A tutto schermo - Intervista a Laura Bispuri dopo il David per il miglior cortometraggio
Colla Elisabetta Lunedi, 18/10/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2010
Nel panorama cinematografico italiano sono molti i talenti registici al femminile che si affacciano alla ribalta o che si vanno affermando, soprattutto dopo l’avvento del digitale che ha consentito maggiore accessibilità alle tecnologie ed alle sperimentazioni in questo campo. Ma non basta lo strumento, si sa, ci vogliono idee, capacità relazionale, tenacia e passione, tutte doti che non mancano certo alla trentaduenne Laura Bispuri, fresca vincitrice del David di Donatello 2010 per il miglior cortometraggio, con il suo Passing Time. Laura è una donna che crede nelle donne, le racconta, ne cerca la femminilità, la forza e la dolcezza, è una regista solidale, ha dedicato il suo premio alle donne registe che “sono ancora troppo poche”. Al Festival Cineramnia, la prima manifestazione italiana di cinema in 3D, svoltasi a Teramo nel luglio scorso, Laura ha trasformato la città in un set, facendo provini alle persone del luogo perché recitassero nel suo ultimo corto in 3D, Salve Regina, una delicata storia d’amore decisamente anticonformista pur nel contesto delle tradizioni italiane, opera che sarà presentata ufficialmente in autunno al Festival del Cinema di Roma 2010, nella sezione “Extra”.
Come sei diventata regista?
Devo molto a mio padre, studioso ed appassionato che mi ha insegnato ad amare il cinema, e a mio nonno, che ha lavorato come attrezzista cinematografico in film diretti da Rossellini, Visconti, Scola e Bertolucci. Posso dire di aver ereditato le mani di mio nonno e la testa di mio padre, due aspetti che ogni artista che si avvicina al cinema dovrebbe mantenere uniti. Poi mi sono iscritta all’Università e mi stavo laureando in cinema quando un giorno, ero in Spagna, ho trovato e preso in mano una piccola telecamera e ho cominciato ad usarla per gioco: da lì è iniziata una passione, una vera malattia… Successivamente ho avuto la fortuna di essere selezionata da Domenico Procacci per il Laboratorio Fandango, una sorta di scuola-tirocinio in regia e produzione: su 806 ragazzi ne hanno presi solo 10.
Sei soddisfatta del successo avuto con Passing Time, vincitore del Davide di Donatello per il miglior Corto 2010?
Sì, molto, il David rappresentava un sogno che avevo da sempre, già la nomination per me è stata un successo e l’ho condiviso con Francesca Manieri, la mia sceneggiatrice. É con lei che, da anni, portiamo avanti un percorso di lavoro comune. Inoltre ad un Festival di Singapore è stato selezionato fra i dieci corti europei più belli, oltre alle presentazioni a Berlino, Madrid e in Canada. Passing Time è una storia che parla di convenzioni sociali ed identità, oltre che di sentimenti: l’ho girato in Puglia ma ho voluto caratterizzare questo luogo come un Sud del mondo, in uno stile forse non prettamente italiano ma piuttosto con un gusto europeo, anche a detta della critica. Il premio, inoltre, è arrivato proprio quando stavo diventando mamma, infatti ho girato il corto all’ottavo mese di gravidanza e l’ho voluto fare a tutti i costi (anche per motivi produttivi): questo mi ha dato una grande forza.
Quali battaglie e quali traguardi si prospettano ancora oggi, secondo te, alle giovani donne nella vita e nel lavoro?
Quando ho vinto il premio, il David, l’ho dedicato a tutte le donne registe, che sono ancora troppo poche, secondo me. Io non ho vissuto grandi discriminazioni anche grazie alle lotte fatte nel passato. È vero che fra le battaglie ancora in corso c’è quella per l’affermazione delle donne nei mondi tradizionalmente considerati maschili ma, anche parlando con mia madre, vedo risultati positivi per molte ragazze e donne. Nelle famiglie di oggi c’è più libertà di esprimere la propria identità e più possibilità di raccogliere i frutti delle lotte altrui. Mia madre mi ha sempre detto che non si è potuta affermare perché, quando era giovane, ha partecipato a battaglie molto dure e questo le ha tolto tempo ed energie per fare altre cose, come ad esempio realizzarsi professionalmente.
Come vedi e come racconti le donne nelle tue opere e cosa ti interessa testimoniare?
La cosa che voglio raccontare di più è il percorso che ogni donna fa per raggiungere il proprio modello femminile, senza dover incarnare un ruolo già definito e senza giudicare il modello scelto: a me, anzi, interessa molto un modello più ambiguo, che non prevede un ruolo preciso. Prima i personaggi ed i ruoli femminili erano tagliati con l’accetta, oggi ci sono modelli sfuggenti e più ambigui, più interessanti. Io voglio raccontare i personaggi femminili nelle loro sfumature e le donne sono più complesse da raccontare, anche se talvolta il cinema, così come la società, sembra aver bisogno di appiattirne i contorni.
Quali sono i tuoi progetti futuri? È vero che presenterai un nuovo corto nella sezione Extra alla Festa del Cinema di Roma 2010?
Ho girato il nuovo corto, dal titolo Salve Regina, nella città di Teramo, ed ho provato il massimo della felicità portando mia figlia con me. Il corto, girato in 3D, è stato visto da Mario Sesti e selezionato per la sezione Extra del Festival del Cinema di Roma. Si tratta di una storia d’amore molto particolare, senza età né regole, sullo sfondo di una processione rituale che si svolge ogni anno a Palestrina, la Festa delle Zitelle, durante la quale sfilano donne sole, in un’atmosfera a metà fra sacro e profano.
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