Aborto terapeutico - Simona Sparaco in ‘Nessuno sa di noi’ (ed Giunti) racconta del dramma suo piccolo affetto da displasia scheletrica
Bartolini Tiziana Domenica, 09/06/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2013
Parlare dell’aborto terapeutico oltre i limiti consentiti dalla legge è un tabù insormontabile in un’Italia in cui persino l’applicazione della legge che regola l’interruzione volontaria di gravidanza è sottoposta ad una strisciante erosione dal disinteresse delle Direzioni sanitarie in complicità con l’enorme numero di obiettori di coscienza. In un contesto culturale così impegnato a demonizzare le donne - e tanto ipocrita da non valutare i positivi effetti della legge 194 in relazione alla diminuzione degli aborti - difficilmente si trova lo spazio per parlare delle sofferenze e della solitudine delle donne di fronte all’annuncio di una grave malattia che colpisce il bimbo che portano in grembo. Far nascere un essere umano sapendo delle sofferenze che patirà… o impedirlo, corrodendosi l’anima e l’esistenza con domande ineluttabilmente senza risposte. Una madre potenziale è investita dalle macerie del sogno infranto e con la scrittura risale la china del suo animo dolente. Simona Sparaco con ‘Nessuno sa di noi’ (ed Giunti) sceglie di raccontare gli abissi di un dramma che l’ha portata nel baratro e di parlarci di Lorenzo, il suo piccolo affetto da displasia scheletrica e che sarà addormentato in una clinica londinese, dove si può - per chi ne ha le possibilità economiche - partorire con dignità un essere che non sarà. Un libro forte che bisogna leggere per solidarizzare con una sofferenza profonda e di donna. Pagine coraggiose che spiegano le tante declinazioni del dolore e la difficoltà di tornare ad una vita che non sarà mai più quella di prima. Parole intense quelle che Sparaco affida ai giovani genitori Luce e Pietro che rischiano di perdersi, parole che non lasciano spazio all’indulgenza per scelte private che non chiedono banali giudizi ma solo immenso rispetto. La missiva è diretta all’Italia bigotta e misogina, che sceglie l’ideologia della vita ignorando la realtà e i suoi tanti dolori.
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