Opera - L’opera di Jacques Offenbach al Teatro Regio di Torino fino all’8 febbraio
Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2009
Chi ama inebriarsi di climi fantastici e di belle musiche è invitato al Teatro Regio di Torino, che offre fino all’8 febbraio “I racconti di Hoffmann”, un’opera di Jacques Offenbach, ispirata al compositore franco-tedesco da tre racconti romantici del suo scrittore prediletto. Di grande freschezza creativa e venato i malinconia, questo ultimo lavoro dell’autore di tante scintillanti operette, rappresentato dopo la sua morte nel 1881, intreccia e fonde armonizzandoli fantasia e sentimenti, elementi magici e surreali con tratti satirici e grotteschi. Protagonista ne è lo stesso Hoffmann (il tenore messicano Arturo Chacón-Cruz). Frequentatore di universi poetici e di taverne, immerso spesso in un mondo di incanti costruito sui fumi del vino e della birra, l’artista evoca sullo un sfondo di una bell’époque vacua e spregiudicata, tre fantastici, episodi d’amore che l’hanno travolto e sconvolto.
La prima avventura nasce dalla passione per Olympia, una creatura bellissima che si rivela una bambola meccanica destinata alla disintegrazione (Désirée Rancatore, soprano di agilità dalle prodigiose capacità virtuosistiche). Segue l’innamoramento per Antonia, una ventenne dalla grazia delicata vittima di un sortilegio. Dotata di una voce portentosa, non può espanderla a rischio di perdere la vita, cosa che avviene ineluttabilmente (ne è interprete il soprano torinese Raffaella Angeletti, molto applaudita). Una terza passione divampa a Venezia per Giulietta, una cortigiana che dopo averlo indotto ad uccidere un suo amante, si allontana con un altro corteggiatore (mezzosoprano Monica Bacelli). A questo punto l’incantevole, famosa barcarola culla lo spettatore provato da alcune prolissità di questa bellissima, labirintica e poco rappresentata opera: tre atti, più prologo ed epilogo.
Quando il poeta riemerge dai sogni e dai vapori dell’alcool e ritrova il suo sentimento concreto per un’attrice che era sembrata ricambiarlo, questa gli è già stata sottratta con un imbroglio da un rivale. Ma chi ha indotto tante sventure fra realtà e magia? Erano tre ambigui personaggi maschili, portatori di infernali ingerenze, che nei sogni di un poeta indifeso e innocente avevano tramano illusioni, inganni e disinganni. Il baritono Alfonso Antoniozzi con ironia e versatilità li incarna tutti e tre.
Il Teatro Regio di Torino ha coprodotto con Madrid, Tel Aviv e Tolosa questo raro allestimento con la regia del francese Nicolas Joël. Applausi a Emmanuel Villaume, il giovane della stessa nazionalità a capo dell’Orchestra del Regio, che ha effuso con chiare luminosità i vellutati brani melodici. Pieno consenso per la fantasia scenografica di Ezio Frigerio, un immenso ricamo decò a ruote concentriche che a tratti fa apparire le strutture ispirate alla Tour Eiffel come veli trasparenti. Di mirabile eleganza i costumi di Franca Squarciapino. Una maggiore intensità delle luci, sempre troppo sommesse nei teatri lirici, sarebbe apprezzabile.
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