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I luoghi delle donne

I luoghi delle donne

Illuminata umanità/2 - Roma/la casa della mamma, Solidarietà tra donne, Torino/Alma mater, un luogo e un simbolo, Ali, la Sicilia che non ti aspetti

Venerdi, 23/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2011

Roma, la Casa della Mamma

“Cerchiamo di farle sentire figlie prima, perché possano sentirsi madri poi”. Se non può definirsi un motto, certo potrebbe essere la sintesi del loro lavoro quotidiano. Che Carla Guerra e Lucia di Mauro - rispettivamente Direttrice e Coordinatrice della Casa della Mamma di Roma - siano donne abituate all’accoglienza, lo si capisce immediatamente. E che, non a caso, hanno scelto di mettere al servizio di altre donne meno fortunate il proprio lavoro quotidiano in un centro che tenta di essere, prima di tutto, famiglia. Dal giardino della Casa si intravedono file di carrozzine: sottofondo costante le voci dei bambini, dall’asilo nido cui sono affidati dalle giovanissime madri ospitate nella Casa, mentre tentano di ricostruire quella che, a 15 anni, dovrebbe essere la normalità: scuola, studio, piccoli impieghi. Ma prima di tutto il duro lavoro su se stesse, per comprendere quel ruolo di madre arrivato un po’ per caso, un po’ per fatalità. Molto spesso difficile da accettare, il più delle volte impossibile da gestire. Di queste giovanissime, di età compresa tra i 15 e i 23 anni, la Casa della Mamma ne accoglie sei, insieme ai loro bambini. Qui vengono mandate dal Tribunale dei Minori o su richiesta dei servizi sociali, nella speranza che quella strada dalla quale provengono non le richiami a sé, condannando all’emarginazione e al disagio sociale anche i loro figli. Nata nel 1969 con lo scopo di aiutare le ragazze madri allontanate da famiglie in fuga dallo scandalo, la Casa della Mamma vive ancora oggi, e si è adeguata allo scorrere del tempo. “Le cose in questi anni sono molto cambiate - racconta la dottoressa Guerra - nelle giovani sembra scomparso quell’istinto materno che una volta era innato. Sono vittime del modello imposto dalla società e ricercano l’apparenza ad ogni costo: i figli sono spesso un peso impossibile da sostenere, vissuti come un ostacolo alla ricerca della propria affermazione sociale. A volte è complicato, perché quella che proponiamo a queste ragazze è una vita in salita. Ma è l’unica possibilità che hanno”. Anche il centro, con gli anni, ha attraversato la propria evoluzione. Migliorando ed avvalendosi dell’aiuto di operatori del settore - psicologi, educatori, assistenti sociali - impiegati a tempo pieno per assistere mamme impreparate al duro lavoro di accudire un figlio, abbandonate da giovanissimi partner, cresciute all’ombra di famiglie disastrate nei quartieri di una metropoli che sembra non avere posto per loro. Un percorso di cura e reinserimento sociale individuale articolato lungo diversi anni, perché oltre al vivere meglio il presente ci possa essere la costruzione di un futuro dignitoso. “Il nostro lavoro si basa principalmente sulla relazione interpersonale: la fiducia, la familiarità e l’affetto che queste ragazze non hanno mai avuto lo trovano qui dentro, e crescendo imparano a restituirlo ai propri figli” spiega Di Mauro, mentre ricorda le storie delle tante ragazze ospitate. “È un lavoro di lungo periodo, i cui risultati non si vedono che dopo diversi anni. Ma quando li tocchiamo con mano è un momento di gioia che da senso al nostro lavoro”. Una struttura, questa, che riceve solo un 30% di contributi pubblici dal Comune di Roma, ma che sopravvive grazie alla generosità di donazioni private.

Cecilia Dalla Negra



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Solidarietà tra donne



Quando si parla di solidarietà, c’è sempre il pericolo di cadere nei luoghi comuni, nel pietismo, nei buoni, quanto facili, sentimenti. La storia che mi ha raccontato Tiziana Biolghini, che dirige l’Ufficio Handicap della Provincia di Roma, non ha nessun connotato di questo tipo. È la storia del dramma di una donna che si trasforma in resistenza collettiva contro la violenza di uno stato e delle sue leggi, che troppo spesso, sono contro il genere femminile. “Avevo deciso di fare dei lavori in casa – ci racconta Tiziana – e mi ero affidata a una cooperativa sociale integrata. Dopo alcuni giorni, un operaio mi confidò il dramma personale che stava vivendo. La compagna rumena, Alina, aveva appena scoperto dall’ecografia che il bimbo che aspettavano, era un feto malformato e che, con molta probabilità, non sarebbe nemmeno sopravvissuto alla nascita.” È facile immaginare che una notizia come questa, sconvolge l’equilibrio di una coppia che vive l’emozione di una nascita, privandola totalmente della gioia e della speranza. “Ormai convinti ad abortire, Alina e il suo compagno vengono a sapere che da due giorni è scaduto il termine, di ventiquattro settimane, per l’aborto terapeutico. La donna secondo la legge italiana, deve portare avanti la gravidanza e partorire, nonostante il feto potrebbe essere già morto o destinato a non sopravvivere più di qualche giorno. A Roma, nonostante le ricerche, nessun medico decide di aiutarla. Ed è così che, io e le donne dell’associazione di volontariato “Un ponte”, abbiamo deciso di fare una colletta e di accompagnare Alina a Barcellona, in Spagna, dove avrebbe potuto abortire, perché lì la legge lo consente. Le amiche dell’associazione “Un ponte” hanno tutte chi un figlio, chi un fratello disabile, e hanno dimostrato la loro grandezza e la loro disponibilità nell’aiutare una donna sconosciuta.” Alina non è stata mai lasciata sola ed è tornata a Roma dopo l’intervento insieme alle sue amiche, e adesso vive una vita felice con il suo compagno. Questa storia ci insegna quanto le leggi in questa Italia del primo mondo, siano miopi e operino una violenza sistematica sui corpi femminili. Di contro, è il racconto di una solidarietà vera, basata solo sulla consapevolezza che non lasciare solo un essere umano in difficoltà, è l’unica possibilità per vivere a pieno la propria umanità.

Silvia Vaccaro



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ALMA MATER, UN LUOGO E UN SIMBOLO


“Ogni anno si rivolgono a noi, per la prima volta, circa 900 donne. Il bacino di utenza complessivo è di circa 3200 donne” - ci racconta Jessica Ferrero, del direttivo dell’Associazione Almaterra di Torino. “Il nostro è un approccio di accoglienza a tutto tondo per favorire la realizzazione delle strategie di vita delle donne. Con noi lavorano circa 30 volontarie e 15 collaboratrici, in parte native in parte migranti; tutti i nostri servizi sono gratuiti. Uno dei nostri impegni è quello di cercare di cambiare la percezione che si ha del lavoro di cura, troppo spesso dato per scontato quando non addirittura disprezzato. Per questo, anche con altre associazioni, nel nostro corso sull’assistenza famigliare cerchiamo di far riconoscere alle donne stesse il loro valore. Questo è il primo passaggio per un percorso di affermazione dei diritti: rompere gli schemi”. L'idea forte che ha guidato il progetto fin dall’inizio è stata quella di ribaltare lo stereotipo della migrante come bisognosa, rivalutandone invece risorse, capacità e talenti, attraverso percorsi di cooperazione e autodeterminazione. Il Centro interculturale delle donne “Alma Mater” (dal nome dell’ex scuola che lo ospita) nasce nel 1993, dopo tre anni di lavoro di un gruppo della Casa delle donne di Torino e di donne migranti. L’Alma Mater è una casa, un luogo dove si sono intrecciati progetti, desideri, supporto relazionale in momenti difficili, iniziative di sostegno al reddito e alla salute. È anche sede del primo bagno turco in Italia, l’Hamman per la cura del corpo secondo la tradizione araba, spazio di ritualità femminili, anche in gravidanza e dopo il parto. Gestito dall'associazione Almaterra, il centro svolge con le mediatrici culturali attività di accoglienza, orientamento e accompagnamento ai servizi. Offre inoltre percorsi di accompagnamento al lavoro e formazione rivolti alle migranti che cercano lavoro ad alta e media qualifica; progetta azioni positive e percorsi di sostegno e accompagnamento a quelle che scelgono di uscire dal settore del lavoro di cura; sostiene le famiglie che scelgono la cura a domicilio per gli anziani; promuove corsi di riqualificazione dei lavori di cura. Importanti sono anche il progetto Alma solidale - microcredito, il consultorio giuridico, il laboratorio di italiano e l’attività di accoglienza e accompagnamento per le profughe. I servizi del centro sono resi possibili anche grazie al contributo dalla compagnia di San Paolo per le attività istituzionali. (www.almaterratorino.org)

(E.R.)



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A.L.I. Ambiente Legalità Intercultura

“La Sicilia che non ti aspetti”




La Cooperativa A.L.I. propone viaggi di turismo responsabile in Sicilia: se da un lato i gruppi vengono accompagnati a visitare luoghi culturalmente e storicamente importanti e spesso poco valorizzati, dall’altro viene promosso l’incontro con associazioni locali che lavorano per uno sviluppo sostenibile in Sicilia e nel mondo, in particolare con persone che fanno della lotta antimafia un punto cardine delle loro attività, testimoni diretti e studiosi del fenomeno. L’ospite può pertanto sperimentare e conoscere modalità diverse dalle proprie, approfondire la realtà con cui viene a contatto ed “entrare” nei luoghi del viaggio non solo da spettatore, ma come persona sensibile e disposta ad un maggior coinvolgimento. Nel corso del viaggio solidale A.L.I. propone, fra l’altro: a Palermo, oltre agli aspetti turistici, una visita all’asilo interculturale gestito dall’associazione Anymore, un incontro con i soci di A.L.I. ed uno con i negozianti aderenti al comitato Addiopizzo ed una cena presso la Focacceria di San Francesco, uno degli esercizi commerciali più rappresentativi del comitato antiracket AddioPizzo. A Piana degli Albanesi, oltre alla visita del museo etno-antropologico, è previsto il passaggio su terreni confiscati alla mafia, oggi gestiti da cooperative sociali, e l’incontro con i superstiti della strage di Portella della Ginestra. A Cinisi A.L.I. promuove una visita alla Casa della Memoria di Peppino Impastato e, a Partinico, un incontro presso la coop. No-E (No-Emarginazione), operante su beni confiscati alla mafia ed impegnata nel reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. Ovviamente gli incontri sono alternati a visite naturalistiche (riserva naturale dello Zingaro, parco naturale della Favorita, riserva marina di Capo Gallo), passeggiate (sulla celebre via del sale, presso la laguna marsalese dello Stagnone) e visite a borghi e cittadine caratteristici (Scopello e Cefalù). Per informazioni e contatti: A.L.I., Palermo - tel. 091.6703127 / 346.0553773 - info@alicooperativa.com.

(E. C.)











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