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'Gufo' (a rovescio)

'Gufo' (a rovescio)

La riforma della Costituzione, l'opposizione, il governo Renzi e altro: alcune considerazioni di una (già) parlamentare che NON ha la memoria corta

Giovedi, 04/09/2014 - Non so se mi debbo sentire una "gufa" nei confronti di amici con cui ho collaborato - almeno dai tempi dell'allarme lanciato da Dossetti alla comparsa di Berlusconi - per la "difesa della Costituzione". Sto sempre con loro, dentro gli stessi problemi, ma li sento come se fossero un po' sulla luna. Può darsi che per loro mi ci trovi io. Suppongo che tutti quanti dall'esperienza comune per il referendum 2006 abbiano tratto la consapevolezza che l'amore degli italiani per la Costituzione non corrisponde alla sua conoscenza e che oggi, dopo otto anni di ulteriore degrado culturale, un referendum non riporterebbe lo stesso successo.

Comunque. E' passato il primo round della riforma della Costituzione e seguiranno gli altri tre regolarmente distanziati: "fare movimento" in luglio/agosto non è stato tatticamente geniale, tranne per Grillo, che conta su qualunque rumore mediatico. Alcuni resoconti critici mi sono sembrati precipitosi o ingenui: prima di stupirsi dei "canguri" o della "dittatura" della Presidenza Grasso i più giovani farebbero bene a leggere qualche stralcio degli atti parlamentari della prima Repubblica: certo migliore lo stile, ma i radicali si erano già esibiti in teatrini non sempre divertenti e la Iotti o Spadolini provvedevano alla tagliola. Oggi invece sarebbe bene avanzare qualche emendamento su cui dialogare civilmente con un Parlamento da restituire al suo più autentico valore.

Tento così un elenco di alcune considerazioni critiche. Non senza anticipare che, per me, "rappresentare" e "governare" sono funzioni che debbono seguire le regole democratiche della legittimità ma anche quelle dell'effettività, a partire dal contesto reale delle situazioni e dalla necessità di formare maggioranze atte a varare sul serio le leggi.



1) Quasi una premessa. Il 20 aprile 2012 è stato introdotto in Costituzione il "pareggio di bilancio": dove eravamo noi, difensori della Costituzione del 1948? come mai non ci venne in mente di attivare il referendum?



2) Dal 1983 in Parlamento si ragiona di modifiche costituzionali e istituzionali. Non sarà stato (e sarà) senza ragioni. Qualcuno ha seguito "il senso" dei diversi tentativi? abbiamo criticato D'Alema perché sbagliava ad affrontare il problema per la terza volta o invece perché era inaccettabile trattare con Berlusconi? Oggi siamo nel 2014: possiamo dire che sarebbe ora di decidere qualcosa? A meno che non fosse bello ricorrere sempre, quando governo e opposizione erano paralizzati dai veti reciproci, ad elezioni anticipate. Con l'aggravante che l'Italia è il paese moderato che ha dato fiducia per vent'anni a uno che, solo per merito della magistratura e non dell'elettorato, non può più sedere in Parlamento.



3) Sembra che nessuno si sia accorto che da molto tempo Renzi ha ristabilito il ruolo dell'opposizione. Forse tutte le sere telefona a chi, condanna o no, resta il padrone di un partito che può garantire, a differenza di M5S, la maggioranza; ma finalmente Berlusconi sta all'opposizione. Bersani e Letta ci governavano insieme.



4) Ma davvero nel 2014 vorremmo conservare il Senato come seconda Camera legislativa? Non sottolineo che in nessun paese europeo abbia questa funzione(ognuno ha la sua storia); ma nel terzo millennio e in presenza di nuove tecnologie non possiamo permetterci il palleggio legislativo continuo. Si possono citare molti casi, ma trovo eclatante (e intollerabile) che la legge sulla violenza sessuale - che non costava una lira allo Stato perché trasferiva lo stupro dai reati contro la morale a quelli contro la persona ed era una norma richiesta da tutte le donne, cioè il 52 % dell'elettorato - sia stata in campo per 20 anni e 7 legislature. Né un legislatore né un magistrato debbono poter avere impedimenti procedurali così insensati nell'esercizio delle loro funzioni.



5) Non tutti capiscono che fare politica vuol dire, sì, partire dai principi (prima di tutto la legalità), ma anche cercare alleanze, possibilmente in unità tra affini, e operare mediazioni. Tra governo e opposizione si è sempre negoziato, perfino per tatticismi, di solito masochisti, offerti unilateralmente. Lasciamo perdere il Togliatti dell'art. 7 e dell'obbedienza imposta ai parlamentari comunisti alla norma concordataria poco laica e poco di sinistra. Più vicino a noi, nel 1979 (sempre del secolo scorso) il giornalista Emanuele Rocco pubblicò Il ministro ombra, un libro-intervista che raccontava come il comunista Di Giulio ogni mattina si incontrasse a Montecitorio con Franco Evangelisti (noto come "a Fra', che te serve?"), uomo di Andreotti. Può essere imbarazzante la qualità dell'interlocutore, ma i rapporti governo/opposizione - che non debbono mai essere mercato - sono la regola.



6) Negli Usa due sentenze della Corte Suprema (CitizenUnited vs.FecC, gennaio 2010 e Mc Cutcheon vs. FecC, aprile 2014) hanno eliminato, come dice l'economista Guido Rossi sul Sole 24ore, "ogni limite ai finanziamenti, diretti e indiretti, ai politici da parte delle grandi società in qualunque forma e attraverso qualsiasi mezzo". Vale a dire negli Usa "la Costituzione protegge la corruzione". I Poteri Forti, nonostante le loro invasive operazioni di mala finanza inducano solo povertà di massa, corruzione e conflitti, non per la prima volta tentano interventi strutturali pesanti. In Italia entro breve tempo eleggeremo in Parlamento solo i ricchi o i finanziati da lobbies (buone o meno buone). Infatti pesano le conseguenze di campagne demagogiche dirette non a ridurre le disparità delle "caste", ma a delegittimare le istituzioni, e dell'ottusità della sinistra che ha perso l'occasione di dare una lezione di civismo al paese insegnando che il finanziamento pubblico, come esiste in tutti i paesi democratici, deve esistere anche da noi purché "trasparente" e non delegato alla mercé delle lobbies. Urge o no, prima di tutto, una legge di regolamentazione delle lobbies o ci va bene che già con le primarie ci abituiamo a investire nel finanziamento dell' "immagine" dei candidati altrimenti poco noti se non premi Nobel, attori o funzionari politici?



7) I parlamentari "nominati". La denuncia berlingueriana contro la partitocrazia (nel 1984 scrivevo sull'Unità che "la forma partito non è per sempre") non ha prodotto la trasparenza e l'incorruttibilità, bensì il mantra "tutti uguali, tutti ladri". Per questo credo che proprio i partiti, seriamente organizzati e degni di fiducia per i loro contenuti politici, debbano recuperare senso. Se l'Europa deve realizzarsi come entità sovrana, prima o poi le elezioni europee avranno liste comuni: non conosceremo certo uno per uno i candidati di altri paesi. Ma nemmeno in Italia abbiamo mai conosciuto davvero chi sta in ciascuna lista: genitori e nonni hanno sempre votato con i "bigliettini" trasmessi da segretari, parroci, faccendieri, mafiosi. E si stava in guardia dalla compravendita dei voti.



8) Ultimo. Non tiriamo fuori le dittature, per cortesia. Se fosse stato per il Parlamento, nel 1914 non si sarebbe votata la guerra, voluta dalle scalmane nazionaliste entrate addirittura in Parlamento. E perfino Giolitti sarebbe rimasto al governo se l'opposizione esterna, la stampa e la sinistra non avessero ritenuto inaccettabile ogni compromesso, nonostante la crisi impressionante del dopoguerra; mentre il Mussolini proveniente dall'ala massimalista del Partito Socialista contestava il Parlamento "imbelle", confondeva le idee alla gente con il populismo della "vittoria mutilata", e i "rivoluzionari", nonostante quel clima, fondavano il Pci a danno del partito di Turati. Forse non si ripensa la storia contemporanea per essere costretti a perpetuare gli errori. Chi risale alla legge-truffa, dovrebbe ricordarne non solo il contenuto (la D.C. avrebbe vinto comunque), ma la protervia procedurale del governo De Gasperi che la domenica delle Palme, giorno di sospensione dei lavori parlamentari, riaprì il Senato per votare - con i soli voti del governo - l'articolo unico della legge: protestarono perfino i funzionari d'aula; ma il Presidente della Repubblica (Einaudi) il giorno dopo firmò il decreto di scioglimento delle Camere (1953). D'altra parte che cosa potevano fare i democratici che non approvavano le dittature e i totalitarismi, di destra o di sinistra che fossero, quando la Dc minacciava l'alleanza con il Movimento sociale e la destra estrema? Perfino Ernesto Rossi preferiva sbilanciarsi a sinistra e invitava a "turarsi il naso" e a votare la lista "che presenta il minor numero di candidati sospetti". Ma la sinistra anche dopo rimase dura e pura - e disunita - nelle sue varie anime massimaliste. Così l'Italia fino al 1996 (Prodi) rimase un paese che non aveva mai avuto alternanza di governo, un unicum nella politologia comparata.

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