Venerdi, 22/06/2018 - Una vita libera, la serenità per i tuoi tre figli, un nuovo amore. Questi erano i tuoi desideri, Giulia. Desideri di una donna di quasi quarant’anni, legata da troppo tempo ad un uomo che ti controllava, ti maltrattava, ti impediva di lavorare, ti toglieva ciò che di bello la vita ci può regalare. Era chiedere troppo? Era osare troppo? Pensavi di farcela, Giulia. Pensavi di essere arrivata alla fine dell’incubo, di poter finalmente uscire da quella casa che era diventata per te una prigione, pensavi che lui ti avrebbe lasciata andare, che ti avrebbe lasciata libera.
Invece no. Non era nei suoi piani lasciarti andare, lasciarti libera. Per lui l’unica libertà che contava era la sua. Non poteva accettare il “disonore” del tradimento, come lo chiamava lui. Non poteva accettare i commenti della gente, che lo aveva sempre rispettato e ammirato; non poteva sopportare i loro sguardi di disapprovazione. Non poteva accettare di perdere il controllo. Perché alla fine è di questo che si tratta, di controllo. Ma non è giusto dire che non poteva. Tutto si sarebbe potuto fare e affrontare. Ma lui non voleva affrontarlo. Questo è il punto. Lui non voleva lasciarti libera, perché tu eri la sua donna, eri una cosa di sua proprietà, e le cose di proprietà non fuggono, non scappano, non se ne vanno se non è il padrone a deciderlo. Le cose non hanno una propria volontà, si limitano ad obbedire. Ad essere belle e stare zitte.
E così ti ha ingannata, ancora una volta. Ti ha illusa, ancora una volta. Ti ha convinta a seguirlo verso quella che sarebbe diventata la tua tomba. Ti ha massacrata, perché non è abbastanza dire che ti ha uccisa. Ti ha presa a bastonate, senza che tu potessi difenderti. Ha distrutto, sbriciolato, cancellato il tuo viso contro un muro, come a voler cancellare la tua stessa esistenza su questa terra. Perché cosa siamo se non il nostro viso? C’è quello sulla carta d’identità. E allora non doveva rimanere nulla di te, perché nulla più tu contavi per lui, ora che non eri più sua, sotto il suo controllo, ai suoi ordini, nel suo possesso. Ora che ti eri permessa di dire di no a lui, alla sua famiglia, alle sue regole, al suo modo di vivere. Perfino il tuo anello nuziale è stato deformato da quelle bastonate, per sancire la fine di quell’unione.
Ha voluto che tu fossi cosciente, Giulia, fino all’ultimo istante. Ha voluto che tu avessi il tempo di capire il perché, il perché secondo lui ti meritassi quella punizione, quella fine, quell’agonia. Ti ha parlato in quei minuti eterni? O ha lasciato che le bastonate parlassero per lui?
E tu cos’hai pensato in quegli ultimi istanti, Giulia? Hai pensato ai tuoi amati bambini? Come faranno a crescere senza di te? Come impareranno a vivere, ad affrontare il mondo senza di te? Capiranno cos’è successo? E perché è successo? Hai pensato ai tuoi genitori? Come sopravvivranno alla morte della propria figlia? È contro natura sopravvivere ai figli. Hai pensato alla vita che avresti potuto ancora avere? A quella vita che ti attendeva a pochi passi? Hai pensato a cosa avresti potuto fare, cambiare, per non arrivare lì? Ma c’era qualcosa che potevi fare per evitarlo? Cos’hai visto nei suoi occhi? Odio? Soddisfazione? Forse appagamento, perché aveva compiuto la sua giustizia? Hai pensato alla prima volta che avevi visto quegli occhi, tanti anni prima? Non avresti mai immaginato che sarebbe finita così. O forse sì. L’avevi immaginato, l’avevi temuto. Avevi paura, avevi detto ai tuoi amici. Avevi paura di lui. Ma speravi. Lui ti aveva giurato sui vostri figli, e sul suo preferito, che non ti avrebbe fatto del male. E tu ti eri fidata ancora una volta.
Bisogna accorgersi dei segnali violenti degli uomini. Ma è possibile accorgersene? È possibile capire davvero che la persona che ha giurato di amarti e onorarti ti vuole distruggere? Come si fa a capire quando è troppo? Al primo schiaffo? Al secondo? Al terzo? E quando gli schiaffi non ci sono? Quando lui decide per te in ogni istante, ogni cosa? Quando non ti lascia un momento sola, neanche per fare una passeggiata in riva al mare? Quando non ti permette di vivere come vorresti, di frequentare chi vorresti, di scegliere qualsiasi cosa? Quando è troppo? Dopo un anno? Dopo due? Dopo tre?
È facile dire “denunciate”. È facile dire “ribellatevi”! Ma perché nessuno dice agli uomini: “Smettete di uccidere le donne! Smettetela, avete perso! Le donne sono libere”? Nessuno lo dice. In un paese in cui la maggior parte degli abitanti era in vita quando era in vigore il delitto d’onore, nessuno lo dice. E allora si dice che è colpa delle donne, anche quando vengono uccise. È colpa loro se non denunciano, ma se denunciano vengono accusate di voler distruggere la famiglia. Gli uomini, invece, non sbagliano mai. Tutt’al più si dice che hanno un raptus.
Ma il suo non è stato un raptus. Esiste il raptus? Lui aveva pensato tutto, programmato tutto, organizzato tutto. Lui ha scelto di distruggerti. E non se ne pentirà mai. Perché tu eri sua. O sua o di nessun altro.
Ma tu quella mattina pensavi di farcela. Pensavi che ormai mancava poco e saresti stata libera. Libera di crescere i tuoi figli, di amare ancora, di vivere le tue giornate nel modo che desideravi e non nel modo che ti imponeva lui.
Ciao Giulia. Il tuo entusiasmo e il tuo spirito vitale continueranno a sostenerci nel tuo ricordo.
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Il 22 giugno 2018 Matteo Cagnoni è stato condannato dalla Corte d’Assise di Ravenna all’ergastolo, per aver ucciso sua moglie Giulia Ballestri.
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