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I cent’anni della vedova

I cent’anni della vedova

Cultura/ Operetta - La famosa operetta “La vedova allegra” compie cento anni. Lo spettacolo di Torino nella versione di Elio Pandolfi

Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2005

Con la meravigliosa leggerezza che l’ha resa famosa nel mondo, la Vedova allegra di Franz Lehár sta celebrando nell’anno in corso il suo lampeggiante centenario. Questa operetta, che fonde in una nuvola romantica teatro e musica, che incantò Alma Malher e indusse Schönberg a mettere mano alla sua orchestrazione, ha aperto, a dispetto di snobistici intellettualismi e di gusti musicali modellati sul repertorio classico, la 19° edizione di Settembre Musica al Teatro Regio di Torino, rivelando il suo valore in una cornice appropriata.
Ancora più cristallina e più ricca di invenzioni melodiche è apparsa la partitura, nella forma semiscenica, con l’orchestra e il coro sul palcoscenico; il raccordo narrativo di un aristocratico e ironico Elio Pandolfi l’ha scortata con grazia, grandi cantanti austriaci avvezzi ai più prestigiosi teatri lirici del mondo l’hanno esaltata. Senza lo sfavillio dell’apparato scenografico - solo pochi arredi e costumi elegantissimi – sono apparse deliziose le storie intrecciate dei protagonisti di due sogni d’amore (la bella, giovane e ricca vedova pontevidrina che insegue Danilo fra schermaglie dispettose e la virtuosa moglie dell’ambasciatore attratta dall’attraente corteggiatore francese). Magnifiche voci, belle presenze sceniche, tutto impeccabile, tutto fluido: una vera festa per quest’operetta, che un secolo fa, nel dicembre del 1805, trovò nel suo debutto a Vienna il trampolino per il suo primato mondiale. Un’impronta tutta diversa ha impresso alla celebre vedova, spesso maltrattata con tocchi d’avanspettacolo, la Compagnia Controluce (Corallina de Maria, Alberto Jona, Jenaro Meléndrez Chas) che con il titolo Allegra era la Vedova, l’ha inserita in Incanti, un bel Festival internazionale di Teatro di Figura, che richiama a Torino artisti di tutto il mondo.
Lo spettacolo si ispira alla vicenda di un cantante, Ludwig Pulitzer, che fu il primo interprete di Danilo, l’irriducibile scapolo che cede alla grazia e all’intelligenza della protagonista. Il cantante morì in un campo i concentramento nel ‘44. Impersonato da un bravo Gennaro Cannavacciuolo, la figura centrale non è la spumeggiante figura femminile: appare come un’ombra, e impersonando tutti i ruoli (come in realtà fece una cantante dell’epoca) narra la trama della Vedova allegra e la intreccia all’altra Storia, quella che lo porterà nel campo i sterminio. Sono vicende in parte dense di eventi cupi, ma raccontate con la lievità del sogno, affidate alla parola e al gioco inquietante e suggestivo delle ombre, secondo una drammaturgia di Giovanni Gori e la fantasiosa regia del gruppo teatrale. Originalità, evocazioni delicate e penetranti e poi gli impagabili costumi di Claudio Cinelli assicurano il successo di questo spettacolo, dove la vivacità della Bell’Époque attraversa con delicatezza quel mondo di improbabili aristocratici e diplomatici, di granducati immaginari dell’Europa centrale, sfumando la gaiezza spensierata in un annuncio di tragedia e spegnendo in un singhiozzo soffocato la freschezza dell’aura viennese.

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