Alla base del progetto c’è la volontà di offrire alle donne egiziane che vivono nelle zone rurali del Paese tutta una serie di servizi di cui altrimenti non potrebbero usufruire.
Tutto è iniziato nel 2014 dall’idea di quattro ragazze originarie di Banha, una piccola città ad una cinquantina di chilometri di distanza da Il Cairo. “L'idea nasce come progetto che mira ad includere tutte le donne che vivono nel governatorato di Qalyubia con l’obiettivo di migliorare la loro vita, offrendo loro percorsi di empowerment. Tutti sappiamo che nei piccoli centri non è possibile trovare le stesse opportunità che si trovano nelle grandi città e con Girl Project vogliamo proprio fare questo” racconta Israa Al Sayid, volontaria coinvolta in questa esperienza fin dall’inizio.
“Diamo loro gli strumenti per crearsi un futuro che non sia solo incentrato sul matrimonio e la famiglia con la creazione di professioni delle quali la comunità stessa ne ha bisogno”. Si tratta costruire una specie di “comfort zone” nel quale le ragazze non hanno paura di esprimere se stesse perché “si ritrovano insieme e si confrontano sulle esperienze vissute senza la paura di essere giudicate dalla società in generale e dalla comunità alla quale appartengono in particolare” continua Israa.
In sostanza Girl Zone Project ha l’intenzione di costruire una rete tutta al femminile nel quale trovare un porto sicuro nel quale ritornare, nel quale è anche possibile imparare un mestiere. Ad esempio c’è chi crea delle borse con l’uncinetto oppure dei piccoli gioielli, ma c’è anche chi diventa consulente per problematiche femminili. Questo è Girl Zone Project. E' uno spazio tutto al femminile dove è anche possibile discutere con le volontarie su problematiche riguardanti il lavoro, la famiglia e la sfera sessuale. Ma soprattutto il Girl Zone Project vuole esaltare l’importanza dell’elemento femminile perché cerca di scardinare l’atteggiamento patriarcale della società che vede le donne solo come mogli e madri.
Secondo Israa Al Sayid è fondamentale lavorare sulla curiosità delle donne e delle ragazze che fanno parte del progetto. E lo fanno attraverso la realizzazione di attività ricreative e culturali con le quali rompere la “routine noiosa delle loro vite” che a volte si ritrovano a vivere dopo aver terminato gli studi, pensando così al matrimonio come unica alternativa possibile. Gli spazi prevedono anche incontri con i promuovere la lettura, la cura personale e la salute fisica al fine di creare un ambiente per la socializzazione femminile.
La creazione di spazi sicuri per le donne è stata peraltro oggetto di una ricerca pubblicata dal Fondo per la Popolazione delle Nazioni Unite (UNFPA) in relazione alle donne siriane rifugiate nel 2015.
Nell’indagine infatti si legge dell’importanza che gli spazi riservati alle solo donne possono ricoprire in determinate circostanze “nella maggior parte delle società non appena una ragazza raggiunge la pubertà, le viene detto di stare attenta e di guardarsi intorno. I suoi movimenti diventano spesso limitati e nel peggiore dei casi viene costretta sposarsi senza nemmeno aver terminato gli studi. È per questo che creare spazi riservati a sole donne può garantire loro un posto sicuro dove incontrarsi”.
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