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Gravidanza e parto naturale. A casa o medicalizzato?

Gravidanza e parto naturale. A casa o medicalizzato?

Sondaggio di luglio/agosto - Le donne sono informate e vogliono liberamente decidere come partorire, richiedendo alle strutture di garantire la possibilità di praticare qualsiasi scelta.

Rosa M. Amorevole Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2007

Le tante risposte arrivate – indipendentemente dalla specifica posizione assunta – manifestano come le donne siano maggiormente informate e vogliano liberamente decidere come partorire, richiedendo alle strutture di garantire la possibilità di praticare qualsiasi scelta, senza aggravio di costi!
E questo vale sia per il 32% che ha optato per la specifica opzione indicata nel questionario, sia per chi ha scelto le altre ma ha voluto sottolineare la validità del concetto inserendolo nei commenti liberi previsti.
Il 25% pensa che il parto naturale sia la giusta conseguenza di una gravidanza serena e il 23% afferma che l’eccessiva medicalizzazione della gravidanza spesso risponda più ad esigenze dell’ospedale che a quelle della gestante.
Il 17% delle risposte ritengono che la medicina dia sicurezza, contro ogni evenienza ed ogni imprevisto. Il 3% sostengono che si dovrebbe ritornare al parto in casa e che ciò abbatterebbe i costi delle strutture.
I vantaggi individuati nel parto naturale sono “l’intimità, il rispetto dei tempi, la possibilità di rilassarsi, di assumere qualsiasi posizione, di spegnere la luce, di camminare, di non intervenire se non necessario, nessuna separazione (mamma-neonato-padre-fratelli/sorelle), il contatto pelle a pelle, l’allattamento immediato” ed ancora “il rispetto dell’individualità della donna, si evitano le interferenze”. C’è chi vede solo vantaggi sia per la donna sia per il Servizio Sanitario Nazionale. C’è invece chi lo ritiene “bellissimo, ma rischioso”.
“Ho partorito a casa ed ho aiutato altre mamme in questa scelta. E’ stato molto importante per la mia crescita interiore e ha messo in luce tantissima forza in me che non sapevo di avere”; “il parto naturale è una scelta consapevole che l’Organizzazione Mondiale della Sanità appoggia”.
Altre risposte evidenziano timori: “in caso di complicazioni devi correre all’ospedale vicino”, “mi sembra un po’ folle, ma soprattutto scomodo”, “avrei paura di spaventare i vicini di casa e forse mi vergognerei un po’ per le grida”.
“L’idea del parto in casa mi fa un po’ paura. Penso che se qualcosa non dovesse andare bene, oltre al rischio - in un momento di dolore intenso – vivrei il problema come una sconfitta, insomma mi darei dell’inconsciente e di quella che se lo è andata a cercare. Anche se l’idea in sé, di un ritorno alla naturalità del parto, mi affascina”.
Suggeriscono azioni: “Bisognerebbe avere una rete di assistenza medica che risponda agli imprevisti immediati, così come esiste in Olanda dove il parto in casa è auspicato quando non ci sono complicazioni”.
C’è poi chi afferma “per me che ho 70 anni e sono nata in casa, il parto in ospedale è sempre sembrato un progresso”.
Idee diverse, ma sempre molto rispettose nei confronti delle libere scelte delle donne.
Per quanto riguarda l’epidurale, prevale l’idea che “la serenità di una donna” sia ciò che conta:"ognuna possa scegliere ciò che desidera”.
Nello specifico poi, coloro che hanno partecipato al sondaggio articolano e motivano in modo personale ogni affermazione: da posizioni del tipo “penso che sia un aiuto, ma non se ne dovrebbe abusare”, “dovrebbe essere un diritto per tutte le donne e a costo zero. E’ una delle prossime battaglie!”, o “finalmente!!!” ad altre intermedie “è un servizio da offrire, ma bisogna lavorare sulla capacità di ciascuna di misurare il dolore”, “sono necessarie informazioni sugli effetti collaterali” .
C’è poi chi si dichiara decisamente contraria/o: prevalentemente affermando che “non ha senso medicalizzare fino a questo punto”, “è la lobby degli anestesisti che la vuole nel caso si riducano i parti cesari che hanno raggiunto proporzioni assurde in Italia” o che sia tipico “della cultura moderna l’idea della soppressione di ogni dolore come ricetta per la felicità”.
Sono cambiate le donne o le strutture. E se cambiamento c’è stato, le richieste delle donne sono state accolte?
Anche in questo caso le risposte si presentano molto articolate: “sono cambiate le donne, c’è maggiore possibilità di informarsi” ma le strutture si adeguano molto lentamente; “sono cambiate le donne a causa del processo di medicalizzazione della vita” ed i servizi “sono a misura di operatore”; “le donne sono poco ascoltate, la legge di mercato ha sempre la meglio sulla legge della natura”. C’è anche chi sostiene invece che le donne “non hanno fatto richieste in questi anni, hanno subito il cambiamento, l’americanizzazione della società”.
Considerare la gravidanza come una malattia “genera insicurezze, paure ed appoggio a medici con la ricerca di surrogati per evitare il dolore che le impediscono di vivere un’esperienza forte”. E c’è chi sostiene che “le ostetriche dovrebbero tornare ad avere il ruolo che spetta loro, facendo fare ai medici un passo indietro”.
Tra le storie raccontate emergono le reti relazionali e di mutuo aiuto fra donne, anche in contrapposizione ad un certo immobilismo o dirigismo del sistema sanitario, dal quale emerge che partorire possa rappresentare anche un’esperienza di crescita importante sia per la donna sia per la costruzione di un rapporto nuovo con figli e partner.
L’indagine multiscopo ISTAT “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”, pubblicata lo scorso anno fornisce un quadro dei principali aspetti della gravidanza, del parto e dell’allattamento al seno delle donne in Italia.
I numeri evidenziano che la maggior di esse si sottopone a visite ed accertamenti nei primi mesi di gestazione ed è stata informata sulle tecniche di diagnosi prenatale. Emergono tuttavia spunti di riflessione a fronte di significative differenze territoriali, a comportamenti prodotti più da condizionamenti di contesto che da scelte individuali.
Aumenta la medicalizzazione della gravidanza, infatti il 29% delle donne ha fatto 7 o più ecografie durante la gestazione (erano il 23,8% nel 2000), mentre raggiunge il 56,4% il valore di chi si è sottoposta a 7 o più visite (era il 52,7%).
Aumenta il ricorso al taglio cesareo che raggiunge il 35,2% (era il 29.9%), con un livello particolarmente elevato nel Sud (45,4%).
Rimane stabile la quota di coloro che frequentano un corso pre-parto: è del 30% e sale al 45,5% se si considerano le donne che hanno partecipato ad un corso di preparazione per una precedente gravidanza. Marcate le differenze territoriali: mentre al Sud e nelle Isole a causa di una minore offerta di tali corsi, solo il 12,7% e il 14,9% - rispettivamente – mentre nel Nord la percentuale di partecipazione raggiunge il 40% circa.
Sempre al Nord risulta prevalente la scelta dell’allattamento al seno (86,1% nel Nord-Est), al Sud e nelle Isole la percentuale si abbassa (il 72,2% della Sicilia rappresenta il valore più basso). Cresce la durata media del periodo di allattamento al seno, assestandosi a 7,3 mesi (contro 6,2 mesi dell’Indagine precedente).
La presenza dei padri al momento del parto è alta al Nord (87,8% nel Nord-Ovest, 83,9% nel Nord-Est), mentre al Sud (31,1%) e nelle Isole (47,1%) si rileva un significativo svantaggio, dovuto prevalentemente al fatto che la struttura non permetteva la presenza di altre persone al momento del parto (il 45,9% e il 42,8% delle donne del Sud e delle Isole dichiara questa motivazione).
Ciò che emerge dai numerosi e puntuali dati forniti dall’ISTAT è che a fronte di un miglioramento complessivo del livello di assistenza, rimane uno svantaggio per le donne giovani, per quelle con un basso livello di istruzione e per quelle che vivono al Sud e nelle Isole tra le quali si osservano le quote più basse per i principali indicatori di assistenza in gravidanza (ivi compresi quelli relativi all’informazione e all’utilizzo di diagnosi pre-natali).
Queste statistiche sono molto importanti per disegnare il quadro della situazione italiana e da una prima riflessione emergono spontanee due domande:

1) Il Protocollo Nazionale raccomanda al massimo 3 ecografie nel corso di una gravidanza fisiologica. Solo in caso di gravi disturbi (statisticamente il 22,7 delle gravidanze) è consigliato di superare questa soglia. Perché il 78,8% delle donne ha fatto oltre 3 ecografie e il 29% ne ha fatte 7 ed oltre? E come mai le donne che si rivolgono ad un ginecologo privato ne fanno, in media, di più?

2) La media europea dei parti con tagli cesarei è del 23,7%, superiore alla quota massima del 15% raccomandata dall’OMS, ma ben lontano dal nostro 35,2%. Come mai l’incidenza raggiunge il 56,9% nelle strutture private? Il parto cesareo non sarà divenuto uno strumento necessario per una più economica organizzazione del lavoro delle strutture sanitarie?

E per finire ancora qualche parola sulle grandi differenze territoriali. Attraverso i corsi di preparazione al parto vengono veicolate informazioni importanti che influenzano le scelte compiute da madri e padri: una minore medicalizzazione, la scelta del cesareo solo nei casi di necessità, l’allattamento al seno, la condivisione della nascita e della cura del bambino o della bambina. I diversi comportamenti delle donne registrati a livello territoriale sono strettamente correlati all’offerta di tali corsi. Questo ci appare un serio suggerimento agli attori della politica locale e nazionale, per un maggior benessere di mamma, papà, bambine e bambini.



La testimonianza di Federica: la nascita di Margherita

Il parto è un evento che segna la vita di ogni donna in modo indelebile …indipendentemente da come esso sia avvenuto. Ho partorito a casa la mia bimba. La scelta è maturata nel corso delle gravidanza nel rapporto con Barbara, l'ostetrica che mi ha seguito, e non è stata esente da dubbi e timori, sia per me che per mio marito Paolo.
A posteriori mi sento di dire che è stata la scelta giusta per me, per mio marito che si è rafforzato come padre e per Margherita - la nostra bambina - per il modo dolce di venire alla luce.
Ho potuto vivere il lungo travaglio in libertà, supportata da Barbara e Angelina che con delicatezza mi hanno accompagnato e incoraggiato nelle diverse fasi con suggerimenti, mai imposizioni; ma la loro vigilanza sul mio stato di salute e su quello della bambina è stata costante.
Mi sono sempre sentita in mani sicure, anche quando succedeva qualcosa per me di imprevisto.
Ho conosciuto poi altre coppie che hanno fatto questa scelta; in alcuni casi è stato necessario l'accompagnamento in ospedale. Ma per me, che ho avuto una gravidanza fisiologica consapevole, l’osservazione attenta e costante dell'ostetrica ha garantito una corretta valutazione dell'andamento del travaglio e del parto. L'unico svantaggio è quello di tipo economico, non esistendo nella mia regione alcun contributo a supporto di questa scelta.
Vi ringrazio di voler affrontare questo argomento.

(18 settembre 2007)

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