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Giovanni Paolo II e le donne

Giovanni Paolo II e le donne

Società/ L’opinione - Dopo il funerale, alcune moderate riflessioni sul rapporto del papa con le donne nei diversi settori della vita religiosa e laica, ed in vista del referendum sulla fecondazione assistita

Giancarla Codrignani Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2005

Non si poteva, ai funerali di Giovanni Paolo II, guardare la folla che gli si stringeva attorno senza vedere che era una folla di donne e di uomini, mentre il sagrato occupato dal clero e dai potenti era esclusivamente riservato ad uomini (fatta eccezione per i governanti, accompagnati dalle mogli o – come si dice – dalle “loro signore”,oltre a Condoleeza Rice e poche altre. Nessuno si è sognato di toccare la questione, ma se si fosse chiesto a qualche intervistata come giudicasse il contenuto profetico del magistero di Papa Wojtila, nessuna avrebbe lamentato l’esclusione. Forse avrebbe ricordato con gratitudine la sottolineatura del genio femminile che rende forte la dignità delle donne.
Il problema si fa, dunque, complesso, per almeno due ordini di ragioni: uno, comune a tutto il mondo cattolico, perché manca la consuetudine con le fonti della Scrittura e nessuno saprebbe argomentare la propria fede (detto in altre parole, restiamo pagani); e uno, specifico delle donne, che subiscono il pregiudizio che le esclude e le fa diverse senza valorizzarne la diversità, ma inducendole, al contrario, all’accettazione della subordinazione gerarchica.
Per le donne è sempre stato difficile, anche nelle epoche favorevoli ai cambiamenti, contendere non tanto con chi è più forte, quanto con chi è oggetto d’amore. In Svezia, dove le donne hanno maggior parità nelle istituzioni e ci sono perfino delle vescove (luterane), si sta aprendo una campagna contro i maltrattamenti in famiglia. Perché la donna, anche emancipata, “subisce” se non perché chi dà le botte è una persona che è (stata) cara, il padre dei figli? E quando non riesce a fare carriera si tratta di“debolezza” di un sesso incapace di eccellenza scientifica (come sostiene il rettore di Harvard), o di cura per altri interessi di vita? Sarebbe bello se gli uomini desiderosi di un altro, migliore sistema capissero e cercassero l’alleanza con le donne.
Sarebbe bello se anche le chiese capissero e, anzi, precedessero le autorità mondane cercando quell’alleanza. Ma gli “angeli del focolare” hanno sempre fatto comodo a tutti e così il “genio femminile” secondo papa Wojtyla deve essere speso fondamentalmente in famiglia. Ma così la Chiesa perde lo spirito e la profezia.
Gesù aveva rovesciato le gerarchie e contestato la discriminazione delle donne: gli apostoli furono gelosi di Maddalena e delle altre e ne celarono la presenza e perfino i nomi. La Chiesa velerà loro il capo, imporrà il silenzio, l’obbedienza al marito, vieteranno il sacerdozio femminile, inventeranno il celibato, si opporranno all’uguaglianza di ogni genere, consolidando ovunque il sistema gerarchico, patriarcale e sessista.
Giovanni Paolo II ha confermato la tradizione, pur credendo di onorare il genere femminile a partire da un culto esemplare della Madonna, vergine e madre, più icona che semplice ragazza palestinese. Le teologhe hanno accolto il femminismo e contestato il contestabile detto dai loro “padri”; la stessa presidente delle superiore americane nel corso della prima visita papale negli Usa, lesse, senza chiedere rivendicazioni immediate, il cahier di doléance delle religiose, a partire dall’impossibilità del sacerdozio, provocando nel Papa una reazione di rigetto visibilmente emotiva.
Non sono mancate le contraddizioni in un pontefice che ha avuto il coraggio di opporsi alla guerra e ha mantenuto i cappellani militari con il vescovo castrense che porta i gradi di generale; che ha sentito l’urgenza del futuro e ha limitato la libertà religiosa e la ricerca scientifica; che ha aperto alle altre confessioni e ha affermato l’unica verità assoluta del cattolicesimo; che ha voluto essere testimone di Cristo nel mondo ed è rimasto vittima dei media. Ma anche le contraddizioni stanno nella storia e possono essere stimolanti; dove non c’è possibilità di equivoco, invece, è proprio nella chiusura sul femminile e sulla concezione dell’etica personale.
Se si riconosce alle donne una marcia in più per la pace, non ha senso relegare alla famiglia il beneficio del genio: forse si deve suggerire ai governi che assegnino alle donne i ministeri degli esteri e della difesa. Se Gesù risana la donna che soffriva di perdite e che era due volte impura per essere donna e per sanguinare; se è alla Samaritana, donna di etnia inferiore e di vita privata irregolare, che affida il messaggio più alto; se ci sono solo donne sotto la croce perché i maschi erano scappati e Pietro aveva rinnegato; se è a Maddalena che il Cristo si rivela dopo la Resurrezione, non ha senso negare il sacerdozio. Se il corpo è gloria di Dio –e Papa Wojtyla riconosce la grandezza materiale della creazione- non si sa perché la paura di quello femminile abbia dato connotati sessuofobici alla dottrina morale. Se l’amore umano è santificato nel matrimonio e se gli esseri umani godono della libertà dei figli di Dio, il celibato è incongruo con le Scritture (perfino Pietro è sposato e il Vangelo ne nomina la suocera) e viola i diritti umani…..
Che fare? Giovanni Paolo II ha ricevuto il consenso affascinato anche di laici e laicisti, meno dalle donne, ma senza che questo silenzio faccia rumore. Tuttavia Giovanni Paolo II ha finito il suo compito e occorre guardare avanti. Al successore - ma non solo - il monito di papa Wojtyla:”non abbiate paura”. Sono parole da rivolgere a tutti, anche alla sinistra: davanti a un referendum sulla fecondazione assistita conteranno di più le donne (anche credenti) o l’ossequio al Vaticano?

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