Lunedi, 03/04/2017 - Il Cairo. Girls’ Revolution è un gruppo su Facebook nato cinque anni fa dalla mente di Ghadeer Ahmed una giovane che ha vissuto in prima persona i giorni che hanno accompagnato a quel 25 gennaio 2011, inizio della Rivoluzione.
“Prima del 2011 ero una ragazza 'normale'. Facevo tutto quello che facevano le ragazze della mia età. Mi chiedevo quando mi sarei sposata, quando avrei avuto dei figli e cose del genere senza pensare ad altro” racconta Ghadeer.
Con la Rivoluzione invece tutto cambia. Qualcosa si fa strada nella sua vita e così come lei stessa racconta “ho iniziato a partecipare alle manifestazioni e alle attività politiche che si organizzavano per far cadere il vecchio regime. È proprio in quel momento ho iniziato a percepire la mia presenza in quanto donna nello stesso modo nel quale la percepivo tra le mura di casa” dice.
Come nello spazio pubblico così nello spazio privato Ghadeer viveva dei divieti e delle imposizioni. Se per andare alle manifestazione le veniva detto vestirsi in un determinato modo per evitare di essere molestata, allo stesso modo le veniva ricordato di non fare tardi perché le brave ragazze non rincasavano ad un orario poco consono per loro.
Tutta una serie di “devi fare e devi dire” subiti, provenienti dall’interno delle mura domestiche e dall’esterno che hanno spinto Ghadeer Ahmed con forza e coraggio a rompere quel muro, a liberare la mente dalle costrizioni sociali, dando vita al progetto Girls’ Revolution su Facebook, oggi seguito da più di cento 45mila persone.
Un ambiente considerato neutro e protetto dove non è difficile imbattersi ad esempio in una discussione di gruppo su un tema scottante come quello dell’aborto, considerato ancora oggi nella società egiziana un vero e proprio tabù.
“Penso che quando parliamo di aborto, anche in questo caso parliamo prima di tutto della libera scelta della donna. È a lei che spetta il diritto di scegliere se portare a termine una gravidanza. Spetta alla donna il diritto di diventare madre” afferma la giovane attivista.
Quando Ghadeer parla però non fa riferimento ad una interruzione di gravidanza in seguito ad un rapporto sessuale avvenuto al di fuori del matrimonio, inconcepibile nella società egiziana che in quanto tale non è solo da condannare a livello sociale, ma anche da punire con una seria pena detentiva.
Ghadeer parla, anzi le donne che parlano nel gruppo di Facebook sono sposate con molti figli e che con l’arrivo dell’ennesima gravidanza, decidono di abortire.
Una questione questa che evidenzia una lacuna di non poco conto nella società egiziana che riguarda prima di tutto l’assenza di programmi ministeriali che affrontino nelle scuole le tematiche inerenti l’educazione sessuale in maniera seria.
Tuttavia affrontare questa tematica potrebbe coincidere con una apertura sociale nei confronti di argomenti che in un modo o nell’altro permettono alle donne prima di tutto parlare dei loro corpi, dei loro diritti riproduttivi, dei loro diritti, punto.
E questo alla fine è stato l’obiettivo di Ghadeer Ahmed e delle ragazze che nel corso degli anni sono diventate le curatrici della pagina.
Creare un luogo, seppure virtuale, in cui le donne possono parlare e parlarsi, raccontare e raccontarsi senza il timore di essere giudicate.
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