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I 'nostri' giovani, mondi sconosciuti

I 'nostri' giovani, mondi sconosciuti

Generazioni - "Noi li subissiamo con la nostra adultità che li sovrasta, li comprime, li fagocita"

Morselli Gianna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2007

Torino, studente sedicenne si è tolto la vita gettandosi da una finestra del quarto piano, i compagni lo accusavano di essere gay.
Blacksburg Campus del Virginia Tech, ventenne coreano uccide 33 persone poi si suicida. Lascia un biglietto”mi avete costretto a fare questo” e manda un videomessaggio delirante e pieno di odio alla redazione della NBC News.
Il suicidio in Italia è la terza causa di morte tra i giovani.
Le statistiche riportano che nel mondo negli ultimi 50 anni l’incidenza del suicidio nei giovani è aumentata del 200% e in alcuni Paesi, i più monitorati, del 300%.
Quando i ragazzi uccidono e si uccidono, gli adulti si interrogano, lanciano anatemi, urlano alla mancanza di valori, scaricano colpe sui media, si appellano alla inadempienza della famiglia per poi finire con la frase”è tutta colpa della società” e come il Ponzio Pilato di antica memoria se ne lavano le mani. I giovani, questi esseri sconosciuti, tanto amati coccolati iperprotetti, ma anche sfruttati, umiliati, violati, negati. I giovani sono il futuro, sono l’incognita, sono la leggerezza, l’impudicizia, l’ingenuità. Forse per noi adulti è così difficile accettarli perchè in realtà li rifiutiamo; vorremmo ragazzi spensierati ma responsabili, ribelli ma non troppo, fuori di casa ma sotto il nostro occhio vigile, diversi ma molto simili a noi. Non è possibile!
I giovani sono altro da noi, hanno codici e linguaggi diversi dai nostri ma noi li subissiamo con la nostra adultità che li sovrasta, li comprime, li fagocita. Se solo provassimo ad osservarci coi loro occhi vedremmo adulti saccenti, potenti, arroganti, persone che non ascoltano, disattente, poco accoglienti, adulti che non amano e che non si amano. Quando i ragazzi uccidono e si uccidono, in realtà lanciano grida disperate di aiuto, urlano il loro esserci nel mondo, la loro rabbia, la loro incapacità di farsi ascoltare.
E allora ecco esplodere il gesto estremo il suicidio, come l’ultimo in ordine di tempo, del ragazzo sedicenne di Torino o ancora più tragica, la strage di Blacksburg, atto pressante straordinario che tronca la vita di chi, vittima inconsapevole di un pensiero aberrante, non ne saprà mai la ragione. La morte diventa l’azione che come ultima risorsa resta per affermare, drasticamente, "Io esisto! Mi avete escluso, ignorato, abbandonato. Guardatemi e inorridite!”.

(7 giugno 2007)

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