Una riflessione sul caso del passeggero con handicap in treno senza biglietto. Eppure la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità dice che...
Venerdi, 12/02/2010 - Ho letto con interesse l’articolo comparso sul mensile 'noidonne' di febbraio 2010 “Disobbedienti per il bene comune. Candidare una donna deve servire ad infrangere le regole, altrimenti è un’occasione perduta” a firma della direttora Tiziana Bartolini.
Si fa riferimento ad un episodio, denunciato da La Repubblica, che ha visto coinvolti una persona con disabilità, probabilmente straniera, trovata sprovvista di biglietto su un treno e un controllore donna che, pare si sia comportata con una certa intransigenza. Secondo me è legittimo che tutte le persone paghino il biglietto, se sono messe in condizione di poterlo fare.
Ciò che mi ha colpito sono i toni usati dal giornalista (si intende nell'articolo apparso su Repubblica del 30 dicembre 2009, ndr) per raccontare l’accaduto e probabilmente la non capacità delle persone presenti a valutare la situazione.
Il linguaggio per descrivere la persona con disabilità mi è parso pietistico, obsoleto: non stupisce che i media italiani, a differenza della restante parte del mondo, non si siano minimamente accorti dell’approvazione della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, basata sul rispetto dei diritti umani e il superamento delle discriminazioni.
Sembrerebbe poi che a nessuno sia venuto in mente che forse quella persona, essendo sprovvisto di braccia, potrebbe anche non aver potuto utilizzare la macchinetta automatica per farsi il biglietto oppure che, essendo straniera, avrebbe anche potuto non conoscere le “procedure speciali” che una persona con disabilità italiana è ancora oggi costretta a seguire per prendere un treno. Infatti occorre prenotare con un certo anticipo e recarsi prima in stazione per essere accompagnata e assistita a salire sul vagone. Inoltre può partire e tornare solo da alcune stazioni ferroviarie, viaggiare solo su alcuni treni, (solitamente i più recenti e più cari) e soltanto se non viene superato il limite di due persone con disabilità nell’unico vagone fruibile.
Risulta anche che, su alcune tratte dei treni Freccia Rossa, ci siano gli elevatori incorporati che consentirebbero alle persone con disabilità di scendere e salire dal treno autonomamente, ma dopo un anno, Trenitalia non li ha ancora messi in funzione.
Per concludere credo fortemente che una maggiore presenza di donne nei vertici aziendali delle Ferrovie dello Stato e in altri contesti di potere, potrebbero fare la differenza, non tanto per infrangere certe regole, ma per cambiarle.
Non serve il buonismo o il pietismo ma il rispetto dei diritti umani per tutte le persone, comprese quelle con disabilità, spesso invisibili e fortemente discriminate, ancor più se di genere femminile.
* Candidata nel Centro-sinistra alle elezioni regionali del Piemonte
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