Venerdi, 17/07/2009 - È tutto un fremito Ham–Let, la lettura dell’Amleto shakespeariano, per un verso impertinente e per l’altro pertinente, offerta alla Piccola Compagnia della Magnolia, un gruppo teatrale ricco di promesse e di talento scenico, che come un pulcino dal suo guscio frantumato è uscito con impeto dal Festival delle Colline torinesi fra gli applausi del pubblico. Lo guida con piglio saldo Giorgia Cerruti, sostenuta dalla buona scuola di Paolo Grassi e dal teatro francese di mimo. Chi abita a Torino e presta attenzione agli spettacoli conosceva già la giovane compagnia e l’apprezzava; ma questo ultimo exploit ha confermato che il teatro di ricerca talvolta trova.
Questa lettura folgorante, sintetica, tutta un fremito ripercorre rapidamente l’arco della più nota e universale delle tragedie, e con accensioni di fantasia ne estrae l’essenza illuminandone gli episodi più sconvolgenti. A modo suo li illustra insieme ai travestimenti dell’amore, mantenendo una forte tensione emotiva e una libertà che con uno sberleffo sfida l’anarchia. Lo spettacolo, per scelta felice non troppo lungo, piccola follia nella follia, si spande con un dispendio di energia furibonda fra luci spietate e costumi spropositati dominati dal nero e dal cremisi. Ma quel delirio tinto di insensatezza e attraversato da qualche eccesso mantiene la lucidità di una buona preparazione teatrale e una freschezza giovanile. Quello di Torino alla Cavallerizza è stato un debutto. Il rodaggio porterà questa lettura espressiva e stravagante ad un traguardo degno dei migliori palcoscenici.
Valentina Tullio (Ofelia) Davide Giglio (Hamm-Let) Giorgia Cerruti (Gertrude) sono gli interpreti di questa elaborazione che si deve a Giorgia Cerreti, anche regista dello spettacolo. Con impegno e concentrazione danno sfogo senza titubanze al loro temperamento, fino allo stremo, fino all’immersione finale nella schiuma che al compimento di quei luttuoso eventi invade il palcoscenico e sommergendo tutto e tutti con un tocco di ironia riporta nella realtà di un piccolo palcoscenico un vertice irraggiungibile di tragedia.
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