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I dittatori non amano la poesia

I dittatori non amano la poesia

Siria - La poetessa siriana Maram Al-Masri parla del popolo oppresso, della condizione delle donne, di chi fugge e di chi muore nel suo paese d’origine. È accaduto a settembre ad Agrigento, nella Valle de Templi, per iniziativa della Fidapa

Ester Rizzo Venerdi, 04/12/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2015

 Le ho viste. / Loro, / i loro volti dai lividi celati. / Loro, / Gli ematomi nascosti tra le cosce / Loro, / i loro sogni rapiti, le loro parole azzittite / Loro, / i loro sorrisi affaticati. / Le ho viste / tutte / passare in strada / anime scalze, / che si guardano dietro, / temendo di essere seguite / dai piedi della tempesta, / ladre di luna / attraversano, / camuffate da donne normali. / Nessuno le può riconoscere / tranne quelle / che somigliano a loro.

Sono i versi della poetessa siriana Maram Al-Masri, dedicati a tutte le profughe, alle "donne sommerse", alle vittime di violenza.

Maram nasce a Lattakia, una città bagnata dalle onde del Mediterraneo, molto vicina all’isola di Cipro, l'isola di Afrodite, dea della bellezza e dell'amore, e lì trascorre i suoi primi vent’anni. Ma Maram è una "ribelle", si oppone al regime dittatoriale di Assad ed è quindi costretta a fuggire, a rifugiarsi in Francia, a Parigi. Questa fuga la imprime per sempre con l'inchiostro su una pagina bianca: “Lì ho sepolto mio padre il giorno in cui ho deciso di partire con una sola valigia e la sua fotografia”.

A Lattakia, città martoriata oggi presa di mira dall’ISIS, vivono ancora tutti i suoi cari. E la sua terra le manca. Ci confessa che spesso fa un sogno: il suo bel paese finalmente libero e lei diventata un uccello dalle grandi ali che sorvola felice la sua nazione.

Tra le sue raccolte "Arriva nuda la libertà" dove, leggendo i versi delle sue poesie, si percepisce come lei sia diventata un tutt'uno con il dolore del suo popolo e quello che scrive è un regalo, un omaggio a tutti i siriani che hanno perso la vita sotto le bombe e le torture del regime.

La Siria per me / è una ferita sanguinante / è mia madre sul letto di morte / è la mia infanzia sgozzata / è incubo e speranza / è inquietudine e presa di coscienza. / La Siria per me / è un’orfana abbandonata. / È una donna violentata tutte le notti da un vecchio mostro / violata / imprigionata / costretta a sposarsi. / La Siria per me / è l’umanità afflitta / è una bella donna che canta l’inno della Libertà / ma le tagliano la gola. / È l’arcobaleno del popolo / che si staglierà dopo i fulmini / e le tempeste.

Le parole di Maram trafiggono le nostre coscienze: "avvolti nei loro sudari / i bambini siriani / sembrano caramelle da scartare / non fatte di zucchero / ma di carne / di sogno / di amore...".


Definisce i suoi connazionali "figli della libertà". E quello che succede oggi al mio popolo, dice Maram, è terribile ed ingiusto. "La Siria storicamente è stata terra di accoglienza per altri popoli nei momenti bui della loro storia: curdi, armeni, libanesi vi hanno trovato rifugio. Oggi invece il mondo arabo ha voltato le spalle, non concede visti, innalza muri e spesso, quando i profughi sono stati accolti, come in Serbia, non ci sono strutture ed organizzazioni adeguate. Si poteva e si doveva intervenire prima e questo ritardo ha creato delle piaghe che non curate sono andate in cancrena”.

Le chiediamo del ruolo delle donne e lei ci ricorda che le poetesse arabe hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia dei loro Paesi. Dal 1949 al 1975 sono state ben 95 quelle che, tramite la loro poesia, hanno spezzato gli antichi canoni stilistici, hanno infranto le regole, hanno frantumato la tradizione ed esaltato la libertà, compiendo così una grande rivoluzione. "Oggi le donne sono la colonna portante della Siria e partecipano attimo per attimo alla rivoluzione. Tante giovani poetesse usano la poesia come forma per esprimere il loro diritto alla libertà".

In ogni epoca la poesia non è mai stata tollerata dai dittatori, perché la poesia, anche se sembra fragile, come il profumo dei gelsomini, ha invece una forza potente che dimostra come la guerra è la più orribile delle realtà, e i versi possono diventare un inno alla giustizia ed alla libertà. "Con la poesia - ci dice - riesco a sublimare tutto lo squallore che ho intorno ed ogni giorno cerco la bellezza sperando sempre in un futuro migliore”.

I siriani oggi sono undici milioni, ieri erano venti milioni: sono stati decimati, attualmente non stanno combattendo una guerra civile ma una rivoluzione democratica. Il problema non è solo l'esodo del suo popolo, ma quello che succede a chi resta: fame, torture, prigione. "I siriani non stanno emigrando, stanno tentando di fuggire alla morte, attanagliati da una parte dallo spietato regime dittatoriale di Assad e dall’altra dall’ISIS”.

“Anime scalze” è il titolo di una raccolta di poesie di Maram e quelle anime quasi ci fanno percepire il lieve rumore dei passi scalzi di tante genti umiliate dall'indifferenza del mondo e soggiogate dalla violenza e dalla crudeltà. Sono anime in cammino sulle strade di questo nostro pianeta, alla ricerca di un angolo di pace.

"I rifugiati fuggono dalla morte ma ne sentono i passi risuonare alle spalle".

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