Iori Catia Sabato, 30/05/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2015
Tocca spesso alle donne dover sopportare errori e orrori commessi dagli uomini: non so perché, ma è una sconsolante constatazione. Un dato di fatto. Oltre il novanta per cento dei crimini, delitti, stragi, genocidi e misfatti vari, dalla Genesi in poi, sono stati compiuti da maschi del genere umano. Quanti atti di violenza femminile ricordate a memoria d’uomo, voi che mi leggete? Le atrocità compiute da donne sono rare, perlopiù ascrivibili a casi di autentica e conclamata follia. E non è nemmeno opponibile il nesso tra violenza e potere, perché sono o diventano violenti anche i più umili e derelitti fra gli uomini. Sono appassionata di letture antropologiche e questa mi pare essere una considerazione del tutto pertinente in questi giorni: il maschio umano, perché negli animali raramente è così, ha coltivato e sviluppato nei millenni la competizione violenta, il gusto della sopraffazione, la foga distruttiva in un istinto ferino e maniacale. Noi donne, in genere, siamo chiamate a raccogliere i cocci e a rimetterli insieme custodendone l’integrità rimasta e curando con tutte le nostre forze ogni minimo sussulto di vita. E quindi come donna, mi sento offesa quando si parla genericamente dei misfatti dell’umanità attribuendo, anche al mio genere, l’enorme bagaglio di nefandezze compiute dagli uomini.
Non solo, ma ho come l’impressione suffragata dai fatti, che ogni passo delle donne verso la propria autonomia rinfocoli la violenza maschile. È la questione del femminicidio, ma è anche la questione della furibonda reazione tribale che l’Islam più retrogrado oppone alla volontà delle donne di quei paesi di studiare, lavorare, viaggiare, guidare la macchina. Ricordiamo poi che le società patriarcali non contano solamente sulla sottomissione delle donne ma anche sulla loro complicità. Non esiste peggiore servitù di quella consenziente perché calpesta completamente il rispetto di se stesse. Di madri che insegnano alle figlie a obbedire e tacere è pieno il mondo. Io ne conosco molte e non solo quelle di bassa estrazione sociale, anche quelle borghesi, apparentemente sazie e tranquille, che devono tutelare il patrimonio familiare e proteggere il futuro dei figli. Nel silenzio di un compromesso continuo. A volte penso che non riuscirò mai a vedere il compimento del processo di liberazione delle donne e il crollo definitivo della società patriarcale. E coi tempi che corrono vorrei rinascere tra due secoli, quando forse il bastone e la paura non la faranno più da padroni e si potrà convivere in una società più civile, o almeno davvero civile, passo decisivo per uscire dalla attuale barbarie. Che sa di preistoria. Che sa di dolore.
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