Russia - Informazione e democrazia sono legati e si alimentano in continuazione
Bertani Graziella Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2009
Recentemente, all’Università di Udine, abilmente coordinato dalle professoresse Raffaella Faggionato e Rosanna Giaquinta, si è tenuto il seminario “Il giornalismo nella Russia contemporanea” che voleva essere “un’occasione non solo d’informazione su argomenti scottanti e poco conosciuti in Italia e in generale in Occidente, ma anche un momento di partecipazione e confronto tra gli studenti russisti della loro Università e di altri Atenei del Nord Italia, e alcuni giovani russi destinati ad essere i futuri protagonisti dell’informazione nel loro Paese”. I giornalisti intervenuti sono stati: Oleg Panfilov, direttore del “Centro di giornalismo in situazioni estreme”; Zurab Dvali, autore e conduttore georgiano dell’emittente Alania TV; il corrispondente
della radio “L’eco di Mosca” Saken Ajmurzaev e la regista e documentarista russa Marija Novikova, emigrata nei Paesi Bassi, autrice del famoso film su Anna Politkovskaja presentato a Mantova (che strano, proprio lì la redazione online del festival mi censurò la cronaca dell’incontro con Anna Politkovskaja perchè le sue parole da me riportate furono ritenute “troppo forti” ...) il giornalista russo, oggi residente in Italia, Matvej Ganapol’skij, Manana Aslamazjan, ora residente in Francia, già direttrice dell’organizzazione non governativa russa “Internews”; la giornalista moldava Natal’ja Morar’, ex corrispondente del magazine russo “The New Times”.
Ovviamente schierati - e con esperienze di vita molto segnate - il loro contributo non è stato “alla maniera dei dissidenti sovietici degli anni ‘80”, ma più profondo, forse perchè segnato anche dal grande momento di riforme costituzionali del periodo della Perestrojka gorbacjovjana e del primo mandato di El’cin. Forse è questa la ragione per la quale è stato possibile in confronto interessante caratterizzato maggiormente dai valori e dai principi che dalla denunzia “tout-court” e che ovviamente ha visto posizioni e motivazioni talvolta differenti dalle nostre, ma il confronto ha comunque favorito lo sviluppo di analisi se non comuni, quanto meno condivisibili anche se le esperienze e le realtà vissute hanno gradi di complessità diversi. E’ importante il paragone perchè se da una parte possiamo registrare quanto l’occidente riesca ancora a proporsi come modello principale di pluralità e di difesa delle minoranze, proprio attraverso il paragone riusciamo a “visualizzare” la differenza tra democrazia/democrazie/reale/reali e democrazia/democrazie/percepita/percepite, ad avere un quadro dello stato della società civile e, con esso, dello stato della democrazia reale e non percepita dei diversi Paesi.
Se anni fa con alcuni rappresentanti della stampa dissidente sovietica era difficile far comprendere quale scarsa differenza corresse tra un “Ukaz da un paese estero verso Biagi e Santoro” e un rifiuto di riammissione nel Paese di residenza, tra modalità di trasmissione dell’informazione diretta e dell’informazione ricevuta da uffici stampa oppure agenzie, adesso in alcuni casi è possibile affermare che ci troviamo di fronte ad interlocutori seri, persone con quali è possibile affrontare discussioni “costruttive” per cercare risposte a domande tipo: “Che cos’è oggi il giornalismo? A che cosa serve la libertà di parola? A che cosa serve la Costituzione?” Accanto alle parole “Costituzione” adesso si avvalgono dell’uso del binomio “società civile”, e con società civile intendono il comune anche a noi significato di gruppi di persone organizzati, che riescono a provare il sentimento dell’indignazione, che riescono a fare pressione sulla rappresentanza politica ed istituzionale affinché i principi delle libertà, dei diritti e dei doveri sanciti dalle Costituzioni vengano applicati. Se in Italia la “società civile” in questo momento rischia di apparire troppo frammentata, in Russia essa costituisce ancora l’anello debole della società, come già a suo tempo ribadito da Anna Politkovskaja, la quale affermava che fino a quando i russi non prenderanno in mano il proprio destino quel Paese sarà sempre in preda a rischio di derive totalitarie.
All’interno di questi contesti e di nuovi scenari che stanno indicando nelle guerre di informazione nuove modalità di conflitto internazionale e di controllo, provate a pensare se, rispetto al - per noi percepito - conflitto russo/ucraino sul passaggio e sul prezzo del gas invece questo conflitto rientrasse in un progetto ben definito ed organizzato di comunicazione per tenere alta la tensione...
Potrebbero internet, i blog essere veramente un mezzo alternativo d’informazione corretta e di massa con minori possibilità di censura rispetto alla carta stampata?
Negli Stati Uniti, paese di riferimento e modello per l’occidente, dopo l’11 settembre 2001 la stampa intera decise di autocensurarsi per dovere patriottico e da quel momento in quel paese iniziarono a decadere anche diritti.
E’ giusto associare agli argomenti proibiti della Cina, di Uruguay, di Ucraina, e di tanti altri paesi all’autocensura compiacente di paesi diciamo più evoluti ?
Queste riflessioni stanno insinuando in me il dubbio che quando rileggerò questo pezzo la cosa mi spinge a ritoccare, limare...cosa rappresenta di più se autocensura oppure il forte desiderio di maggiore facilità di lettura da parte vostra...?
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