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I consultori familiari dopo 40 anni

I consultori familiari dopo 40 anni

Salute BeneComune - Primo effetto della pressione del movimento delle donne degli anni ‘70 è stata la legge 405/75 istitutiva dei consultori familiari per la promozione della salute delle donne e dell’età evolutiva....

Michele Grandolfo Venerdi, 03/04/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2015

 Primo effetto della pressione del movimento delle donne degli anni ‘70 è stata la legge 405/75 istitutiva dei consultori familiari per la promozione della salute delle donne e dell’età evolutiva. Il legislatore coglieva l’idea geniale del movimento di creare consultori femministi autogestiti per soddisfare la duplice esigenza di uscire dal modello biomedico di salute, dominato dalla negazione del punto di vista di genere e quindi intriso di maschilismo e di rifiutare il conseguente paternalismo direttivo. Aspetto innovativo era la composizione multidisciplinare dell’equipe consultoriale nella consapevolezza che i fattori sociali sono dietro le cause biomediche condizionanti la salute. Innovativo era anche il rifiuto del paternalismo direttivo.



I consultori familiari erano servizi radicalmente nuovi nello scenario della sanità pubblica tradizionale, anticipavano lo spirito che avrebbe informato la legge istitutiva del servizio sanitario nazionale, di tre anni dopo. Loro finalità era la promozione della salute delle donne e dell’età evolutiva, considerati tradizionalmente soggetti deboli da mettere sotto tutela. Assumendo che le relazioni di potere si fondano sulla produzione del luogo comune che chi subisce il potere nei suoi multiformi aspetti è incompetente e pertanto da guidare, si comprende bene perché si può parlare di rivoluzione copernicana.



Tale prospettiva anticipava di dieci anni la Carta di Ottawa (1986) sulla promozione della salute, caratterizzata dall’obiettivo di promuovere la capacità della persona e della comunità nel controllo autonomo del proprio stato di salute.

Le leggi regionali conseguenti quella nazionale fornirono schemi non uniformi per questi servizi, segnali di una certa resistenza a cogliere lo spirito della legge nazionale insieme all’incapacità di rappresentare validamente termini di riferimento per delineare strategie operative coerenti con lo spirito della legge nazionale.



Già nei primi anni Ottanta si evidenziavano le difficoltà operative per l’assenza di indicazioni strategiche valide, per la difficoltà degli operatori di liberarsi totalmente degli stereotipi assorbiti nella loro formazione curricolare, in un contesto in cui si andava affievolendo la pressione del movimento delle donne dopo le conquiste normative culminate nella legge 194/78 che, nel legalizzare l’aborto, riconosceva il diritto delle donne all’ultima parola.



Le difficoltà operative venivano esacerbate dal clima di ostracismo palese o latente degli altri servizi intrisi di paternalismo direttivo e orientati dal modello biomedico di salute.

Diveniva così inevitabile una deriva verso il rischio di autoreferenzialità dei professionisti consultoriali, mettendo a rischio la capacità di operare come équipe (per valorizzare e promuovere le sinergie e le integrazioni). Si parla di rischio in quanto, nonostante tutto, lo spirito innovativo seguitava a persistere, come hanno costantemente testimoniato molte esperienze sul territorio e le indagini condotte dall’Istituto superiore di Sanità, che hanno costantemente evidenziato come i consultori risultano associati a maggiore soddisfazione delle donne e a migliori esiti di salute. Nella prossima puntata le strategie operative.

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