- Un CD antologico presentato in un concerto all’Auditorium (Roma) con Francesca Breschi e le Donne di Giulianello
Colla Elisabetta Giovedi, 02/04/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2015
È sempre un’esperienza ricca e feconda andare ai concerti di Giovanna Marini, la ben nota musicista, folklorista, cantautrice e ricercatrice etnomusicale (ed ancora molte altre definizioni si potrebbero dare di lei…) che tanta importanza ha avuto nella storia, nella raccolta, nello studioe nella trascrizione dei canti di tradizione orale in Italia. E non solo per motivi musicali ma anche perché lei, con la sua spontanea franchezza, con la sua energia mai doma e con la stessa passione di quando negli anni Settanta suonava al Folkstudio di Roma, porta sul palcoscenico, insieme alle bellissime canzoni da lei scritte, anche pezzi di storia sociale, culturale e artistica del nostro secolo. A tali aspettative ha pienamente corrisposto il suo recente concerto all’Auditorium Parco della Musica, dal titolo L’Italia in lungo e in largo (legato al suo neo-uscito CD antologico edito da Finisterre) dove la cantautrice si è esibita in coppia con Francesca Breschi, musicista, cantante ed attrice già componente del Quartetto vocale fondato dalla Marini nel 1976. Giovanna canta Lamento per la morte di Pasolini, Ragazzo gentile, racconta e canta di Pasolini, e ancora racconta di come un amico comune avesse chiesto a Pasolini di scrivere qualcosa che lei potesse mettere in musica, che avrebbe potuto fare da trait d’union per canzoni come I treni per Reggio Calabria,Terremoto urbano ed altre, costituendo un’unica cantata con il nome di Processo al Palazzo (il titolo degli articoli di Pasolini sul Corriere), e Giovanna ricorda come il letterato avesse detto che ci avrebbe pensato ma non avesse fatto in tempo ad accontentarla perché prematuramente e tragicamente morì.
Ospiti d’onore della serata le ‘donne di Giulianello’, un gruppo di donne (di cui la più anziana ultranovantenne), che cantano insieme da oltre trent’anni ed hanno trasmesso nel tempo alla Marini, legata a loro da un’amicizia pluriennale, i saperi antichi dei canti contadini tipici del loro territorio. Senza timore si sono esibite sul palco dell’Auditorium con grande spontaneità e con la potenza delle loro voci che cantano la terra, lo sfruttamento del lavoro, il pathos della Passione nella settimana Santa. “Queste donne - ha dichiarato la Marini - mi hanno raccontato che una volta trasferitesi a vivere dai campi nella città nuova, molte di loro non volevano più cantare la Passione, ad esempio, perché non le rappresentava più ma, proprio per questo, ora volevano che noi la cantassimo al teatro, per ‘tramandarla’, perché Gesù Cristo va comunque rappresentato”. Per fortuna la Marini, che ha ricordato anche la ricorrenza dell’8 Marzo con un inno di lotta, si è sempre adoperata, con la ricerca, le esibizioni e l’insegnamento a valorizzare e tramandare la vasta ricchezza musicale della tradizione orale affinché, oggi più che mai, non vada perduta. Fra le altre chicche dello spettacolo, un’improvvisazione toscana fra un’aristocratica e una popolana, raccolta da Caterina Bueno.
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