Cinquantenni di oggi/1 - INTERVISTA A ROSSANA ZAMBELLI
Ribet Elena Lunedi, 19/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2011
Rossana Zambelli dirige la Cia, Confederazione italiana agricoltori. Laureata in Giurisprudenza, è stata presidente del Cipa.at Lazio, della Cia del Lazio, Segretario Generale dell’Agia - Associazione giovani imprenditori agricoli. La sua esperienza professionale è arricchita negli anni dalla partecipazione a Consigli di amministrazione pubblici e privati e a Commissioni e Comitati di Istituzioni pubbliche, fra cui la Commissione per la promozione e lo sviluppo dell’Imprenditoria Femminile presso il Ministero delle Pari Opportunità e l’Onilfa, Osservatorio imprenditoria femminile e lavoro in agricoltura del Ministero delle Politiche agricole.
Quale pensa che sia la difficoltà più grande da affrontare per lei e le sue coetanee?
La maggiore difficoltà, come donna, è quella di non poter contare su dei servizi che aiutino nella gestione del tempo. Questo è il grande problema che dobbiamo risolvere: il tempo non basta mai, tra lavoro, responsabilità, famiglia… Abbiamo bisogno di aiuti concreti, non bastano quelli che costruiamo autonomamente con un buon rapporto familiare e una buona organizzazione. È la società che dovrebbe mettere a disposizione degli strumenti di sostegno, affinché tutte le persone, quindi anche le donne, possano cogliere quelle pari opportunità sul lavoro di cui tanto si parla, ma che sono realizzate solo in parte.
Che prospettive e progetti ha di fronte?
In questo momento particolare, sono molti i progetti e le sfide da affrontare; in quanto rappresentante delle imprese agricole mi sento di dire che il nostro è un ambito con grande solidità di valori e grande solidità strutturale, anche perché posiamo le nostre radici sulle imprese dirette-coltivatrici che coinvolgono tutto il nucleo familiare. Questo si traduce anche in una solidità economica. Certo, anche per noi la preoccupazione è forte, ma quel che dobbiamo fare oggi è che all’agricoltura, in quanto settore primario, sia dato il giusto riconoscimento economico, politico, sociale e di sviluppo, in quanto l’agricoltura può dare un contributo importante per superare questo momento di difficoltà e consentire all’Italia di avere un ruolo determinante in Europa.
Ha avuto delle maestre di vita?
Sicuramente sì, a cominciare da mia mamma, dalle nonne, insomma dalle donne della famiglia. Mia mamma ha fatto la guerra, la sua generazione ci ha trasmesso da una parte le difficoltà vissute, la precarietà, dall’altra il grande coraggio della ricostruzione, l’orgoglio nel dare a noi una prospettiva di vita diversa. Nel lavoro, come nella famiglia, quello che è importante non è guardare con gli occhi dell’«io« ma guardare con gli occhi del «noi». Mi ha insegnato molto osservare e ascoltare, nel periodo di formazione, le donne della politica, le donne della confederazione. Oggi, avendo un ruolo importante, tocca anche a me cercare di essere un punto di riferimento, ma soprattutto di aiuto per le giovani donne, per le giovani imprenditrici, e trasferire al meglio competenze e conoscenze che possano essere utili per il futuro.
Secondo lei, cosa ha fatto la sua generazione per l’Italia? E l’Italia per la sua generazione?
La nostra è una generazione fondata su grandi ideali, ma anche su una relativa serenità economica. In questa congiuntura è la prima volta che tocchiamo con mano veramente la crisi,prima ne avevamo sentito solo parlare. Siamo una generazione che si è battuta per realizzare gli obiettivi che si è posta. Cosa abbiamo dato alla società? Direi un grande entusiasmo. Cosa ha dato a noi? Forse la possibilità di esprimerci, ma quello che abbiamo vissuto è stato tutto molto sudato, molto faticato. È più complesso pensare a ciò che l’Italia ha fatto per noi. Un uomo forse risponderebbe in maniera diversa, perché anche loro hanno messo entusiasmo e ideali, ma ad esempio sul famoso tetto di cristallo la testa l’abbiamo sbattuta noi, e quel tetto c’è ancora. Abbiamo impiegato grandi energie, abbiamo vissuto e vinto molte battaglie sociali, da giovani e da giovanissime; ma è una lotta incompiuta. Il tetto di cristallo resta, e con esso ci restano l’amarezza, la preoccupazione e la voglia di continuare a esserci perché prima poi si infranga.
Cosa direbbe ai/alle giovani per avvicinarli all’agricoltura?
Innanzi tutto farei conoscere le importanti esperienze di imprenditoria femminile, grande riferimento per l’agricoltura che vede in crescita la titolarità e il protagonismo delle donne. Le donne hanno scritto nel loro dna il tema alimentare, per la loro capacità di alimentare la famiglia e di nutrire i/le figli/e quando nascono; in agricoltura si ritrova o si esprime questa caratteristica, rivolgendola ad altri, alla società nel suo complesso, con una particolare attenzione alla qualità, alla multifunzionalità, alla capacità di allargare lo sguardo dell’azienda alla cura del territorio e sul mondo circostante: la donna imprenditrice agricola è innovativa, pensiamo ad esperienze come l’agriturismo, ai servizi al pubblico (agrinido, fattorie didattiche…). Inoltre, nella crisi c’è un ritorno alla terra, a riscoprire l’ambiente in generale come attrattiva per i/le giovani e per le donne. In Confederazione abbiamo molti progetti che vanno in questa direzione, come quelli portati avanti dall’associazione Donne in campo: occasioni e strumenti per supportate giovani donne nel fare impresa, per avvicinare l’agricoltura.
Il sondaggio di questo mese ci presenta delle donne soddisfatte, visto il 36% di impegnata e il 32% piena di progetti. La stanchezza riguarda il 21% delle votanti e, fortunatamente, solo la percentuale più bassa (8%) si dice frustrata. Peccato, ancora una volta, per quello 0% del realizzata. Moltissime lettrici hanno risposto al sondaggio. I progetti fioccano, numerosi e virtuosi: “Godersi la vita dando ascolto al cuore immergendosi in mille e più interessi dopo aver reso indipendenti due figli e un marito” confessa Rita, mentre Silvia Amato afferma orgogliosa “sono una combattente, i progetti sono sempre molti. Sono stanca ma questo non farà sì che io smetta di lottare”. Grande è il desiderio di lavorare e di essere parte attiva e produttiva del paese, del mondo, anche se, per alcune, l’età diventa un grosso problema, non solo estetico, come sottolinea Gianna: “I sessanta li ho raggiunti quest'anno e devo dire che sono un traguardo pesante, a sessant’anni si entra di diritto nella vecchiaia e a me dispiace, non sono pronta, per me questa è la difficoltà più grande” anche se lei stessa prosegue affermando “sono molto attiva nell’impegno volontario e mi interessa il mondo che mi circonda [..] amo la vita e gli esseri umani”. A prevalere, nonostante le burrasche, è senz’altro la positività di donne che sanno bene ciò che desiderano, e lo dichiarano con altruismo: “le prospettive sono anche le mie aspettative, un futuro di serenità, dignità per me per i miei figli e per tutta l'umanità onesta” scrive Antonella Schirippa. Un’altra lettrice vorrebbe “vivere esperienze che porteranno a migliorare la situazione dei poveri, degli emarginati, degli esclusi”. C’è chi, come Carmela, vuole trovare un lavoro part-time per poter continuare a dedicarsi alle sue passioni (volontariato sociale e arti figurative) e chi, come Daniela Musumeci, vuole dedicare quanto più tempo possibile all'arte (poesia, musica, danza). Una risposta anonima alla domanda “Quale pensi sia la difficoltà più grande?”: il maschilismo di ritorno!
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