli del sistema sociale così che i partiti, le istituzioni diventino luoghi familiari e di pratica della propria cittadinanza attiva. Dall’altro le donne sono chiamate a sentire un senso di responsabilità più profondo nei confronti della società per le quali esse devono farsi costruttrici di una visione più “umana” e solidale. Esse sono chiamate ad esprimere quel “genio” che tanto magistralmente Giovanni Paolo II vide in loro anche per promuovere una cultura nella quale la maternità ritorni ad essere considerata dono e investimento per l’intera collettività e non solo un’“esigenza” personale, un fatto personale. Sicuramente il CIF non pensa alle donne come “categoria da essere salvaguardata”, così come emerso anche nel recente confronto televisivo tra i due candidati premier, tanto che la mancata partecipazione alla vita politica viene giustificata come “incapacità” da parte delle donne di affrontare tale compito o come la logica conseguenza esclusivamente di una “mancanza di regole”.
Le giovani donne che stanno crescendo in quest'Italia sempre più confusa rappresentano un problema e una speranza. Un problema perché la disinformazione colpisce i giovani più di chiunque altro, esposti al bombardamento di messaggi televisivi che inneggiano all'apparenza e all'individualismo. Una speranza, e il perché lo dice solo la loro giovane età.
Come si caratterizza il vostro rapporto con loro, e quali sono gli strumenti che utilizzate o intendete utilizzare per averne l'interesse e la partecipazione?
È il caso di prestare grande attenzione alle nuove realtà mass-mediali, dal momento che questa cultura, centrata prevalentemente attorno alle immagini, pare che catturi l’occhio, ma che non fa crescere la mente e il cuore. Di qui la necessità di analizzare tutto ciò che attiene la comunicazione nella sua complessità, di mettersi in ascolto e in profondità dei bisogni dei giovani, cercando di arrivare a loro comunicando con gli strumenti di oggi; un’operazione che può risultare difficile per una generazione come la mia ad esempio. Sul fatto che i giovani rappresentano una speranza per il nostro Paese è sì intrinseco nella realtà biologica dei fatti, ma non lo è invece nella politica che non pensa ad esempio a misure strutturali che consentano ad un giovane e una giovane di poter immaginare e programmare il proprio avvenire e di accogliere con fiducia la sfida dell’istituzione famiglia. Soprattutto il CIF cerca di aiutare le giovani a sviluppare uno spirito critico per il quale ormai si investe così poco nella nostra cultura. L’Associazione ha al proprio interno un Coordinamento nazionale Giovani del quale fanno parte rappresentanti territorialmente rappresentative che ogni anno organizza un Incontro Giovani su un tema specifico. In ogni sede CIF, soprattutto in quelle che hanno servizi, le ragazze lavorano su progetti precisi e vengono coinvolte nei fatti nella costruzione di una democrazia più solidale. Tanti i settori nei quali operano: asili, punti gioco, sportelli di volontariato, sportelli scuola, accoglienza e alfabetizzazione degli immigrati, sostegno alle madri in carcere.
"Le donne e il futuro del Paese" è il tema che avete proposto in occasione dell'8 marzo. Come mai questa riflessione, e come mai proprio adesso?
Il Paese attraversa un momento difficile e tutti gli indicatori parlano in questo senso. La “crescita zero” connota una crisi che viene da lontano e parla di un conflitto sociale latente, ma esteso che prima o poi, se non compreso e superato, può dare luogo ad una guerra di ciascuno contro tutti dall’esito scontato: la sopravvivenza del più forte. Anche l’astensionismo, che dall’ultima indagine Istat sembra colorarsi di “rosa”, esprime la disaffezione per una dimensione della politica lontana dagli interessi dei cittadini e poiché le donne sono le “antenne della società”, narra di un deficit di quella passione civile che, fin dall’inizio, ha invece caratterizzato la richiesta della piena cittadinanza al femminile. Nello scegliere il tema di approfondimento per celebrare l’8 marzo di quest’anno, l’Associazione ha usato tre sostantivi: donne, futuro, Paese per focalizzare la riflessione su tre particolari aspetti indicativi per una costruttiva discussione che aiuti la democrazia. Le Donne rappresentano la lente attraverso la quale si vuole valutare la realtà e con la quale è possibile affrontare ogni questione in maniera nuova oltre a rappresentare una risorsa sulla quale ancora tanto è necessario investire. Il Futuro rappresenta la prospettiva che deve guidare l’approccio ai vari problemi. Il Paese rappresenta, infine, il contesto storico-geografico al quale il CIF intende guardare. Il tema, come ormai è tradizione per l’Associazione, si pone come un contenitore aperto all’interno del quale ogni Cif ha scelto di affrontare un aspetto particolare.
Quale sarà il passo successivo alle importanti discussioni che avete sviluppato sull'argomento?
Abbiamo proposto questo tema perché crediamo sia importante in questo periodo adoperarsi per la costruzione di un “modello fiduciario” delle istituzioni che riscopra il sentimento di appartenenza ad una società e ad uno Stato grazie a una condivisa passione civile, che veda gli italiani, uomini e donne, coinvolti in un grande progetto di sviluppo integrato e strutturale. Il CIF intende condividere le proprie riflessioni con altre associazioni e con le istituzioni per offrire alle donne occasioni di formazione, “per contribuire alla crescita e allo sviluppo delle persone e delle singole comunità in ordine alla vita sociale, culturale e politica”. È quanto recita il nostro Statuto (art. 3). Si tratta di un lavoro di rete nel quale l’Associazione è da sempre impegnata e per il quale vanta un’esperienza che ha superato i sessant’anni. Un lavoro maggiore resta da fare soprattutto con le giovani poiché ci rendiamo conto che più difficile è il loro coinvolgimento. Resta priorità per l’Associazione l’esercizio di una cittadinanza attiva che richiede una diffusa cultura dell’apprendimento che abbia come obiettivo prioritario la centralità della persona considerata nella sua interezza, secondo lo spirito e i principi cristiani.
(23 aprile 2006)
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