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Giovani agricoltrici, la famiglia fa da banca

Giovani agricoltrici, la famiglia fa da banca

Donne in Campo / CIA - Donne in Campo denuncia la forte stretta creditizia per le imprese femminili. Indispensabile il sostegno economico nella fase di start-up. L'esperienza di Chiara Innocenti: dalla banca alla terra

Domenica, 21/07/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2013

Se nel primo trimestre dell’anno le donne imprenditrici subiscono l’ennesima stretta creditizia, con un calo sia del numero dei prestiti che delle condizioni di finanziamento, la situazione è addirittura peggiore per le giovani agricoltrici. Che scontano ostacoli ancora più grandi, con il 68 per cento che non ottiene il credito richiesto. Per non parlare delle domande di finanziamento pubblico: per averlo, infatti, passano in media quasi due anni, mentre soltanto i costi burocratici legati all’avviamento aziendale ammontano a circa 7 mila euro l’anno. Lo afferma Donne in Campo, l’associazione femminile della Cia-Confederazione italiana agricoltori.

Nonostante la spinta innovativa delle giovani aziende “rosa”, che in un caso su due praticano agricoltura multifunzionale con una produzione diversificata e sostenibile e tanta attenzione al sociale tra fattorie didattiche e agri-asili, ci sono tuttora forti discriminazioni nell’accesso al credito mentre servirebbero garanzie precise da parte di banche e istituzioni, per esempio studiando un progetto sul microcredito specifico per la categoria o un fondo “ad hoc”.

Oggi invece, soprattutto per gli investimenti iniziali, resta indispensabile il sostegno della rete familiare, che finisce per sostituire la banca o l’istituto di credito. Al momento, infatti, le nuove leve dell’agricoltura in otto casi su dieci vengono aiutate dalla famiglia nella fase di start-up aziendale, per l’acquisto della terra (65 per cento), per i macchinari (45 per cento) e per la burocrazia di partenza (56 per cento).

Ma bisognerebbe dare maggiore fiducia, visibilità e soprattutto aiuto alle giovani agricoltrici, tanto più che in una fase di disoccupazione femminile così elevata il settore primario diventa un’opportunità, in particolare al Sud - osserva l’associazione femminile della Cia -. Oggi sono già 44.128 le aziende agricole con a capo una donna di età compresa tra i 18 e i 40 anni, pari al 15,4 per cento. Percentuali più alte della media si riscontrano sia nel Nord-Ovest (22 per cento) che nel Mezzogiorno (17 per cento), dove si trova quasi la metà delle imprese rosa (20.369) condotte da “under 40”.





Dall’ufficio alla terra: la storia di Chiara Innocenti



Trentasei anni, una laurea in economia e un futuro da imprenditrice agricola. Quella di Chiara Innocenti è una delle tante storie di giovani donne che passano con disinvoltura dalla scrivania alla campagna. Dopo l’università a Pisa, Chiara ha lavorato in banca a Milano per sette anni, ma poi l’aria di crisi che si cominciava a respirare nell’Istituto di credito l’ha spinta a lasciare la capitale dell’economia per le colline aretine. È qui, infatti, che l’attuale presidente dei giovani imprenditori della Cia Toscana ha deciso di vivere, lasciando calcolatrici, assegni e bonifici per i vigneti della Val di Chiana.

Con Francesca e Andrea, una biologa e un ingegnere conosciuti ai tempi dell’università, ha deciso aprire un’azienda vitivinicola in chiave “bio”, Tunia, dove producono vino con tecniche innovative ed eco-sostenibili.

All’inizio è stata difficile però. “Nessuno di noi era ‘figlio d’arte’, quindi abbiamo dovuto cominciare da zero, acquistando un podere di 25 ettari con fabbricati inclusi. Ma non ce l’avremmo mai fatta senza il sostegno delle nostre famiglie che hanno contribuito all’investimento iniziale. E senza questo capitale alle spalle non saremmo mai riusciti a ottenere un prestito bancario, peraltro a tassi molto elevati”.



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