Login Registrati
Governanti e dipendenti nell’Unione Europea

Governanti e dipendenti nell’Unione Europea

... Le normative europee sono vincolanti per i governi e qualunque nuova decisione favorevole ai diritti di genere va portata a trovare applicazione in Italia...

Sabato, 07/09/2024 - Ho sempre suggerito - inascoltata - ai gruppi di donne che ricorrono all’Europa per farsi finanziare progetti, di mantenere i contatti con le funzionarie Ue e con lo staff delle parlamentari per avere da Bruxelles informazioni sugli interessi delle donne. Le normative europee sono vincolanti per i governi e qualunque nuova decisione favorevole ai diritti di genere va portata a trovare applicazione in Italia.

Ursula von der Leyen sta formando la nuova Commissione: ci saranno meno donne. Non possiamo ridurci ai piagnistei delle “quote rosa”, ma le donne italiane ignorano che la designazione del ministro Fitto le riguardava. Si è anche ignorato che dall’interno delle istituzioni europee per i diritti di genere era venuto l’invito a interessarsi delle elezioni per il nuovo Parlamento: “remare contro la resistenza conservatrice dei maschi!“.

Il femminismo, se non fosse troppo ripiegato su sé stesso, dovrebbe cercare di verificare il bilancio della legislatura europea appena scaduta: che cosa avevano chiesto, che cosa ottenuto le donne?

Raggiungere un equilibrio tra donne e uomini nei processi decisionali e in politica” era stato infatti il titolo del Rapporto pubblicato per il precedente Parlamento - Parità di genere: una responsabilità dell’unione europea? (a cura di Maryse Lhommet) dallIstituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE). Senza illusioni partiva dalla constatazione che gli ambienti in cui prosperano le disuguaglianze di genere sono i luoghi della politica e gli organi di governo.

Eppure la parità non è argomento politico secondario o nuovo: presente già nel Trattato di Roma del 1957 e nell’articolo 157 del Trattato dell’Unione europea. Il campo di intervento è trasversale e riguarda tutte le politiche. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione del 2000 - vincolante a partire dal 2007 - rappresentava di fatto una nuova base per le rivendicazioni delle donne europee: imponeva che “La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione”. Di maggior successo mediatico la direttiva sull’equilibrio tra la vita professionale e la vita privata e l’equa ripartizione dei compiti domestici grazie ai congedi di paternità e parentale. La nuova (secondo il report del 2020) Commissione doveva "garantire” strumenti per porre fine alla violenza di genere e agli stereotipi sessisti, l’estensione della pena per i crimini di violenza sessuale comprese le molestie, i maltrattamenti famigliari, le mutilazioni genitali e l’integrazione della prospettiva di genere in tutte le politiche dell’UE grazie all’intervento di una task force di esperti guidata dalla Commissaria all’Uguaglianza. Era prevista una consultazione pubblica al fine di elaborare una direttiva sulla trasparenza retributiva tra i generi e di incoraggiare finanziariamente la partecipazione delle donne alla vita politica (specialmente pensando alle elezioni europee del 2024). La Commissione stessa si era impegnata a ricercare un equilibrio di genere del 50% in tutti i livelli dirigenziali entro la fine del 2024.

Con Ursula von der Leyen condividevano la responsabilità di genere 13 commissarie su 27, mentre tra il personale le donne, pur rappresentando il 59%, erano sempre sottorappresentate ai livelli decisionali poiché di fatto ne ricoprivano solo il 15,4%. Di fatto, ottenere un organico paritario è un obiettivo indispensabile per una maggiore efficacia delle politiche europee: all’interno del Parlamento si sono attuate misure concrete contro tutte le disparità all’interno delle istituzioni, anche a livello amministrativo. Il report dava per scontate le resistenze esterne, se all’interno perfino la task force istituita per garantire una maggiore attenzione alla dimensione dei generi nelle politiche pubbliche è stata elaborata, votata e messa in funzione da dirigenti uomini. La presenza delle donne all’interno delle istituzioni non offre garanzia: la politica economica monetaria e bancaria è solo maschile. Difficile dunque credere che la stessa parità retributiva venga presa sul serio da tutti i paesi dell’UE. Come crederla efficace su tutta l’Unione, se paesi come l’Ungheria e la Polonia hanno introdotto politiche misogine che incitano le donne a tornare massaie, casalinghe e mamme.

In questo contesto sempre più voci (maschili, ovviamente) annunciano pericoli di inflazione e default da prevenire con qualche sacrificio che, a partire dalla sanità, condannerà in primo luogo il mondo femminile. Forse occorre riesaminare se sono state approvate nel passato Parlamento leggi e direttive che contengano benefici di genere con cui disturbare il nostro governo ...


Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®