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Giornaliste come merce di scambio

Giornaliste come merce di scambio

Mass media - I recenti ‘casi politici’ delle detenzioni delle giornaliste in Iran e in Nord Corea sono la prova che la figura femminile viene spesso usata come oggetto di negoziazioni diplomatiche

Pisani Giuliana Lunedi, 13/07/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2009

Principio della Carta delle Nazioni Unite è la parità di genere. Nel febbraio 1946 a Londra, in occasione della prima sessione dell’Assemblea Generale, Eleanor Roosvelt, rappresentante degli Stati Uniti, lesse una lettera aperta dedicata alle donne: “ci appelliamo ai governi di tutto il mondo affinché incentivino un ruolo attivo delle donne negli affari di politica interna ed internazionale. Donne consapevoli delle proprie potenzialità a portare avanti e condividere il progetto di pace e di ricostruzione iniziato durante la guerra con la resistenza”. Nel giugno 1946 la Commissione sullo Status delle Donne (Csw) fu formalmente istituita e deputata alla tutela e promozione dei diritti della donna. I suoi ‘programmi di azione’ hanno ispirato: la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, Cedaw (1979); la Dichiarazione per l’eliminazione di ogni forma di violenza contro le donne (1993); la nomina di uno Special Rapporteur sulle forme di discriminazione e violenza pubblica e privata sulla donna (1994); la IV Conferenza mondiale sulle donne a Pechino (1995). L’attenzione dei media sulla conferenza cinese fu motivata dall’inserimento in agenda del rapporto “Partecipazione e accesso delle donne ai media, e l’impatto del loro uso come strumento di avanzamento e potenziamento del ruolo delle donne”, elaborato dalla Divisione per l’Avanzamento delle Donne (Daw). La reiterata sotto rappresentazione delle donne alle alte cariche dei network avrebbe, secondo l’indagine, determinato programmazioni di stampo ‘maschilista’ destinate ad un’audience maschile: trasmissioni sportive e pornografiche. Il rapporto degli esperti conclude che la lotta alla marginalizzazione della figura femminile in ambito giornalistico punti all’eliminazione delle discriminazioni di genere attraverso “una rappresentazione equilibrata del ruolo della donna dai diversi stili di vita e impegni sociali in un mondo in continua evoluzione”. La promozione dell’inserimento lavorativo della donna nei media degli anni Novanta è stata seguita, nel 2003, dalla Risoluzione del Consiglio di sicurezza 1325 su Donne, Pace e Sicurezza, con riferimento al coinvolgimento delle donne nelle zone di conflitto.

La figura femminile era e resta il bottino delle scorrerie e l’oggetto delle negoziazioni diplomatiche. I recenti ‘casi politici’ delle detenzioni di giornaliste in Iran e in Nord Corea ne sono prova. Nel gennaio 2009 a Teheran Roxana Saberi, giornalista iraniana-statunitense, è stata arrestata prima con l’accusa di avere comprato alcool illegale in Iran, poi per spionaggio in favore degli Stati Uniti perché lavorava ‘illegalmente’ nel Paese malgrado il governo le avesse ritirato il tesserino giornalistico. La giornalista è stata rilasciata nel mese di aprile, dopo che la sentenza che la condannava a otto anni di carcere è stata ridotta a due, poi sospesa in appello. Roxana, da sei anni corrispondente dall'Iran per varie testate giornalistiche internazionali (BBC, FOX, FSN), svolgeva inchieste sulla difesa delle minoranze e sulla promozione della cultura iraniana nel mondo. La vicenda del suo rilascio, parallela alla distensione delle negoziazioni tra USA e Iran sulla questione nucleare, è servita da precedente a quella nordcoreana delle due giornaliste della Current Tv, rete televisiva dell’ex vice presidente americano Albert Gore. Nel marzo 2009 alla frontiera fra Corea del Nord e Cina la sino-americana Laura Ling e la coreano-americana Euna Lee sono state, infatti, arrestate mentre lavoravano ad un servizio sui nordcoreani in fuga oltre il fiume Tumen, con l’accusa secondo l’agenzia ufficiale nordcoreana Kcna di “aver commesso un grave reato contro la nazione coreana, e aver attraversato illegalmente la frontiera”. La sentenza di condanna della Corte Centrale di Pyongyang a 12 anni di campo di lavoro è giunta in un momento di forte tensione con il Consiglio di Sicurezza, che sta valutando sanzioni contro la Corea del Nord dopo il secondo test nucleare del 25 maggio 2009.



(13 luglio 2009)

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