In occasione del settantesimo anno della nascita dell'Udi, la Casa Internazionale delle Donne di Roma ricorda Giovanna Marturano, partigiana, antifascista e militante sempre in prima linea nelle battaglie per la liberazione delle donne.
Quando nel 1941 Giovanna Marturano raggiunge Ventotene per sposare Pietro Grifone, di fronte a quella donna minuta i confinati non riescono a trattenere un sorriso sorpreso. Piccola nella corporatura, timida all’apparenza, era proprio lei la Giovanna Marturano aspettata da tempo, la compagna di battaglia, della lotta di posizione, la donna col pugno chiuso. Perché Giovanna era partigiana ancora prima della Resistenza, sempre posizionata contro l’indifferenza politica, cittadina contro il parassitismo e l’assenteismo che annullano le possibilità dell’azione collettiva.
È in questa immagine che la ricorda Annita Pasquali, una delle amiche che ha preso la parola durante l'inziativa "Giovanna Marturano, una di noi", organizzata dall'UDI Romana La Goccia alla Casa Internazionale delle Donne di Roma in occasione del settantesimo anno della nascita dell’Udi. E il titolo scelto per l’iniziativa non è casuale: Giovanna è “una di noi” perché la sua vita, in forme diverse, ha fatto parte di quella di tutte le partecipanti che l’hanno ricordata. Ma non solo, perché Giovanna era anche lei una delle donne dell’Unione Donne in Italia, sempre in prima linea nelle battaglie per i movimenti di liberazione femminile.
Tante voci hanno ricordato la "Bimba col pugno chiuso” (il titolo del documentario prodotto da Todomodo e Produzioni dal Basso, che è stato presentato da Maurizio Ribichini che è autore delle aminazioni, ndr) in un incontro che ha voluto prediligere una narrazione plurale, una forma del racconto in grado di restituire la ricchezza delle testimonianze e della memoria. Ecco allora la Giovanna che incontra già dentro casa la resistenza antifascista, in quella che era a suo parere una famiglia normale ma che così normale non era. Quando, insieme alla sorella Giuliana, organizzava i turni di guardia perché in casa si preparavano i volantini antifascisti da diffondere per le strade di Roma. Ecco la Giovanna partigiana che, ricorda Luciana Romoli, ci insegna come la libertà debba sempre essere difesa. Oggi, soprattutto oggi, anche se può sembrare che di libertà non si smetta mai di parlare.
Proprio questo ricorda la Giovanna, fazzoletto sempre annodato intorno al collo, che non smette di visitare le scuole, di incontrare le nuove generazioni di studenti e studentesse. Perché la Liberazione c’è stata - la liberazione dall’oppressione, dal fascismo, dalle gabbie del regime - ed è stata l’indispensabile condizione per la libertà di oggi. Ma la Liberazione non è sufficiente a renderci liberi, sembra continuare a dirci. Perché la libertà è a rischio, non è mai conquistata una volta per tutte se non ci riappropriamo di un’azione collettiva, di un’azione politica che risignifica lo spazio della prassi, sceglie da che parte stare, chi difendere e contro chi opporsi.
Allora, Giovanna, non dimentichiamo uno dei tuoi più grandi insegnamenti. Quello che dicevi quasi a voce bassa strizzandoci l’occhio, con una umiltà che cancellava tutte le differenze e che allontanava i toni maestri che non ti sono mai piaciuti: “non c’è altra via che combattere. Se dal lavoro si può andare in pensione, dalla lotta mai”.
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