Esercizi di seduzione - Claudia Fabris riscrive il mito e i ruoli in attesa di Ulisse e in attesa di una nuova dimensione di sé, in una performance di immagini, abiti, parole e… budini
Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2008
“...ma la notte non disfacevo affatto le mie tele... era un lavoro talmente bello e prezioso che solo una sciocca lo avrebbe rifiutato… è ben vero però che poi non avanzava mai nulla delle stoffe tessute, e questo per un unico banalissimo motivo: i miei abiti. L'abito è la casa di una donna, e quanti più abiti una donna sa vestire quante più donne lei stessa sa osare e scoprire dentro la propria anima. Lo shopping talvolta è arte profonda e antica della muliebre e indomabile vocazione alla vitale e gioiosa trasformazione. Ho cercato il mio volto negli specchi e ne ho trovato uno per ogni specchio che ho casualmente incrociato... e ad ogni volto di donna che ho intravisto e intuito dentro me. Ad ogni volto che ho fotografato e riconosciuto mio fuori di me ho regalato una stoffa per cucire poi un abito. Questa sera le mie stoffe sono tutte per voi, le ho prese dagli armadi più chiusi e le ho fatte volare davanti ai vostri occhi. E poi da altri armadi ho preso tutti gli abiti cuciti per ogni Penelope che ho incontrato e ve li ho portati […] e ho costruito i centrini di foto lì in alto che voi potete illuminare con pile da minatori poste nel capo”.
È una Penelope del 2000, Claudia Fabris, nata a Padova il 7 ottobre 1973. Costumista, stilista, attrice di teatro e fotografa, è un’artista poliedrica e brillante, che sa mischiare con gusto tutte le forme espressive. Ha esposto in numerose gallerie e recitato in teatri di tutta Italia. Nel suo spettacolo-happening denso di poesia " I centrini di Penelope", ha coinvolto musiciste e muse, cantanti, ballerine, artisti, perfomer e altri personaggi, riuniti nella scorsa primavera al Teatro Maddalene di Padova, per il giorno inaugurale del Festival De generazioni 2008 del TamTeatromusica. Anche ironia nelle parole di accompagnamento di Penelope: “Sola. Perchè gli altri sono solo proci e con un piccolo anagramma / da principianti / dunque davvero porci / ma in senso buono e totalmente / innocuo / come il loro colore / maialini rosa, da latte e indifesi / e lei , lei no / niente affatto indifesa / è lupa nera e con zanne affilate e se li sbrana in un sol boccone / e poi... poi... poi ha sempre di nuovo fame”.
Nel corso della serata, sono state esposte sue fotografie con le sculture di Ettore Greco, in una installazione con Laura Anglani, archeologa e danzatrice. Claudia Fabris ha poi costruito una stanza con una tavola imbandita dove Carlo Infante, libero docente di "Performing Media", accoglieva i convitati, scelti di volta in volta tra i presenti, offrendo riflessioni, cibo e buon vino per nutrire corpo e mente. L’artista concepisce lo spettacolo affinché i visitatori possano interagire direttamente, indossando abiti da sera, posando su set allestiti dai fotografi, facendosi acconciare i capelli con aghi di legno intagliati e fili colorati, nel centro di un giardino.
Il percorso artistico di Claudia Fabris è, da sempre, quello di una ricerca continua della Bellezza come unica sintesi possibile tra libertà e rispetto. Si tratta non solo di vivere poeticamente, ma di costruire un modo nuovo di vivere l'arte, tracciando cammini in comune con altre artiste, altri artisti, nuove forme espressive. In questo senso, l’arte non è vissuta solo come rappresentazione, ma come uno stile di vita in grado di cogliere le trasformazioni, la complessità culturale di cui siamo parte, scardinando i pregiudizi senza violenza, al di là delle ideologie, mettendo in contatto anima con anima.
Per questo Claudia Fabris parla di “esercizi di seduzione” ma anche di “esercizi di sedizione, esercizi... soprattutto nelle notti profumatissime di Primavera di sedazione... in attesa di Ulisse” e anche “se guardiamo attentamente, le parole sono esercizi di sé duzione... come dire imparare a condursi intorno... in giro per il mondo”. Così, la donna diventa giardino, dove comprendere diverse culture e ragionare sul gioco, sulla creatività, sulla magia, l’artista è un’installazione vivente che rappresenta un’ipotesi di vita, che indaga la solitudine e parla al cuore come i frammenti di Saffo e dice “In realtà siamo qui sempre solo per chi è assente... specialmente noi donne... o almeno io donna... che nel mio corpo vivo la mancanza come il canto dell'eccitazione perchè...”.
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