Procreazione assistita/ Una nota dell’Udi nazionale - “Era ciò che qualcuno voleva”. “Silenzio e opacità consentono di governare anime e corpi come se fossimo tutti embrioni: senza il disturbo di una democrazia troppo partecipata”
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2005
Sulla differenza tra un cittadino e un embrione in regime democratico, sull’obbligo, da parte della medicina, di aver cura di ogni corpo, maschile o femminile che sia, sulla dignità di ogni essere umano già nato e sulla sua inviolabilità, sulla laicità dello stato, sulle regole della ricerca scientifica la maggioranza del popolo italiano ha evitato di esprimersi.
Sull’intimità della relazione tra donna e embrione, e dunque sull’autodeterminazione della donna circa il proprio corpo, sul futuro della vita sessuale delle giovani donne, sul presente della procreazione per le donne che, procreando senza assistenza, condannano il figlio a una vita di dolore e di malattia senza speranza di guarigione la maggioranza delle donne ha evitato di esprimersi
I referendum abrogativi di parte della legge sulla procreazione medicalmente assistita sono stati dunque vinti dall’opacità più assoluta del pensiero, dei sentimenti, delle volontà di gran parte del popolo: uomini e donne. Nell’opacità sono indivisibili l’indifferenza, l’egoismo, il pregiudizio, l’opportunismo politico, l’adesione a una chiesa, l’incertezza, il livore, la scelta morale e l’essere in tutt’altre faccende affaccendati.
Era ciò che qualcuno voleva. Perché silenzio e opacità consentono di governare anime e corpi come se fossimo tutti embrioni: senza il disturbo di una democrazia troppo partecipata.
Noi, l’Unione delle donne in Italia, prendiamo atto. Prendiamo atto non solo delle rotture culturali, sociali e politiche gravi che questo risultato testimonia e produce, ma anche dell’arretramento sul piano delle libertà, dei diritti civili, del rispetto reciproco tra persone diversamente situate di fronte ai problemi della sessualità e della procreazione. E della perdita di solidarietà. Anche fra donne.
E ci muoveremo di conseguenza: nel promuovere senza sconto alcuno l’autodeterminazione delle donne, nella resistenza senza indulgenze contro le cadute della laicità dello stato, per la libertà delle giovani donne soprattutto.
E perché la necessaria modifica di questa legge indecente non avvenga in un parlamento indecentemente affollato di uomini e spopolato di donne.
(Roma, giugno 2005)
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