Lunedi, 11/04/2011 - Giorgio BASSANI, Gianfranco Rossi ed Alda MERINI,
‘strani compagni’ di scrittura: un ricordo
di Maria Cristina Nascosi Sandri
Giorgio Bassani e Gianfranco Rossi, due grandi Ferraresi: 11 anni fa, tra il 12 ed il 13 aprile venivano a mancare, a distanza di poche ore.
Due Ebrei, parenti peraltro, e grandi scrittori, legatissimi, notoriamente, al cinema, seppure in maniera diversa e con diverse fortune; due destini, comunque vissuti, sofferti, colpiti in vita da mille vicissitudini, tutte dolorosissime, non ultima, pleonasticamente, la Shoah….
Poi Alda Merini che ‘era nata il 21 a primavera’, nel 1931, scomparsa il 1° di novembre del 2009.
Ma c’è qualcosa che unisce lei a Bassani, diversi, seppur eguali per il genio creativo letterario e visionario, quello dei veri intellettuali che sempre antesignani sono, per la potenza della loro scrittura, certo mutantis mutandis, e per un libriccino, poco noto ai più, praefato dalla Merini.
Si tratta di Canzoni a Carburo - Memoria e miniera, di Secondamarea (pseudonimo corale dietro il quale si nascondono Ilaria Becchino, cantante e compositrice ed Andrea Biscaro, cantautore e scrittore), èdito due anni fa da Stampa Alternativa.
In esso compare I carbonai, un bellissimo testo lirico di Giorgio Bassani poi divenuto canzone, grazie a Secondamarea, in cui la condizione del carbonaio diviene condizione universale dell’uomo.
I carbonai
Finito è il tempo delle decisioni solenni
la stagione del gelo e del fuoco.
La foresta è d’intorno; è fioco,
come d’un sangue, l’urto delle bipenni.
Non parlatemi né di futuro né di passato,
uomini il cui riso mi è acerbo.
Tutti viviamo come nemici assediati
dentro un mastio di ferro.
Questo viottolo irto di sassi
ci tocca a tutti oramai percorrerlo.
Coraggio dunque: curvi sui nostri passi,
sulle nostre lanterne, camminiamo.
Coraggio dunque: curvi sui nostri passi,
sulle nostre lanterne, camminiamo.
Il componimento rappresenta, senz’ombra di dubbio, un ‘sicuro segnale’ dell’impegno civile e sociale che sempre contraddistinse, con coerenza, l’esistenza e l’operato dell’Autore.
Un possibile avvallo a quanto affermato può forse venire da una ‘testimonianza’ di tanti anni fa da Mario Soldati, ‘da sempre’ amico e sodale di Bassani:
“ (…) Giorgio Bassani mi ha telefonato da Roma: «Sono stato alla Rai, in via Mazzini. Ho visto una cosa bellissima. Un film che si presenta come un documentario, ma invece non è un documentario, è un vero e proprio film con la sua storia, anzi con le sue storie... Un film girato in un piccolo paese dell’Appennino. Un film fatto di niente e di tutto. Meraviglioso...”.
Era Sassalbo provincia di Sidney, un docu-fiction – come ora è più normalmente denominata una pellicola del genere – di Luigi Faccini degli anni ’80, in cui gli abitanti, molti emigrati in Australia, vissuti laggiù a lungo, poi tornati forse semplicemente per morire, prima dell’emigrazione campavano d’estate tutti facendo il carbone…
E la lingua nel film, similarmente alla lingua dialettale bergamasca dell’ Albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, del 1978, è il patois di Sassalbo, una bellissima e comprensibile parlata di denominazione francese dalla componente toscana mescolata con l’inglese e le altre lingue contattate dai migranti e, involontariamente, modellata sull’italiano.
E si conclude ellitticamente riportando la parte finale della prefazione di Alda Merini già succitata, letta di recente nel corso di un evento letterario curato da chi scrive, Voci di Donna sempre presenti, un omaggio alle Signore della Scrittura nel 150enario dell’Unità d’Italia, molte delle quali – come Matilde Serao, Sibilla Aleramo, la stessa Merini – sempre riportarono, nei loro scritti, vive testimonianze, alla stregua di Bassani, seppur con ‘maggior fatica e sacrificio’, del loro impegno civile e sociale.
“(…) Non ho mai avuto un’auto
non l’avrò mai.
Ho camminato tanto
ma grazie a Dio
penso di non avere mai calpestato le ferite degli operai
anzi ne ho sposato uno
che è stato il grande ispiratore della mia poesia
perché a volte mentre sto lavorando pesantemente in casa
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