Gli psichiatri italiani non vogliono più fornire, in nessun modo, una pur minima sponda o giustificazione ai femminicidi. Finalmente una parola di verità sui finti raptus di follia attribuiti agli autori dei femminicidi
Lunedi, 25/11/2013 - In prossimità della Giornata internazionale contro la violenza alle donne è stata offerta alla pubblica opinione una nota stampa da parte della Società italiana di psichiatria (Sip), particolarmente chiarificatrice del nesso intercorrente tra le malattie mentali ed i femminicidi. Difatti Claudio Mencacci, presidente di suddetta società nonché direttore del dipartimento di salute mentale dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, in un convegno intitolato “Quanto costa il silenzio”, tenutosi a Roma lo scorso 21 novembre, ha precisato che “sulla scorta di diversi dati, tra i quali quelli dell'Istituto europeo di ricerche economiche e sociali (Eures), si dimostra che, in oltre 400 casi, solo il 3,6 % degli uomini che hanno ucciso una donna erano portatori di una malattia mentale. Nella stragrande maggioranza ci troviamo, infatti, davanti a uomini che hanno comportamenti violenti, aggressivi, prepotenti, semplicemente una personalità antisociale ed egoistica, che non tollerano la possibilità per la donna di operare scelte diverse e autonome". Un’affermazione del genere in tanto ha un senso in quanto vuole essere indirizzata ai magistrati ed alle istituzioni, affinchè “il ricorso alla perizia psichiatrica sia effettuato solo in casi eccezionali”. Il messaggio inequivocabile dovrebbe arrivare dritto ai suoi destinatari, perché “troppo spesso ricorrendo a giustificazioni psicopatologiche, che non hanno nessun fondamento, questi assassini si vedono rapidamente ridotte, nei diversi gradi di giudizio, le pene che erano state loro comminate, quando, invece, occorrerebbe essere severissimi, applicare con maggiore attenzione i sistemi preventivi, abolendo le giustificazioni anche di natura psicologica perché nella maggior parte dei casi si tratta di un vero e proprio gesto aggressivo”.
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