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Hebron, città chiusa

Hebron, città chiusa

Le dimostrazioni a Ebron contro gli insediamenti, che a differenza degli altri della West Bank sono situati in aree extraurbane della Cisgiordania e particolarmente mortificanti perché situati nel cuore del centro storico...

Giovedi, 18/11/2010 -
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I cartelloni con l'effige di Saddam Hussein, che ancora l'anno scorso sovrastavano anacronisticamente l'ingresso in centro dai piloni dello spartitraffico, sono stati rimossi. Al cuore del souk, cioé all'area sovrastata dagli insediamenti, si arriva dopo aver attraversato il clou del mercato, dove i ragazzini vendono prezzemolo da cassette appese al collo, sventolano calzettoni, o gestiscono la vendita di assorbenti da scatoloni capovolti, al bordo del marciapiede.

nel nucleo del souk ritrovo il commerciante Jamel, che immancabilmente recrimina sulla scarsezza di turisti.

Ingaggio una improbabile conversazione con un anziano artigiano che posa per qualche minuto il martello all'interno di una delle storiche porte verdi: il suo pestare dei pugni nell'aria nonlascia dubbi, dice che lui rimane, da lì non lo manda via nessuno.

Dall'ottanta per cento delle porte di metallo verdi dei negozi, identiche e in serie, pende ancora l'enorme lucchetto infilato ai tempi della serrata generale forzata: nei primi anni del decennio, con l'inizio della deconda intifada, l'IDF applicò una politica di apartheid (e non, troppo ironicamente, di "restrizioni razziali"), volta ad allontanare la popolazione araba dal quartiere Avraham Avinu (il Padre Abramo) ovviamente citando come ragione la protezione dei circa 500 coloni della città.

Il massacro del 1994, quando nella moschea di Abramo l'israeliano Goldstein uccise 29 musulmani in preghiera, offrì inoltre a Israele la celeberrima ragione per la ciusura di Shuhada Street, la principale arteria del mercato storico, all'accesso arabo, ai fini della "prevenzione di una eventuale rappresaglia".

Il concetto di prevenzione è, a Ebron, per un cavillo, più uguale per alcuni che per altri: i coloni che interdicono ai palestinesi l'ingresso alle loro residenze sigilandone l'entrata e obbligandoli a passare per il tetto (vedi www.openshuhadastreet.org >reopen shuhada street>photoblog) per credere) sono intoccabili dai soldati (IDF)che in base alle regole di ingaggio di combattenti e non di forza di polizia (IPF) rimandano la parte lesa a presentare denuncia presso quest'ultima.

Il sito B'Tselem compila inoltre annualmente le testimonianze di cittadini palestinesi che hanno subito un creativo repertorio di pratiche bullistiche da parte dei coloni.



Dallo scandagliamento dell'intifada elettronica scaturisce una mail di gush-shalom.org (l'organizzazione dei pacifisti di Gerusalemme) che mi inserisce tempisticamente sulla lista di allerta degli attivisti. Le dimostrazioni, organizzate da youthagainstsettlements.org, si svolgono a Ebron al sabato pomeriggio alle 16 e il punto di incontro è davanti all'insediamento Beit Romano: Ebron è l'unica città della West Bank a °vantare° insediamenti nel centro urbano, da quarant'anni sputi sulla città, alla faccia di Obama.

Il gruppo è di circa 500 persone, guardate a vista dall'occhio del mirino di un cecchino dell'IDF appollaiato su un tetto. I ragazzini ne sono parte integrante e iperattiva: al rullo dei tamburi, agitano i cartelli antiapartheid: tra questi, uno esorta i soldati a tornare dalle loro ragazze.

I coloni, che occupano per la maggior parte le case più alte della casbah, si affacciano curiosi alle finestre, mentre i dimostranti, almeno il 30% "internationals" (così siamo identificati) li fotografano, evidentemente disgustati da quell'occupazione dei piani nobili, dai giovani coloni che giocano arrogantemente a pallavolo sulle terrazze della cittadella ebraicizzata, alieni al volgo del Piano di Sotto.

L'urto avviene nel cuore del souk, dove il punto di non ritorno, invalicato, è un faccia a faccia ravvicinato con l'esercito, nel quale i ragazzini stanno in prima linea, le braccia alzate nel segno di vittoria. L'onda li spinge addosso ai soldati. Finisce a calci tirati dai militari, e in un sit-in dove i dimostranti, seduti a gambe incrociate, stanno a mani in alto sotto il tiro degli M15. Un dodicenne sfugge per un atimo al gruppo, e alza il cartello "open Shuhada street" in faccia ai soldati, canne puntate irregolarmente ad angolo.

La dimostrazione non rimane senza risposta da parte dei coloni: Jamel mi avverte di un gruppetto che marcia verso l'interno del souk, scortato dai soldati. Arrivati dvanti al negozio dell'amico, figlio di un giudice stimato anche dagli israeliani, l'anziano del gruppo si arresta e improvvisa un breve discorso dal tono ufficiale, in cui lamenta che alla sua comunità non sia permesso l'accesso al souk, cercando di reinventarsi un ruolo di vittima che lo aiuti a mettere in prospettiva la sua posizione rispetto a quella della controparte.

Rivolge poi singolarmente lo sguardo verso la camera, sollevando le braccia, quasi si aspettasse che si voglia immortalarlo.



I giovanissimi non ancora delibitati lanciano invettive verso le finestre delle case alte, prontamente innaffiati da acqua sporca gettata dai coloni, che colpisce, tra l'altro, una federa ricamata esposta all'esterno del negozio di Jamel. Il commerciante è preoccupato, al sabato non vende, dice che le dimostrazioni allontanano i turisti e non manderanno certo via i coloni. L'ultimo sabato Jamel, porgendomo lo zaino che tiene per me durante le dimostrazioni, mi invita a non lasciare Ebron senza avere visto "il disastro": Shuhada street. Attraverso il check point che porta alla moschea di Abramo: di fronte, un ragazzo palestinese cerca di vendere braccialetti di perline dai colori della bandiera palestinese a un militare israeliano che surrealmente, sorride. Shuhada street, chiusa al traffico arabo, è aliena e spettrale: una bambina ebrea saltella, sola, in mezzo alla strada: a sorvegliarla ci pensano i cecchini appollaiati sui tetti, da entrambi i lati: per il momento non hanno che un'attivista fortuita, nell'occhio del mirino, nelle sembianze di turista.

Più tardi, in un mortificante balletto, coreografia °rock the casbah°, l'IDF difenderà, da Shuhada street, la propria buona fama: vedi, su youtube: israeli soldiers dancing "rock the casbah"



Le dimostrazioni a Ebron sono ancora in corso; per la prossima data, vedi: www.youthagainstsettlements.org  > upcoming events .

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