Eccoci riuniti intorno alla tavola della poesia per riflettere in raccoglimento sulla vita e la morte, per confrontarci sul significato del nostro viaggio e del tempo che l’accompagna. L’ uomo è consapevole della caducità della vita e la morte è un
Eccoci riuniti intorno alla tavola della poesia per riflettere in raccoglimento sulla vita e la morte, per confrontarci sul significato del nostro viaggio e del tempo che l’accompagna. L’ uomo è consapevole della caducità della vita e la morte è uno dei temi maggiori in ogni epoca, che sia affrontata da un punto di vista religioso e spirituale o al di fuori di queste assicurazioni. Come vivono oggi i Poeti questi rapporti? Il gruppo di autori presenti in questa antologia, rigorosamente selezionati, evidenzia alcune tendenze e temi comuni, ma tanti altri ancora potrebbero essere approfonditi.
Certamente uno degli argomenti fondamentali è quello del tempo – il ronzio fastidioso del tempo; le tenebre del tempo. Come è avvertito dai nostri Poeti? Impossibilitati ad afferrarlo, ci si accontenta di trattenere l’istante, perché senz’altro il tempo è vorace, lacera i ricordi, fugge (fuggiva incompiuta la vita), corre via veloce, vola (diceva romanticamente il poeta francese Alphonse de Lamartine: Ô temps suspends ton vol! O tempo, sospendi il tuo volo!), è di una velocità inafferrabile, appassisce. Gli istanti sono limacciosi. Il tempo si organizza in stagioni: l’infanzia – sempre ricca di sperimentazioni ed emozioni -, la maturità – che sfida la vita - e la vecchiaia – l’ imbrunire dell’esistenza. A questo riguardo è esemplificata la lirica dal titolo Le stagioni in uno scrigno di Alessandra Beratto in cui la poetessa vede la vita ed il suo susseguirsi con allegria, l’alternanza delle stagioni legate ad ogni tipo di pietra preziosa. Ricrea calde atmosfere: l’autunno ritorna in perle d’opale e le giornate hanno il sapore della frutta candita; l’inverno porta con sé pietre preziose su un manto regale ed ha il sapore d’arancia e cannella. E così di seguito, inseguendo una vita piena di gioie, sapori, gustosa da assaporare (insomma, più che mai vita; vivere fino in fondo). Per Roberto Marzano: …il tempo / è un’ interminabile biscia / una moneta stronza che urla “croce” / quando avresti spergiurato “testa”…(Senza orto né porto). Bella l’invocazione di Lina Luraschi: Tempo / dalla voce sporca e vissuta / martelli sull’incudine sotto pelle (…). Tempo / che svuoti il miele dalle arnie (…). L’incalzare del tempo non è negato, si coltiva l’istante e la reazione è positiva; anziché gemere e rassegnarsi, si ritrova il passato attraverso i ricordi e la ricostruzione della propria giovinezza. Una parola ricorre, speranza: il sole rinasce, e così la speranza dà forza alla vita, all’alba vince la speranza / dell’ultimo guerriero (Angelica Costantini-Hartl) e E speranzosi messaggi /affidati a un’invisibile elica / in mari indifferenti (Michele Nigro). La speranza è quella che dopo ogni fine c’è un nuovo inizio, è quella di non cadere nell’oblio e di poter resuscitare, / per imprimere la volontà / di risvegliare dal sonno dell’incoscienza / la vera primitiva generazione (Patrizia Pierandrei).
Legato al tema del tempo che fugge è quello delle radici (Radici, di Annamaria Gallo) – profonde sono le radici,, definite indomite - e dell’attaccamento alla terra. A questo proposito vorrei ricordare la poesia di Lorenza Auguadra intitolata Il segreto del giardino in cui l’autrice fa riferimento a Teodor Ceriċ ed a Pia Piera, poesia che è il riassunto di tutta l’antologia. La vita – lunga - è chilometri di ore, la morte non è la fine, bensì la speranza la sovrasta. L’ uomo ritorna alle radici, alla terra che è rifugio: Misura di confine, ribellione / abbandono, accettazione - / perché sperare in una lunga vita? Nel suo libro, Al giardino ancora non l’ho detto, Pia Pera parla del suo strettissimo rapporto con il giardino, con la terra, con la vita che sa di dover presto lasciare perché malata: Vivere è una costante lotta di trincea (Pia Pera, op. cit. p. 66), è imparare a superare la paura, non della morte, ma di cosa viene prima. Lei che ha letto, scritto, amato, sentito i profumi fino alla fine…nulla è davvero la fine del mondo quando l’animo sia forte, gli affetti saldi, le risorse interiori tante (Pia Pera, op. cit. p. 131).
La “signora” – la morte – non è mai vissuta con angoscia, non è mai descritta in modo realistico come nella tradizione delle danze macabre da fine del mondo. La morte non fa paura, anzi per Maria Rosa Oneto è bella e raffinata / come una dama d’altri tempi! Il tramonto, la vecchiaia accompagnata da malattia (Alzheimer di Miriam Piga), dolore – strati di dolore in Imprinting di Tania Scavolini - e sofferenza spaventano più della morte stessa
Un altro dei temi ricorrenti è l’albero (Albero brucia, Albero bruciato, L’ulivo), legato a quello delle radici: Albero dimora, le tue donne / si sacrificano / per il frutto più dolce / e inosservate invecchiano / quando l’ombra si abbassa alla terra / e con essa il sole mostra / il suo ultimo raggio verde (Angelica Costantini-Hartl). Viene in mente il titolo di un famoso film del 1986 di Eric Rohmer, Le rayon vert. Il titolo del film deriva dal fenomeno ottico del raggio verde e dall'omonimo romanzo di Jules Verne che ne era stato ispirato. Nella poesia intitolata Le fronde di Tania Di Malta, Sono gli anelli che raccontano l’albero / in lacrime di resina, nel bagliore del topazio / resisteranno in autunnale dissolvenza / ogni qualvolta il tronco verrà reciso. Parsifal è portatore di speranza: Donerai tinte d’arcobaleno / all’ultima preghiera del morente? L’albero – punto reggente -, simbolo della vita, è proprio legato al tema della speranza perché è idea del cosmo vivo (dolce fluire del tempo cosmico, Annamaria Gallo), in continua e perpetua rigenerazione, evoluzione, alternanza (A volte vita / A volte morte (…) Eterno Ciclo (…), Angelica Costantini-Hartl) in ascensione verso il cielo, evocando tutto il simbolismo della verticalità: così l’albero di Leonardo da Vinci (Oltre di Umberto Barbera).
Come dice ancora Pia: Gli alberi sollevano dall’isteria….Gli alberi che vivono e muoiono lentamente, con la dignità di chi non si scompone né di venire al mondo né di lasciarlo (Pia Pera, op. cit. p. 96).
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