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Guerra alle mamme e alla maternità

Guerra alle mamme e alla maternità

Mamme nel Terzo Millennio / 4 - ‘o i figli o il lavoro’ (Feltrinelli, 2012), il libro di Chiara Valentini fotografa un paese dove essere madri non è più un diritto ma una faccenda privata

Bartolini Tiziana Domenica, 15/04/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2012

Il libro di Chiara Valentini prende le mosse da quattro casi esemplari, che ben disegnano lo stato dell’arte in Italia, oggi, per le tante donne che vogliono un figlio ma che intendono anche continuare a lavorare: due diritti entrati in rotta di collisione, a quanto pare. Francesca (medico di 35 anni, espulsa dall’ospedale dove lavorava quando era rimasta incinta), Fiorella (commessa di 20 anni, costretta con le minacce a firmare le dimissioni per la stessa ragione), Rosalba (infermiera in uno studio dentistico che tace la sua gravidanza, continua a fare le radiografie dentali e poi il figlio nasce senza dita alle mani e ai piedi). E poi l’incredibile storia di Gloria, che riesce a tenere segreta la gravidanza e la nascita della sua bambina, ma che viene licenziata per “maternità abusiva”, un non-reato comunque contestatole dall’azienda. Sono storie vere che introducono il quadro inquietante tracciato nei vari capitoli densi di notizie, dati statistici, informazioni preziose e tante altre storie paradossali. “o i figli o il lavoro” (Feltrinelli, 2012) è un viaggio nella cruda realtà del lavoro negato alle donne che ‘osano’ volere dei bambini in un Paese che straparla di famiglia facendo in concreto meno di nulla per sostenerla. “All’inizio non credevo che la dimensione del fenomeno fosse così vasta e perfino barbara, direi. Così ho cercato di capire quanto fossero casi isolati e sono andata in giro, ho frequentato blog, ho incontrato sindacaliste, avvocate, Consigliere di Parità e tante mamme. Purtroppo ho constatato che il fenomeno è peggiore di quello che immaginavo e persino di quello descritto nelle ricerche più specialistiche. Ci sono naturalmente tante situazioni diverse che però hanno una matrice comune: il non riconoscimento della differenza femminile, della normalità per le donne di essere insieme mamme e lavoratrici. In sostanza, nonostante la presenza crescente delle donne nel mondo del lavoro non si è voluto prendere atto delle conseguenze e dei necessari aggiustamenti nell’organizzazione quotidiana. Si rifiuta perfino quella flessibilità minima sugli orari che risolverebbe la vita di tante mamme. Ci si è dimenticati che i bambini, oltre che una gioia privata, sono anche un fattore di crescita per tutti. Non è un caso che i paesi che fanno pochi figli - come l’Italia e il Giappone - sono anche paesi in declino. In Italia c’è come un rifiuto ad affrontare sul serio questo tema. L’atteggiamento ostile verso la maternità si manifesta in tanti aspetti diversi, è largamente diffuso e tende ad essere accettato come un dato difficile da modificare soprattutto tra le precarie. Molte si infagottano in camicioni per nascondere la maternità, come facevano le ragazze ‘disonorate’ dell’800. È una regressione impressionante”. Risalire la china per le donne non sarà facile, così come trovare soluzioni adeguate ad affrontare questa complessità. Qual è la sua opinione? “Sarà dura, sì, ma interventi sono indispensabili anche perché le ragazze nonostante tutto continuano a volere sia il lavoro che i figli. Molte ricerche confermano che questi desideri tra le italiane sono forti e che un mondo così ostile le costringe a vivere con profonde infelicità”. Il ritorno del posto fisso migliorerebbe la loro esistenza? “Non c’è dubbio, ma attenzione, il dato ufficiale delle 17/19mila dimissioni nel primo anno di vita del bambino, probabilmente molto inferiore alla realtà, ci dice che parecchie cose non vanno anche tra chi ha un contratto a tempo indeterminato. Comunque va sottolineata l’equazione, ormai chiarissima, tra lavoro e crescita demografica: i figli si fanno dove c’è un lavoro che ti da una vita decente, mentre dove c’è disoccupazione o precarietà i figli diminuiscono. La prova è che oggi ci sono più nascite a Bologna che a Napoli. In Emilia Romagna lavora il 62% delle donne contro il 26,3 della Campania. E si è molto puntato sul welfare. Non a caso la ripresa della natalità è stata forte”.

 



La versione integrale dell’intervista è su: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=02937

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