Mercoledi, 06/03/2013 - Non c’è giorno o notte che non si rifletta con una certa preoccupazione sulle sorti del Paese in cui viviamo. Inutile dire che nella storia l’idea di rivoluzione è déjà vu… La presentazione poi dei nuovi deputati e senatori del M5S ha inevitabilmente riportato alla memoria le lunghissime assemblee durante le occupazioni della generazione sessantottina e degli anni a seguire, con la differenza che le loro decisioni possono ora condizionare l’Italia, con il rischio di precipitare ancora sotto il peso dell’ambivalenza che caratterizza la lotta generazionale. Quest’ultima, infatti, ha sempre sofferto del peso di un’ambivalenza insormontabile nel rapporto con l’autorità -o con il padre-, ora modello idealizzato, ora rivale da ripudiare. La mia simpatia per il M5S l’ho espressa soltanto agli inizi del movimento, quando il partito che avrei voluto votare candidò una persona pesantemente inadeguata, mentre il movimento presentava una novità di “pulizia”. In queste elezioni ho profondamente compreso il senso di protesta del voto e le tante adesioni al M5S, ma nonostante l’idealità che il Movimento possa rappresentare -la stessa idealità vilipesa e perduta in un ventennio d’indifferenza, corruzione, volgarità e degrado globale, dove il padre padrone non era né modello ideale da superare, né tanto meno da ripudiare per il condizionamento in corso-, ora perfino un adolescente capirebbe il rischio della “pulizia tutto e subito” con uno stile, all’apparenza poco democratico, che sottende innanzitutto la pretesa. C’è una petizione proposta da Avaaz, solitamente iniziative a sfondo sociale e umanitario, che chiede l’adesione a consegnare il governo nelle mani di Grillo, per evitare l’ennesimo rischio Berlusconi! Sappiamo già tutti che è proprio il M5S a desiderare il contrario, cioè il governissimo PD-PDL, e con uno stile che pecca proprio di stile, nel non fare mistero delle proprie aspettative ( tipo governissimo o governo tecnico), come per dire: “ Se qualcuno non si fosse accorto che vi siete in qualche maniera smascherati, ora lo dovete fare in modo ancora più eclatante per i nostri desideri”… Non importa se ci sono urgenze superiori all’idealità del Movimento, come le sorti di un Paese, ciò che importa sembrerebbe invece il trionfo, inteso quasi in termini psicoanalitici: “Ti devo svuotare di tutte le cose buone, per prenderle io, identità inclusa, perché non le devi più avere e basta”. E questo sottintende: “ Se tu non mostri il peggio di te io non posso confermare il meglio di me.”. Questo significa rimanere a propria volta svuotati dopo un vissuto di onnipotente trionfo e inevitabile autodistruzione. Seguire così la logica del tutto o niente, una strategia che ricorda più il principio del piacere e non certo quello di realtà, al quale il movimento dice di appellarsi. In questo stile in cui la verità è assoluta e appartenente a chi non sembra avere più nulla da perdere, il confronto con il mondo reale, quello adulto, è impossibile, perché guai a parlare di compromesso a un adolescente. Allora non resta che una strada: quella della consegna del potere! Il padre dona le chiavi del regno e si fa superare, così l’opposizione cieca e testarda si spompa…forse con una futura speranza di dialogo. Non può esserci uno zio, o un istitutore, ma deve darle al figlio adolescente, a sua volta ragazzo-padre! Un mondo adulto che ha deluso moltissimi giovani commettendo errori anche grossolani, ma non per questo da escludere con disprezzo attraverso forti contraddizioni e incoerenze. Forse il dono è l’unico modo per responsabilizzare chi non vuole confronti, chi nega il ruolo impegnativo che la storia prima o poi impone a tutti i figli e i padri del mondo: quello del confronto. Nelle migliori idealizzazioni ci si deve prima o poi soffermare su degli aspetti concreti della realtà, non più idealizzabili, ma non per questo morti o da buttare.
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