Intervista a Shabnam - Ingegnera civile a Teheran, laica ma non atea, ecco la storia di una giovane donna che non vuole perdere se stessa
Emanuela Irace Lunedi, 18/04/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2011
Shabnam ha 36 anni. È ingegnere civile e vive a Teheran. Rappresenta una generazione di donne cresciute con la rivoluzione khomeinista del 1979. Il suo nome, in farsi, significa brina. Ha i capelli chiari e lo sguardo vivace. Indossa jeans e maglietta e non si preoccupa se dal foulard escano ciocche a incorniciarle il volto. L’anno scorso i poliziotti l’hanno fermata per questo. È la sua piccola ma tenace resistenza contro gli aut aut di un regime che impedisce alle donne di mostrare uno dei simboli della seduzione femminile. Un terzo della bellezza di una donna è racchiusa nei capelli - recita la tradizione fondata sul Corano - e l’hijab oltre a essere strumento ideologico e identitario - a servizio della religione - nasconde ai maschi quel che potrebbero desiderare. Una pratica millenaria, preislamica, rientrata con prepotenza in Iran alla caduta dello scià. Un precetto, quello del chador, osservato con scrupolo da giovani e anziane. Una convenzione per le altre. Shabnam non veste mai di nero. Trucca occhi e labbra ma parla a bassa voce. Della Repubblica Islamica ha interiorizzato simboli e cultura e il suo velo continua a portarselo dentro. È il modo in cui non sostiene lo sguardo. È come si aggiusta i capelli e cammina per strada, gesti lenti da apparire seduttivi, conseguenza di anni di pratica e arrendevolezza: “Sono cresciuta in una famiglia laica. I miei vivono a Tahabriz nell’Arzebaigian, nel nord dell’Iran. Mia madre mi ha fatto studiare e ha lottato per la mia autonomia, ma da piccola non mi rendevo conto di quanto fosse difficile essere donna”.
Oggi come vivi?
Vivo giorno per giorno. Lavoro in uno studio di progettazione. Esco di casa alle 7 del mattino e rientro alle sei. In confronto a molte donne della mia età sono fortunata. Ho un uomo che ha bisogno di me e mi rispetta. L’ho conosciuto su facebook. È un architetto che ha girato il mondo. Due mesi fa mi ha portato in Francia, ho visto Parigi girando in minigonna e senza mai indossare il velo. È stata una vacanza ma so che a lui non farebbe piacere vedermi sempre vestita così.
Cosa intendi dire?
Che è un uomo di trent’anni più vecchio di me. Aperto quanto vuoi, ma sempre attento al ruolo che le donne di famiglia devono avere. Non siamo sposati, ma ci occupiamo l’uno dell’altro, siamo una coppia, lui ha i suoi doveri io i miei. Sono certa che dopo un po’ non gli piacerebbe vedere gli sguardi di altri maschi su di me, anche se vivessimo in Francia vestirei più o meno come faccio qui.
Il tuo compagno è un architetto famoso, ha vinto anche dei premi per dei progetti realizzati a Teheran, perché non lavori con lui?
Perché voglio conservare la mia autonomia. Nel suo studio ci sono una trentina di persone tra architetti, ingegneri e tecnici, e mi pare sufficiente. Non gli darei niente di più di quel che già ha. Preferisco lavorare dove sono adesso anche se guadagno poco.
Credi in Dio?
Credo ci sia un’energia. Quando ho problemi penso ci sia qualcosa o qualcuno che mi aiuta. Non prego, non vado in moschea ma credo che Allah sia dentro di noi. È un pensiero positivo che mi aiuta.
Ti senti uguale ai maschi?
No. Ovviamente no. Ma capisco cosa vuoi dire, nel mio paese le donne non riescono ad esprimersi. Le leggi sono per l’apartheid e non c’è equilibrio con gli uomini. I maschi possono sposare fino a quattro donne e le donne non possono dire niente. La maggior parte dei Mullah ha più mogli. Essere poligami non dipende dal potere economico del capo famiglia, ma dalle condizioni sociali e culturali. In genere succede a chi è di bassa condizione sociale ed è molto religioso.
Sei felice?
Sì, credo di sì. Ho un lavoro, un’automobile e una casa che non devo pulire perché c’è chi se ne occupa. Abito in uno dei quartieri più belli di Teheran, vado in vacanza e non ho problemi economici; anche se voglio fare acquisti nelle boutique del centro, quelle occidentali, dove una borsa costa l’equivalente di uno stipendio medio, potrei comprare ma non lo faccio. È una questione di abitudine più che di orgoglio.
Come passi il tempo libero?
Tempo libero ne ho poco. C’è la spesa, preparare la cena… e poi c’è la tv. Guardo soprattutto sitcom americane tradotte in farsi. Non seguo la politica. Non leggo i giornali e non condivido tutte le restrizioni che questo Governo ci impone. Se potessi andrei a vivere altrove, negli Usa forse, dove ho tanti amici, o in un paese europeo, non so.
Come vedi il tuo futuro?
Come adesso. Penso che la mia vita l’anno prossimo sarà come oggi.
Vuoi dei figli?
No. Non voglio figli perché penso sia molto difficile. Se avessi un figlio non avrei più possibilità di essere me stessa. Sarei mamma, il che è un’altra cosa.
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