Movimenti arabi - La sconfitta dei movimenti democratici nel mondo arabo e la mancata attenzione per gli interessi della popolazione femminile
Giancarla Codrignani Domenica, 21/07/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2013
Spero che arrivino anche da noi le magliette subito stampate in Turchia non appena è esplosa la resistenza a norme illiberali emanate dal governo Erdogan: l'immagine della "ragazza con la giacca rossa" che resiste imperterrita ai getti degli idranti della polizia che la investono è un segnale grande di nonviolenza.
Tutti, non solo noi donne, vorremmo che la vita servisse a migliorare il mondo. Non si capisce perché i poteri costituiti - quel neutro artificialmente colorato di rosa che non riesce a rinunciare al controllo autoritario - non si accorgano che per qualunque trasformazione avrebbero trovato nelle donne un alleato "potente", aggettivo che all'uomo piace, in relazione al quale ci hanno definite "deboli". Insegniamo perfino come si fanno le dimostrazioni in tempi in cui droni della polizia senza piloti possono intervenire dall'alto a "reprimere".
Eppure ci sono, da tempo, segnali sempre più evidenti che anche nel mondo arabo e in quello islamico la sconfitta dei movimenti democratici è stata causata in primo luogo dalla mancata attenzione agli interessi della popolazione femminile, che pure in tutte le piazze delle cosiddette "primavere arabe" era stata ben presente. La sconfitta delle "rivoluzioni dei gelsomini" si è verificata per due vizi tradizionali dei progressiti, la frammentazione in liste identitarie e il rifiuto di accordi elettorali unitari.
Più o meno duemilacinquecento anni fa un uomo di teatro metteva in scena la nonviolenza delle donne che avvertivano i maschi che i conflitti si risolvono con il negoziato e non con la divisione e la guerra. Loro non capivano. Non capiscono nemmeno ora: evidentemente la guerra è un retaggio storico che piace. Probabilmente anche a molte donne.
In Turchia si rifanno vive vecchie storie: l'impero ottomano, che era multinazionale e multilingue, si estendeva dai confini europei di Austria e Polonia allo Yemen, all'Algeria: l'ultimo sultano cadde nel 1923. La storia tuttavia non cambia le pagine a piacere e i costumi non sono comandabili a bacchetta.
La politica di Erdogan sta evocando gli spiriti del passato e, insieme, l'impossibilità di conciliare il ritorno a una leadership turca del mondo musulmano con la necessità di essere occidentali ed europei. Come sempre i paesi grandi comprendono aree molto diversificate: le campagne e le province sono povere e arretrate, mentre le città hanno la stessa vita delle nostre. Già a fine Ottocento il movimento dei "giovani turchi" aveva messo in crisi le antiche tradizioni e gli storici evidenziano come non sia stata la prima guerra mondiale, ma la decadenza culturale implicita nel vecchio mondo a causarne la fine. Il presidente intende mantenere le tradizioni ad uso politico, con conseguenze non neutre: si può controllare meglio il paese attraverso la morale islamica non solo della moderazione alcolica, ma della sottomissione femminile, gradita a tutti i maschi.
La ragazza dalla giacca rossa è apparsa come simbolo di innovazione. Chi l'ha fotografata dice che aveva già provato (e aspettava a piè fermo di ricominciare) a ragionare con la polizia, per sollecitarla a solidarizzare contro l'uso del velo, le leggi che impediscono ai giovani di baciarsi in pubblico, il proibizionismo. Questa ragazza ha rifiutato la logica che vuole "a prescindere" il poliziotto nemico del cittadino.
Amina Tyler è stata assolutamente diversa: è finita in carcere e processata per aver opposto il seno nudo alle intimidazioni dei salafiti tunisini. Il gesto può sconcertare persone inconsapevoli dell'ipocrisia perbenista che consente il topless, ma sente peccaminosa la corporeità. Il corpo è di per sé inoffensivo, pur essendo sede delle pulsioni: Freud riconosce che il pene può essere un'arma - e i femmicidi gli danno ragione - ma nessuna scuola psicanalitica proporrebbe la stessa analogia per la vagina. In un paese vissuto dal 1957 secondo costumi non molto diversi dalla vicina Sicilia, Una ragazza avrebbe dovuto accettare che le donne non vadano più a scuola, non lavorino, vivano in casa disponibili solo al proprio marito? Un'universitaria che si sa intelligente, ha aspirazioni di carriera, fuma nei caffè dove va da sola? Avrebbe potuto reagire aiutando le lotte di amici e colleghi che già prima non avevano lottato per lei. Invece ha accettato la sfida opponendo quel corpo vulnerabile che va coperto perché "offende", anche se rappresenta la sopravvivenza del neonato ed è simbolo di nonviolenza.
Un proverbio dell'Arabia Saudita dice che "alle ragazze toccano in sorte il velo e la tomba". Il paese è il più sessista dell'Oriente e i veli sono integrali: eppure il re ha istituito il primo centro sportivo femminile. Ma è anche partita per la prima volta una campagna sulla violenza domestica contro le donne che hanno denunciato che almeno una donna su sei subisce violenze fisiche, verbali o psicologiche ogni giorno e ne sono responsabili mariti, padri e fratelli.
La globalizzazione culturale delle donne apre porte di speranza.... Perché non cogliere l'opportunità di approfittare delle regole suggerite dalle donne non ancora omologate in tutti i paesi del mondo?
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