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Hellen Keller secondo Silvia Battaglio - di Mirella Caveggia

Hellen Keller secondo Silvia Battaglio - di Mirella Caveggia

Comunicare come, con chi.....

Lunedi, 22/03/2010 - Era una bella bimba, vispa e intelligente, Helen Keller. Era nata perfetta il 27 giugno 1880 in una cittadina dell’Alabama. Ma diciotto mesi dopo la nascita, una malattia le causa lesioni cerebrali spaventosamente invalidanti e le nasconde il mondo spegnendole la vista l’udito, la voce. Crisi violente, rabbia furibonda, collassi: neanche il rifugio fra le braccia della madre e del padre, annientati anche loro dalla costernazione, le porta un aiuto. Sarà Anne, una maestra che la sostiene con azioni modulate con amorevole sensibilità, a stimolare le sue capacità sepolte nel fondo della sua coscienza inattiva, a insegnarle poco alla volta a percepire se stessa e gli altri, a capire i tempi e le situazioni, a sentire l’abbraccio delle cose.

Uscita con fatica immane dalla prima fase irta di difficoltà, superata l’invalicabile barriera che la respinge, Helen, grazie alla pazienza, alla tenacia e all’intelligenza della sua istitutrice, riuscirà a comunicare con il linguaggio dei segni e ad affermare la sua esistenza. Sempre con Anne al suo fianco, otterrà una laurea in legge, girerà il mondo tenendo conferenze e si impegnerà a favore della classe operaia come esponente del partito socialista americano degli anni Trenta.

La storia della Keller è narrata per bagliori nello spettacolo di teatro-danza “Io amo Helen”, un atto unico interpretato, diretto e scritto da Silvia Battaglio, liberamente ispirato al libro “La storia della mia vita” scritta da quella donna eccezionale. Interprete, autrice e regista di questo lavoro molto insidioso, Silvia Battaglio, che aveva già incontrato consensi con i suoi singolari ritratti di Maria di Nazareth, di Ofelia e di Elettra, anche questa volta mette disposizione della “sua” Helen talento, sensibilità, grazia e l’energia che le deriva dalla danza, sostegno efficace alla sua forza espressiva e ad un racconto talvolta frantumato, ma capace di avvincere il pubblico.

Graziosa nel suo vestitino a fiori, lo sguardo spento teso inutilmente all’infinito, il corpo esile lanciato contro il nulla, dapprima la si vede inghiottita in una spirale di escandescenze e poi - grazie alla parole, ai gesti, agli sguardi d’amore di Anna - la si ritrova sulla scia della comunicazione. Una comunicazione in principio primitiva, elementare, quasi animalesca e poco alla volta più precisa ed efficace. Appunto i temi del contatto, della trasmissione, dell’affetto, che urgono e si impongono anche nell’essere umano più sfavorito dalla natura, sono il perno di questa rappresentazione densa di dolore e di speranza. L’attrice, che sul linguaggio dei segni ha fatto uno studio approfondito, (osservatele le mani), dispensa con generosità il suo racconto, illumina bene il significato della parola amore e attraverso un’interpretazione tutta fremiti e allucinazioni svela in parte il mistero di un linguaggio che condensa un mondo interiore capace di aprirsi alle cose grazie alla pazienza e agli affetti. Ammirevole l’affiatamento senza crepe degli interpreti, tutti notevoli: Amalia De Bernardis, Patrizia Pozzi, Alessandro Curino. (Nel cartellone di Piemonte-Europa, produzione dal Tangram Teatro).



FOTO: Produzione Tangram Teatro Torino, nella foto PATRIZIA POZZI e SILVIA BATTAGLIO

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